
Al Consiglio europeo la Francia si oppone ai negoziati per l'ingresso nell'Unione di Macedonia e Albania. Parigi si giustifica citando la corruzione nel Paese balcanico, ma vuole farla pagare a Berlino e a Bruxelles, per la bocciatura di Sylvie Goulard alla Commissione.Il Consiglio europeo ha negato ancora una volta alla Macedonia, Paese candidato fin dal 2005, il diritto a iniziare i negoziati per l'adesione all'Ue. La Macedonia si risveglia con una nuova doccia fredda e comprende d'essere solo un problema di secondo piano nelle relazioni internazionali. L'appoggio dato dall'Unione al premier burattino Zoran Zaev, alle sue riforme e le promesse sull'ineludibile futuro europeo fatte in occasione dell'accordo di Prespa, che ha portato al cambio del nome del Paese in Macedonia del nord, si sciolgono come neve al sole della politica reale basata sugli interessi. Ingaggiato nella sua battaglia personale contro la presidente designata della Commissione europea Ursula von der Leyen dopo che il parlamento di Bruxelles ha bocciato la candidata francese Sylvie Goulard, Emmanuel Macron ha deciso di dare battaglia e opporsi ai dossier cari a Berlino. Macron, con i suoi alleati, farà slittare il voto finale sulla Commissione di almeno un mese. Per allora spera di ottenere delle concessioni che gli garantiscano posizioni di forza nella futura riforma dell'Europa. Inesorabilmente perdente in politica interna, quanto in quella estera, Macron ha deciso di giocare il tutto per tutto rifiutando l'inizio delle trattative con la Macedonia e quindi segnalando alla Germania che bloccherà a oltranza, se necessario, l'allargamento della sua sfera di influenza nei Balcani. Da parte sua von der Leyen ha ereditato da Jean-ClaudeJuncker e da Federica Mogherini un caso, quello macedone, gestito malissimo e affidato all'esecutore Zaev, il quale ha provveduto, con il suo approccio delittuoso, ad affossare anche le ultime speranze del suo Paese di essere accettato in questa tornata dall'Ue. Favorendone l'ascesa, la Mogherini ha garantito a Zaev il potere più assoluto. Gli accordi di Prespa con la Grecia, per sorpassare il decennale blocco di Atene, erano stati presentati quali condizione necessaria e sufficiente per l'apertura dei negoziati di adesione. Zaev, basando sull'accordo la sua legittimità, ha destrutturato e saccheggiato l'intera nazione. Sostenuto nella propria intoccabilità dal sistema internazionale che lo aveva imposto come indispensabile esecutore del folle piano di scomposizione dello Stato, egli ha favorito la formazione di un sistema di corruzione ancora peggiore, per quanto quasi impossibile, del suo predecessore Nikola Gruevski. Come dimostrato dalla Verità durante gli ultimi mesi, e come avremo ancora modo nei prossimi giorni di ribadire con nuove rivelazioni, con Zaev è scomparso lo Stato di diritto, il sistema giudiziario ha perseguito scopi politici e solamente le reti di interesse facenti capo al primo ministro hanno potuto gestire l'economia del Paese, distruggendone la già scarsa efficienza.L'intero percorso di Zaev è stato negli ultimi due anni presentato all'estero come un grande successo. Ebbene, ora la Francia di Macron a Bruxellex non ha fatto altro che svelare la verità, ovvero che il tutto non era altro che una contrattazione politica, un gioco d'interessi, effettuato sulle spalle del popolo macedone per il quale serviva un giullare di corte facile da tenere sotto controllo. Il passato poco limpido di Zaev ha facilitato il suo accordo col predecessore Gruevski in base al quale il secondo gli ha lasciato in mano l'intero Paese trovando tranquillamente rifugio in Ungheria. Quando la Mogherini pretese un accordo bipartisan tra governo e opposizione per la nomina di un procuratore speciale che indagasse sulle malefatte del precedente governo, il nome di Katica Janeva, oggi in carcere, fu stranamente l'unico in comune sulle liste dei potenziali candidati preparate da Gruevski e Zaev. Lo scopo della comunità internazionale nel sostenere Zaev allontanando Gruevski era quello di ripagare la Grecia delle sofferenze infertele durante la crisi finanziaria e di tentare di smussare nei Balcani un ipotetico confronto nazionalista che vedesse in una Macedonia troppo fiera il punto focale di future fratture tra bulgari, albanesi e greci. E ora che Zaev ha eseguito gli ordini, il giullare di corte viene abbandonato al proprio destino. Le dure leggi della realpolitica lo ingoieranno. Formalmente Macron si è richiamato proprio alla dilagante corruzione politica esistente sotto Zaev per rinviare ulteriormente i negoziati, tuttavia la realtà è che da sempre sono molte le capitali che per motivi diversi osteggiano l'entrata della Macedonia nell'Unione. La presunta soluzione sul nome raggiunta con Atene non ha certamente calmierato gli appetiti bulgari o greci. La Grecia ripagata con l'accordo di Prespa per le sofferenze impartitele dalla Francia e dalla Germania durante la crisi finanziaria sta ora, sotto la copertura di Macron, continuando il suo doppio gioco ostacolando la Macedonia sul suo cammino di democratizzazione e Macron consegna il regalo felice di arginare lo strapotere tedesco nella regione. Al popolo macedone rimangono solo le elezioni anticipate per avere una minima voce in capitolo.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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