
Il presidente francese, abituato a guidare le danze nei rapporti con il nostro governo, ha forzato la mano con la Casa Bianca, dicendo di aver convinto l'America a restare in Siria. Washington però lo ridicolizza. E Israele ammette: colpite basi iraniane.Il piglio è quello di Charles De Gaulle. Ma la statura e e gli affondi di Emmanuel Macron sono ben diversi. Finché si tratta di confrontarsi con un governo inesistente come quello italiano, il leader francese ha buon gioco, ma se si tratta di fare ombra agli Stati Uniti e a Donald Trump è tutt'altra cosa. Così dopo aver gestito la scena internazionale per due giorni e aver sparato la propria dozzina di missili da crociera su Damasco, Macron ha alzato la posta: «Ho convinto Trump a restare», ha detto il presidente francese, riferendosi alla necessità di proseguire sul terreno quanto fatto lo scorso weekend. Una mossa che avrebbe fatto il Matteo Renzi dei tempi migliori e che si è ben guardata dal fare la premier inglese, Theresa May, che a sua volta sottolinea la legalità dell'intervento ribadendo la scelta di mettersi in scia a Trump.La dichiarazione francese è stata così inappropriata che ha richiesto addirittura l'intervento della Casa Bianca. Trump in Siria si aspetta che i partner regionali e gli alleati degli Stati Uniti «si assumano una maggiore responsabilità sia militare che finanziaria, per mettere in sicurezza la regione». E la portavoce della Casa Bianca rincara la dose. «La missione Usa in Siria non è cambiata», ha affermato Sarah Sanders, «e il presidente è stato chiaro, vuole un ritorno a casa delle truppe Usa il più presto possibile». Anticipando di pochi minuti l'intervento israeliano in territorio siriano che per la prima volta vede obiettivi iraniani finire nel mirino dei caccia di Tel Aviv. Giusto per far capire che gli interessi di Israele e degli Stati Uniti si stanno riallineando. Nel frattempo, gli ispettori dell'Opac arrivati a Duma, il luogo del presunto attacco chimico, non hanno ancora avuto accesso alle zone colpite il 7 aprile e nella riunione all'Aja nel quartier generale dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche prosegue lo scontro tra i Paesi occidentali e la Russia. Da un lato avanzano nuove sanzioni per il «sostegno a Bashar Al Assad», dall'altro Mosca ribatte negando coinvolgimenti anche se auspica la ripresa di un «dialogo con gli Usa». Ciò che appare sempre più ragionevole è una brusca frenata americana, lasciando che a bruciarsi la faccia in Siria sia il nuovo uomo della grandeur francese. Washington ha raggiunto il suo obiettivo: spaccare la difesa unica europea, aprirsi un varco per il prossimo tavolo di trattative in Siria, rafforzare Israele a discapito dell'Iran e portare il Qatar di nuovo tra le braccia dell'Arabia Saudita. Resterà a questo punto da capire che cosa farà la Francia nell'altro teatro di guerra mediterraneo. Parigi ospita il generale libico Khalifa Haftar per ipotetiche cure sanitarie (avrebbe avuto un ictus) ma al tempo stesso tiene il leader di Trobuk e Bengasi relegato dentro i propri confini. Dal quartier generale della Cirenaica passano le intese con Egitto, Emirati Arabi, Russia e Usa. Una sfida, quella rilanciata dal presidente Macron, a colpi di diplomazia, armate e servizi segreti. Tra bluff e colpi bassi, come le calcolate fughe di notizie sul ruolo dell'Italia in Niger. Per mesi alcuni media francesi hanno raccolto a Niamey le voci di alcuni ministri contrari alla missione italiana, mentre da Roma veniva ribadito che l'Italia era stata chiamata in soccorso dal governo nigerino. Adesso però il numero uno di Parigi scopre che Trump non è Gentiloni e certe furbate possono costare care. Tanto più che nei prossimi mesi emergerà il vero ruolo della Cina nel Sahel. Il Dragone è sempre più potente sia in Niger sia in Mali e la diplomazia sotterranea si muove sul vero oro di quell'area: l'uranio. La Francia è sotto inchiesta in Europa per presunte rivelazioni di segreti nucleari alla Repubblica Popolare Cinese. Una presenza in Siria avrebbe aiutato Macron a spostare l'attenzione dal caos che monta nel deserto del Sahara. Senza tutto il sostegno americano, l'Eliseo dovrà prendersi le proprie responsabilità.
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