2018-05-03
Mamma Renzi indagata a Cuneo per bancarotta fraudolenta
Terza indagine sui genitori dell'ex premier. La signora è sospettata di aver alterato i conti della ditta di famiglia, in cui lavorò anche Matteo. I finanzieri dopo i sequestri: «Documenti da ritenersi fasulli».Intervista all'ex sindaco di San Miniato. Quando l'ex segretario del Pd era presidente della Provincia di Firenze, bacchettò un sindaco: «Era contro le sanzioni, ne aveva appena presa una» .Si dice che tre indizi facciano una prova. Ebbene i genitori di Matteo Renzi sono finiti nel mirino di una Procura per la terza volta, dopo aver ricevuto avvisi di garanzia da Roma e Firenze (dal conto escludiamo Genova, dove Tiziano Renzi è stato prosciolto da un'accusa di bancarotta). Nella Capitale il babbo dell'ex premier è sotto inchiesta per un presunto traffico di influenze illecite, in Toscana, Renzi senior e la moglie Laura Bovoli sono indagati per emissione di false fatturazioni e sono coinvolti anche nell'indagine per il fallimento di una cooperativa, mentre a Cuneo gli inquirenti hanno iscritto sul registro delle notizie di reato a carico di persone note la sola Bovoli, con l'accusa di bancarotta fraudolenta documentale, per le numerose operazioni effettuate dalla Eventi 6, di cui la signora è presidente e amministratore, con una ditta cuneese fallita nel 2014, la Direkta srl. Quest'ultima, secondo gli inquirenti, sarebbe stata utilizzata dalla Eventi 6 come una sorta di cartiera che emetteva pezze d'appoggio causando uscite immotivate dalle casse. Al momento Tiziano Renzi non risulta indagato in Piemonte, anche se secondo i magistrati di Firenze era l'amministratore di fatto dell'azienda di famiglia, dove Matteo Renzi è stato per un decennio dirigente in aspettativa, mentre i suoi contributi venivano versati dai cittadini.A mamma Laura l'avviso di garanzia è stato recapitato a inizio aprile, negli stessi giorni in cui alla donna è stato inviato anche l'avviso di chiusura indagine di una tranche del fascicolo fiorentino. L'avvocato Federico Bagattini, contattato dalla Verità per un commento sulla vicenda, risponde con uno scarno: «Non confermo l'avviso». E quindi smentisce? «Non confermo». La nuova indagine avvalora l'ipotesi che nella ditta dove l'ex premier era l'unico lavoratore inquadrato come manager succedessero cose poche chiare. Tanto che il 3 novembre 2016 gli uomini della Guardia di finanza hanno bussato alla porta dell'azienda per acquisire documenti utili all'inchiesta cuneese. Al procedimento piemontese La Verità aveva dedicato il titolo di apertura del suo primo numero, ricordando la presenza dei coniugi Renzi in un fascicolo riguardante un crac. Era il 20 settembre 2016: «Le intercettazioni di casa Renzi nell'inchiesta per bancarotta» scrivemmo in prima pagina. Nello stesso periodo scandagliò le relazioni pericolose tra Cuneo e Rignano sull'Arno anche il libro I segreti di Renzi firmato dal direttore Maurizio Belpietro. Malgrado ciò all'epoca nessun giornale, tv o agenzia ritenne utile riprendere la notizia del procedimento cuneese e dei suoi cascami in riva all'Arno, neanche per una breve. Persino i giornali della Provincia Granda si girarono dall'altra parte. All'epoca Matteo Renzi era un premier in trincea pronto alla pugna per il referendum costituzionale e nessuno osò disturbare il manovratore. A far scattare l'iscrizione della Bovoli ha contribuito l'interrogatorio reso l'8 febbraio scorso da Mirko Provenzano, ex proprietario della Direkta srl e braccio operativo dei Renzi (che nel 2015 lo hanno fatto assumere in un'altra cooperativa legata alla famiglia, la Marmodiv) nel settore del volantinaggio: «Ho fatto carte false perché ero costretto dalla situazione finanziaria in cui versavo» ha ammesso con i magistrati. Provenzano è il principale imputato del processo per bancarotta già in corso a Cuneo e insieme con lui è finita alla sbarra la compagna Erika Conterno, titolare della Kopy 3, ancora in affari con la famiglia Renzi e i suoi addentellati. «Mirko ed Erika sono due imprenditori inadeguati inseriti in un giro più grande di loro» sintetizza un investigatore. Eppure i due hanno intrattenuto per anni rapporti commerciali e d'amicizia con i coniugi Renzi.Nel procedimento per la bancarotta della Direkta gli inquirenti della Procura di Cuneo, guidata da Francesca Nanni, hanno recentemente depositato un gran numero di mail inedite intercorse tra Provenzano, Conterno e i genitori di Matteo Renzi, in particolare mamma Laura. I messaggi dimostrano come la Direkta e la Eventi 6 per un lungo periodo condivisero affari e pasticci quasi fossero un'unica realtà imprenditoriale. Chi legge i documenti comprende che quando un'azienda doveva sistemare un bilancio, giustificare una fattura o un bonifico tra Cuneo e Rignano sull'Arno iniziava un vorticoso scambio di messaggi di posta elettronica. Gli esempi nelle carte non mancano. Nel luglio 2016 la Procura chiede agli investigatori di ricostruire le prestazioni rese e ricevute dalla Direkta rispetto alla Eventi 6. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Cuneo rispondono l'1 marzo 2017 con una corposa annotazione che esplora in profondità anche i rapporti della Eventi 6 con altre aziende sotto indagine, come la Kopy 3 guidata dalla Conterno.Si scopre così che tra il 2011 e il 2012, anni neri per i fatturati della famiglia Renzi, la Direkta ha spedito a Rignano fatture e note di credito per un valore complessivo di circa 1.144.000 euro. Per questi subappalti l'azienda dei Renzi tratteneva il 10% per sé, eliminando il rischio di impresa che veniva scaricato su altre Srl o, soprattutto, su un circuito di cooperative finite per lo più in disarmo. In pratica chi collaborava con i Renzi doveva far quadrare i conti con i fichi secchi e non di rado sceglieva di non pagare i contributi Inps o addirittura gli stipendi.Nel biennio 2011-2012 in direzione opposta, cioè da Cuneo a Rignano, hanno viaggiato 197.000 euro. Anche se Provenzano ha escluso di essere stato un cliente della Eventi 6. Le Fiamme gialle appuntano: «Le sette fatture emesse da Eventi 6 a Direkta fanno riferimento al contratto del 30 aprile 2011, - contratto non rinvenuto nella documentazione sequestrata né acquisito in sede di controllo effettuato (…) presso la sede di Rignano sull'Arno - riportanti quale oggetto, la generica indicazione di “compilazione piani di lavoro, attivazione, distribuzione e controllo inerenti ordini Traco su tutto il Piemonte e la Liguria».I soldi che garantivano la copertura degli assegni pagati dalla Direkta derivavano da bonifici della Eventi 6 per pagamenti di fatture. In pratica Rignano pagava e Cuneo restituiva con giustificazioni considerate poco credibili dagli investigatori.Ma i presunti magheggi non finiscono qui. La Conterno, imputata a Cuneo per la bancarotta della Direkta, in un messaggio chiedeva a Laura Bovoli di poter modificare una fattura e suddividerla tra la Direkta e la sua Kopy 3, «al fine di poter utilizzare un castelletto bancario per l'anticipo fatture in parte vuoto». La Bovoli, annotano i finanzieri, «acconsentiva alla modifica».Tra le fatture che non tornano alcune sono collegate ai pagamenti per la carta da macero. Per quattro volte, tra il maggio 2012 e agosto 2013, l'azienda Mps Maresca di Gessate (Milano) ritira a Rignano sull'Arno materiale da distruggere, in totale circa 66 tonnellate di carta, compresi depliant e imballaggi. Nei documenti di accompagnamento dei quattro viaggi si legge che il materiale è stato ritirato in un'unità locale della Direkta, che guarda caso ha l'indirizzo della Eventi 6. Il motivo è ben riassunto in una mail di Tiziano: «Per la carta preferiamo non apparire». Così, allo scopo di incassare i proventi assicurati dal macero, la moglie Laura spedisce fatture con causali diverse. In una l'oggetto è «la compilazione di piani di lavoro, attivazione, briefing operatori e controllo ispettivo». Poi visto che sorge il problema dell'Iva, la fattura viene «corretta» e quella nuova ha come giustificativo «spese anticipate per vostro conto spedizioni tramite corriere Bartolini». Per i finanzieri la fattura «di fatto dissimula la vendita di carta da macero».Che la gestione del business abbia come stella polare Rignano è palese anche quando Laura Bovoli si preoccupa di anticipare il compenso per un distributore pakistano e scrive alla Conterno: «Grosso problema: va pagato Raheel. Io lo utilizzo, lavora bene e lo pago a 30 giorni, ora è sotto minaccia (realmente rischia di essere picchiato) dai suoi collaboratori perché voi non lo avete pagato. Il problema è che oltre alle minacce si rifiutano di continuare a lavorare e questo crea problemi a noi. Lunedì devono andare a fare un'area test per me a Caserta e se non vengono saldati non partono». In sostanza i subfornitori si rifanno con la Bovoli se non vengono retribuiti da Cuneo, come se sapessero dove si trova la punta della piramide o addirittura la cassa. Gli investigatori hanno sollevato dubbi anche su alcune note di credito che sarebbero state emesse a storno parziale di fatture, ma che «di fatto risultano, almeno in parte, rappresentare il rimborso dei costi sostenuti da “Eventi 6 srl" per il pagamento di interessi passivi (…), per spese legali o per errate fatturazioni, chiamato dalle parti cosiddetto rischio d'impresa» si legge nell'annotazione. Il totale di queste note ammonta a quasi 80.000 euro. Non è finita. Provenzano il 13 aprile 2013, ormai sull'orlo del baratro, scrive ai soci toscani: «Ciao a tutti. Come detto al telefono ad Andrea (Conticini, il cognato di Matteo Renzi sotto inchiesta per riciclaggio, ndr) avrei bisogno di avere delle richieste su carta intestata Eventi 6 di note di credito per penali e disservizi con data antecedente di un giorno o due alla data delle emissioni delle note di credito (da parte della Direkta, ndr)». Laura Bovoli prepara e firma le note. I finanzieri chiosano: «Tale richiesta (…) di lettere della Eventi 6, palesemente retrodatate, a giustificazione dell'emissione nel 2012 da parte della Direkta di note di credito nei confronti della Eventi 6, aveva come fine ultimo la dimostrazione di inadempimenti a carico delle cooperative di Giorgio Fossati», sub-subappaltatore della Eventi 6, «in opposizione ai decreti ingiuntivi emessi nei confronti della Direkta quale debitrice di circa 1 milione e 700.000 euro». In pratica per non pagare Fossati, Provenzano aveva chiesto ai genitori di Renzi di mettere per iscritto lamentele «per non meglio specificati “penali e disservizi"», scritte nel 2013, ma datate 2012. Insomma «documentazione da ritenersi falsa».Il 21 dicembre 2011 Erika Conterno dichiara di essere «nella merda» anche «perché il 31 scade la rata trimestrale del mutuo per chiudere la Cassa di risparmio di Firenze di Chil post e azzerare l'anticipo». La Chil post è la società di cui, nell'ottobre 2010, i Renzi si sono liberati, cedendola al pensionato Gianfranco Massone, padre di Mariano, un altro stretto collaboratore di babbo Tiziano. Mariano nel 2016 ha patteggiato a Genova una pena di 26 mesi per il fallimento della Chil, mentre Renzi senior è stato prosciolto in quanto considerato estraneo alle attività dell'azienda a partire dal 2010. Ma ora le comunicazioni sulla direttrice Cuneo-Rignano, successive al 2010 e aventi come oggetto la genovese Chil post, rischiano di far scricchiolare l'assunto alla base dell'archiviazione decisa dai magistrati liguri. Il motivo? La nuova corrispondenza agli atti potrebbe essere considerata un ulteriore indizio del fatto che le società che ruotavano intorno alla Eventi 6, nonostante i diversi nomi degli amministratori e l'apparente lontananza delle loro sedi, facessero parte di un'unica holding imprenditoriale, con il vertice in Toscana. Nella mail di risposta, la Bovoli avverte la Conterno che la Chil post è stata messa in sofferenza per un mutuo concesso e ottenuto proprio dalla mamma dell'ex Rottamatore due anni prima. La donna si lamenta di aver dovuto telefonare, su consiglio del direttore di banca, a tutti gli istituti di credito che lavorano con la Eventi 6 specificando che la garanzia era esclusivamente di Laura Bovoli a livello personale: «Non devono in alcun modo fare connessione di alcun genere tra Chil post ed Eventi 6, l'azienda nostra è perfetta, l'unica scema sono io», è la raccomandazione.In un'altra occasione la Conterno comunica di dover modificare una fattura e chiede alla Bovoli la carta intestata della Delivery service Italia, cooperativa fondata nel 2009 da «persone di fiducia» di Tiziano Renzi. La Delivery è fallita nel 2015 e sul suo crac indaga la Procura di Firenze. Tra i fondatori c'era pure il piemontese Gianfranco Massone, la testa di legno utilizzata anche per la cessione della Chil post. Sembra abbastanza evidente che, a parere della Conterno, la Bovoli gestisca la Delivery come roba sua anche se non è mai apparsa tra gli amministratori. La risposta della madre di Matteo è quasi immediata: «Se ce la faccio ti mando logo Delivery». Nei mesi scorsi il curatore fallimentare della coop, il commercialista Aurelio Campanale, ha scritto al collega Alberto Peluttiero, curatore della Direkta, per insinuarsi nel debito dell'azienda piemontese.Campanale nelle carte della Delivery ha trovato un credito di 450.000 euro nei confronti della Direkta, collegato alla distribuzione di volantini, e ha provato a farlo valere. Peluttiero, però, non ha individuato nella contabilità nessuna traccia di quelle commesse del secondo semestre del 2010, tanto meno i contratti. Per questo ha immaginato che fossero fatture false emesse per provare a far quadrare il bilancio della Delivery in piena crisi.In un altro messaggio, Laura Bovoli scrive: «Per Delivery ho dovuto mollare al vecchio amministratore Simone (Verdolin, ndr), messo da noi, 2.300 euro di F24 pagato per risolvere contenzioso + altri 2.000 di avvocato perché la Giovanna aveva aperto una sede “fuori regola" ad Alessandria e quando è arrivata l'Inps ha detto che era stata aperta da Simone». Giovanna è l'ex moglie di Mariano Massone e ciò avvalora l'idea che quando l'imprenditore che ha patteggiato per il crac della Chil post faceva un errore, a metterci una pezza erano i referenti di Rignano.La ragione la rivela forse Provenzano scrivendo a Laura, Tiziano e a un loro stretto collaboratore: «Prima che soci o colleghi che dir si voglia vi considero tutti parte integrante della mia famiglia (…) chissà che questo abbraccio non aiuti Matteo a superare quella testa di cazzo di Piacenza». Era il 30 novembre 2012 e Renzi si stava giocando la segreteria del Pd contro Pier Luigi Bersani, originario di Bettola, paesino in provincia di Piacenza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mamma-renzi-indagata-a-cuneo-per-bancarotta-fraudolenta-2565297049.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-rottamatore-furioso-per-la-multa-con-lautovelox" data-post-id="2565297049" data-published-at="1758066358" data-use-pagination="False"> «Il Rottamatore furioso per la multa con l’Autovelox» Quella che vi raccontiamo è una vecchia storia, che risale al 2007, quando la Provincia di Firenze era nelle mani di Matteo Renzi. Vecchia nel tempo ma attuale nei metodi del protagonista, spicci e autoreferenziali. L'ha riesumata un libro scritto dall'ex sindaco di San Miniato, in provincia di Pisa (Frazioni e Sezioni, edizioni La Conchiglia di Santiago) che si chiama Angelo Frosini. Ex sindaco, ex Pd tornato a fare l'insegnante di matematica al liceo del paese famoso, oltre che per i tartufi, per aver dato i natali ai fratelli Taviani e anche all'allenatore di calcio Renzo Ulivieri. Diciamo subito che Matteo Renzi, questa storia, l'aveva cavalcata con il piglio populista che allora era poco noto ma che, prima i fiorentini e poi gli italiani, avrebbero ben presto imparato a conoscere. Aveva tolto ai Comuni il potere di fare multe (e incassarle) con gli Autovelox mobili, che i vigili urbani sistemavano a sorpresa sul percorso e poi si nascondevano in attesa, ben camuffati fra i cespugli, pronti a cogliere in flagranza gli automobilisti indisciplinati. La competenza della strada di grande comunicazione che collega Firenze a Pisa e Livorno stava per passare alla Provincia, che si sarebbe fatta carico della manutenzione ma anche di intascare gli introiti delle multe per eccesso di velocità. Renzi pubblicizzò il suo intervento, facendosi passare per un moderno Robin Hood e guadagnandosi l'ovvia soddisfazione dei cittadini, stanchi di subire «agguati» per arricchire i Comuni. E in un comunicato additò al pubblico ludibrio il sindaco di San Miniato, per l'appunto Angelo Frosini, accusato di essere uno dei profittatori a tradimento. Lì per lì sembrò una questione amministrativa, una bega sui tempi dell'entrata in vigore del provvedimento, e la querelle s'impennò sull'accusa a Renzi di «cercare facili consensi». Ma Renzi era l'enfant prodige in ascesa, nessuno fece caso, o volle fare caso, a un episodio che oggi Frosini ricorda nel libro, e cioè il sospetto che la reazione, pubblica e scomposta del futuro premier, non fosse dettata dall'impeto del paladino dei cittadini vessati, quanto piuttosto da una contravvenzione galeotta che il presidente della Provincia aveva beccato sabato 2 febbraio 2007, mentre transitava, evidentemente a velocità sostenuta, sulla Fi-Pi-Li nel territorio del comune di San Miniato. «Guardi che la multa poi Renzi la pagò...», precisa Frosini. Che cosa le disse al telefono? «Che dovevamo smetterla di considerare gli automobilisti dei polli da spennare. E comunque, siccome stava andando fuori per una breve vacanza, che non aveva tempo da perdere con me e non gli dovevo rompere le scatole». Lei ci rimase male? «Sapevo di avere ragione, non avevo partecipato alla riunione per la firma del protocollo in Provincia, ma conoscevo il contenuto e i termini di applicazione». Dico dal punto di vista politico... «Il carattere della persona è quello». Che cosa rispose a Renzi? «Che il nostro Comune era nel suo pieno diritto di perseguire la maggior sicurezza possibile nel tratto di superstrada che l'attraversa, un impegno che anche il presidente della Provincia di Firenze avrebbe dovuto riconoscerci, invece di farsi trascinare in facili dichiarazioni dal sapore demagogico».Quanto ha influito quell'episodio sul giudizio che lei si è fatto di Renzi? «Vedendo ciò che è successo dopo, ho capito che quel modo di fare lui se l'è portato dietro». Deluso? «Auspicavo che diventando primo ministro avrebbe assunto un atteggiamento positivo e lavorasse per il bene del Paese. Alle Europee votai Pd convintamente, e speravo che quei consensi servissero per una spinta di reale cambiamento. Speravo che ci sarebbe stato un lavoro più collegiale. Speravo che potesse riuscire. Poi gradualmente mi sono ricreduto». Lei è uscito dal Pd nel luglio dell'anno scorso, quando ha maturato la scelta? «Vede, io sono un insegnante e il passaggio cruciale è stata proprio la legge sulla cosiddetta "buona scuola". Una grande aspettativa che è andata delusa. Doveva essere una legge che portava consenso al governo, ma è stata così rabberciata e gestita male che ha provocato il dissenso dell'intero mondo della scuola. Tanto forte che pensavo avrebbe consigliato a Renzi di cambiare atteggiamento. E invece nulla».Non sarà solo per questo? «Sono uscito dal partito democratico perché avevo difficoltà a sopportare una certa modalità di organizzazione e di discussione, sia a livello nazionale che locale». Che significa? «Nel Pd c'è uno che va in televisione, fa un'intervista e finisce tutto lì. Non è questo il modo di pensare un partito. Quando un gruppo dirigente viene sconfitto deve farsi da parte, ma questo non sta avvenendo». Ora, nella direzione, qualcosa succederà. «Lei crede? Non succederà nulla. Quello che ha detto Renzi sarà l'esito della direzione. Non c'è nessuna possibilità che si costruisca una sinistra vera senza una discussione. Se dopo una sconfitta come quella del 4 marzo il Pd non si è mai messo a fare autocritica, non vedo una via d'uscita». Il suo libro «Frazioni e sezioni» sarà presentato il 13 maggio al Salone di Torino dal governatore della Toscana, Enrico Rossi: è passato con Liberi e uguali? «Non mi sono iscritto a nessun partito. Ho votato Leu, lì c'era un'idea che condividevo. Ma ho l'impressione che i cittadini l'abbiano vista come una formazione che per troppo tempo, dentro il Pd, ha sostenuto le politiche di Renzi».