2020-01-21
Pd e grillini se la fanno sotto
Antonio Masiello/Getty Images
La maggioranza è in fuga. Piuttosto che assumersi le proprie responsabilità e dare seguito alle bellicose dichiarazioni delle scorse settimane, Pd e 5 stelle se la sono data a gambe, spaventati dalle conseguenze delle proprie azioni. Ieri la Giunta delle immunità del Senato doveva decidere sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini.Come è noto l'ex ministro è accusato dalla magistratura di aver sequestrato 131 migranti a bordo di una nave della Guardia costiera. Invece di farli sbarcare all'istante, Salvini li ha infatti trattenuti per cinque giorni sulla Gregoretti, in attesa che altri Paesi europei se ne facessero carico. Tutto ciò, secondo i giudici, configurerebbe una specie di rapimento, perché i cosiddetti profughi non sarebbero stati liberi di scendere a terra e di dileguarsi nel nostro Paese (come poi è effettivamente avvenuto, nonostante le promesse della Ue di farsene carico).Lasciamo perdere i profili giuridici, che a noi paiono a dir poco sorprendenti, perché se un governo o un ministro non sono in grado neppure di vietare a uno straniero l'ingresso nel proprio Paese, negando lo sbarco ai passeggeri di una nave, non si capisce che cosa resti della sovranità nazionale. Ma andiamo alla sostanza della questione, e cioè al processo che si vuole instaurare contro Salvini, e al comportamento della maggioranza. Pd e 5 stelle non vedono l'ora di mandare il capo leghista davanti ai magistrati. Non essendo capaci di batterlo nell'urna, come è tradizione a sinistra, cercano di prendere la scorciatoia dei tribunali, nella speranza che le toghe riescano a liberarli da un pericoloso avversario. Tuttavia, dopo aver a lungo strepitato contro l'ex ministro, accusandolo di ogni genere di nefandezza, compreso di aver fermato l'ondata migratoria, i compagni si sono presi paura. Sì, all'improvviso si sono resi conto che il voto per affidare Salvini ai pm cadeva a pochi giorni da quello dell'Emilia Romagna, appuntamento che la maggioranza giallorossa ritiene vitale per la sussistenza stessa del governo. Nel caso cadesse il feudo rosso, magari insieme a quello della Calabria, per il Conte bis sarebbe una brutta botta, dalla quale difficilmente Pd e 5 stelle uscirebbero indenni. Certo, Zingaretti e compagni farebbero qualsiasi cosa per evitare la caduta dell'esecutivo e il conseguente scioglimento del Parlamento: la sola idea di nuove elezioni politiche li terrorizza, perché molti fra grillini e piddini sparirebbero, costretti a cercarsi un lavoro. Scongiurare la crisi di governo e le elezioni è dunque per molti una questione di vita e di morte. Ma, per evitare tutto ciò, bisogna salvare l'Emilia Romagna dall'onda leghista.Dunque, dopo aver rinviato la plastic tax e anche la tassa sulle bottigliette, per nascondere a emiliani e romagnoli l'impatto delle nuove imposte sulle aziende del settore che abbondano nella regione, i giallorossi hanno deciso di rinviare anche il voto su Salvini, convinti che un sì all'autorizzazione a procedere rappresenterebbe un possibile favore all'ex ministro, che meno di una settimana dalle elezioni finirebbe a giudizio per aver difeso gli interessi degli italiani. Insomma, per non farne un martire, ma soprattutto per non dare a Salvini il diploma di unico difensore del Paese dall'invasione, Pd e 5 stelle hanno tentato in ogni modo di fare slittare il voto della Giunta delle immunità a dopo le elezioni in Emilia. Come scusa per il rinvio, i compagni hanno usato una missione all'estero di alcuni commissari. Ma il presidente del Senato, come si fa spesso allo scopo di non perdere tempo, ha sostituito gli assenti e così ieri la maggioranza ha la possibilità di tener fede alle promesse, cioè poteva finalmente dire sì al processo a Salvini.Avendo un terrore folle delle conseguenze di una decisione a favore e, soprattutto, delle reazioni degli elettori, Pd e 5 stelle invece di votare se la sono data a gambe, dimostrando di che pasta sono fatti. Vogliono sbarazzarsi per via giudiziaria di Salvini, ma non ne vogliono subire le conseguenze. Vogliono l'ex ministro in galera, ma non hanno il coraggio di dirlo agli elettori dell'Emilia Romagna. Proprio come per le tasse, aspettano che il 26 gennaio sia passato. Se mancava un motivo per diffidare di loro, la doppiezza con cui si sono comportati in questa occasione lo ha fornito.