2025-04-15
Risollevare l’economia con il riarmo. Macron ha 40 miliardi di motivi
Parigi deve portare il deficit di bilancio al 4,6% del Pil entro il 2026: per farlo, non basteranno tasse e tagli. L’Eliseo vede nell’escalation bellicista di Bruxelles una panacea per i propri guai. Rinnegando il «green».La Francia ha 40 miliardi di buoni motivi per spingere la corsa di Bruxelles al riarmo. Sono i 40 miliardi che la dividono dall’obiettivo di centrare, entro il 2026, un deficit di bilancio pari al 4,6% del Pil. Impresa al momento al limite dell’impossibile. Così ,in un’intervista rilasciata a Bfm Tv, il ministro delle Finanze, Éric Lombard, non l’ha presa troppo alla larga ed è andato dritto al punto. Le strade per arrivare a dama sono due e probabilmente andranno perseguite entrambe. Da una parte ci saranno da fare dei risparmi sulla spesa pubblica e, dall’altra, bisognerà incrementare le entrate. Anche perché qualche giorno fa, causa incertezza sui mercati provocata dai dazi di Trump, Parigi ha tagliato le previsioni di crescita ammettendo un rapido deterioramento delle prospettive economiche.Parliamo del bilancio 2026, quindi è difficile entrare nei dettagli. Eppure l’uomo che ha in mano i cordoni della borsa francese qualche indicazione l’ha data. Da una parte ha evidenziato che «con il 57% del Pil destinato alla spesa pubblica, è possibile ridurre la spesa e mantenere allo stesso tempo la qualità dei servizi» e, quindi, sarebbe sbagliato parlare di una politica dell’austerità. Dall’altra, ha espresso un altro desiderio: «La tassa sui redditi alti potrebbe diventare permanente». Ora, per quanto possa salire alle stelle, è difficile ipotizzare che i 40 miliardi di cui sopra possano arrivare da un singolo balzello, per cui è chiaro che servirà qualcosa di strutturale.E qui torniamo alla spinta al riarmo, il chiodo fisso di Emmanuel Macron. Lato interno, il presidente sta coinvolgendo tutti gli attori economici d’Oltralpe. Le imprese, ovviamente, ma anche i piccoli risparmiatori. Le modalità sono ancora nebulose (avremo dei bond destinati a finanziare i gruppi transalpini che producono armi?), ma le finalità molto chiare. Lo stesso Lombard, infatti, aveva annunciato qualche settimana fa che la banca pubblica d’investimento, BpiFrance, autorizzerà un nuovo fondo fino a 450 milioni di euro per permettere ai cittadini di investire nelle aziende della Difesa «a lungo termine». L’investimento minimo è di 500 euro e i risparmi non potranno essere ritirati per cinque anni. Comunque, non sono previste garanzie sui rendimenti. Non proprio un affarone. Certo, diventa difficile commentare un’iniziativa che, per adesso, è solo abbozzata e che in futuro potrebbe prevedere il coinvolgimento di società d’assicurazione e fondi pensione. Ma Macron si sta muovendo anche a Bruxelles. Parigi e Berlino sono le capitali più attive (basti vedere quello che è successo al recente Ecofin di Varsavia) nella spinta alle obbligazioni comuni, ai prestiti da 150 miliardi, all’utilizzo dei fondi di coesione e delle risorse della Banca europea degli investimenti. Insomma, tutto fa brodo pur di finanziare l’escalation bellica.Perché quest’iperattivismo? Conta la sindrome da «galletto» che caratterizza tutti gli inquilini dell’Eliseo e l’ex banchiere d’affari in particolare, ma è centrale il bilancio di Parigi. Macron è consapevole che solo il volano dell’industria militare può creare quello choc economico necessario a far ripartire l’economia francese. Soprattutto perché le aziende transalpine delle armi e dei sistemi di difesa sono, insieme ai colossi tedeschi, le più agguerrite.Da Dassault Aviation (aerei militari) a Safran (motori per gli aerei) per arrivare a Thales (aerospazio ed elettronica per difesa), Airbus (anche droni e satelliti) e Naval group (navi militari): non c’è segmento del mercato che non sia coperto. E l’obiettivo del fondo pubblico e dei bond di cui sopra è quello rafforzare il sistema delle piccole e medie imprese del settore e dell’indotto, le aziende che hanno maggior bisogno di finanziamenti.Due episodi ci aiutano a capire la direzione che stiamo prendendo. Poche ore fa Thierry Francou, l’amministratore delegato del gigante francese della polvere da sparo Eurenco, in un’intervista a Euractiv ha evidenziato che l’Ue dovrebbe eliminare la burocrazia ambientale per consentire alle aziende del settore della Difesa di aumentare rapidamente la produzione in tutta Europa. «Stiamo lavorando con un quadro normativo in tempo di pace», ha precisato, «le attuali regole non sono adatte alle esigenze di un incremento industriale della difesa».Che un’azienda che ha come core business le polveri da sparo dica che bisogna eliminare lacci e lacciuoli che limitano l’industria bellica è abbastanza naturale, che lo faccia un’impresa che ha un legame molto stretto con uno degli Stati che di più ha spinto per il Green deal, assume un altro significato. Francou non avrebbe mai fatto queste dichiarazioni senza l’assenso dell’Eliseo. Insomma, vuol dire che il vento è cambiato.Dall’altra parte c’è la vicenda del polo dell’industria spaziale europea. Il progetto che lega la nostra Leonardo ad Airbus e Thales. Dietro alle dichiarazioni di prassi c’è una strisciante «lotta» con l’asse francese (Airbus e Thales) che, dall’alto delle maggiori dimensioni, vuol prendere il comando mentre l’azienda guidata dall’ex ministro Roberto Cingolani prova a resistere. Al di là dell’esito finale, il timore è che la storia dello spazio diventi la prima puntata di un sequel piuttosto lungo. Meglio mettersi l’elmetto.