2025-02-26
Il governo a Macron: in Ucraina vacci tu
Emmanuel Macron (Getty Images)
L’esecutivo taglia corto con Fazzolari: «Non è all’ordine del giorno». Guerini (Pd) attacca Conte: «Stravolge la realtà». E il silenzio della Schlein fa infuriare Calenda.Dopo il leader francese, anche il premier britannico volerà domani a Washington. Lo speciale contiene due articoli.È come quando il bue dà del cornuto all’asino. In questo caso il bue è la sinistra che accusa la destra di essere divisa sul tema della guerra in Ucraina. La maggioranza però dà un segno di solidità e compattezza. Sintomo del fatto che seppur i toni restino diversi, sui contenuti la linea è la stessa. Questa volta il tema è l’invio di truppe in Ucraina. Ci ha pensato il sottosegretario Giovambattista Fazzolari a rimettere ordine dicendo, a margine della conferenza stampa sui risultati della medaglia del Poligrafico «Due anni di resistenza ucraina»: «Il governo non ha cambiato rotta e mi sembra che le parole di tutti gli esponenti del governo siano sempre state chiarissime». Quella di inviare truppe europee per un cordone militare in Ucraina «è un’ipotesi che la Francia sostiene da tempo. L’Italia non la reputa la soluzione più efficace». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha spiegato che non c’è mai stata una forza di interposizione internazionale tra due eserciti di questa portata. «Da entrambi i lati ci sono più di un milione di soldati armati e non vedo bene quale sia la forza di interposizione tra questi due eserciti». E infine chiarisce: «Altro discorso è quello di una missione internazionale con cappello Onu in un contesto di pace. Missioni di pace di questo genere l’Italia le ha fatte più volte, semmai se ne parlerà, e se ne parlerà anche con l’Italia. Ma non è, a oggi, all’ordine del giorno». Parole le sue, cui hanno fatto seguito quelle di entrambi i vicepremier. Antonio Tajani: «Non si è mai parlato di truppe e non credo sia utile inviare truppe europee o della Nato in Ucraina», ribadisce. Così anche Matteo Salvini, che più tardi dichiara: «Il governo non sta discutendo di soldati italiani in Ucraina, nessuno ci ha chiesto neanche un soldato. Quando ce lo chiederanno ne parleremo. Noi abbiamo già migliaia di soldati italiani in giro per il mondo, prima di mandarne altri sarei molto cauto». Alle parole in chiaro, si aggiungono fonti del governo che ribadiscono: «Sono notizie totalmente campate per aria le ricostruzioni sulle valutazioni di un invio di truppe. Non esiste questo dibattito all’interno della maggioranza». Seppellite quindi le accuse di divisioni, mentre restano in vita forti e chiare le spaccature interne al centrosinistra e anche interne ai dem. È partendo dal Nazareno infatti che si notano le più ampie divisioni in tema di guerra. Basti pensare alle posizioni pacifiste dei cattodem rappresentate dall’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e a quelle di sostegno a oltranza dell’area riformista. E sulle divisioni tra 5 stelle e Pd ci si potrebbe scrivere un intero libro. Proprio ieri l’ex ministro della Difesa dem Lorenzo Guerini ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui attaccava apertamente le parole di Giuseppe Conte su Donald Trump che a suo a dire avrebbe «smascherato la propaganda bellicista occidentale». «Così si capovolge la verità, tra un po’ qualcuno dirà che è stata l’Ucraina a invadere la Russia», ha risposto Guerini. «Vladimir Putin ha aggredito un popolo che voleva solamente essere padrone del proprio futuro, che guarda alla relazione con l’Europa come orizzonte ideale. Tutto ciò era intollerabile per Putin. Io a questo stravolgimento della realtà mi oppongo con determinazione e con me tutto il Pd». Si fa però fatica a credere che tutto il Pd si opponga con determinazione. Perlomeno questa determinazione non è stata dimostrata dal segretario Elly Schlein, che non ha partecipato insieme ai colleghi del suo partito alle manifestazioni pro Ucraina dello scorso fine settimana. Qualche malalingua ha suggerito che non lo abbia fatto perché «Conte non gli aveva dato il permesso». Comunque stiano le cose, è proprio il segretario dem ad aver mostrato in questi mesi di non avere le idee chiare sul tema. D’altronde Schlein deve tentare di tenere unito un partito che non più tardi di pochi mesi fa è riuscito a votare in tre modi diversi al Parlamento europeo su una risoluzione di sostegno all’Ucraina. Ma mentre le divisioni interne al Pd vengono nascoste sotto al tappeto, non si può dire lo stesso di quelle con i pentastellati, con cui nei giorni scorsi sono volati insulti pesanti. L’eurodeputato del M5s Gaetano Pedullà, durante una trasmissione, ha accusato il vicepresidente dem del Parlamento europeo, Pina Picierno, di essere un’«infiltrata dei fascisti nella sinistra», a causa delle sue posizioni pro Ucraina. Picierno, che non era presente in trasmissione, aveva detto che se la Lega «esprime posizioni esplicitamente filo putiniane», al contempo «le parole espresse dal capogruppo M5s, Riccardo Ricciardi, sono inopportune e sbagliate». Ricciardi, in Aula, aveva infatti dichiarato che Sergio Mattarella giustificava «il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora tutti si rendono conto dovrà arrivare a una trattativa».Non va meglio con gli altri partiti di opposizione. Ieri Nicola Fratoianni, di Alleanza Verdi Sinistra, sulle truppe in Ucraina ha detto: «Intanto servirebbe un cessate il fuoco e un’iniziativa diplomatica che fermi le armi e che fermi il massacro». E Mentre Avs ribadisce con forza le sue posizioni pacifiste, Azione conferma il sostegno senza se e senza ma al popolo ucraino. Ieri Carlo Calenda era l’unico esponente di opposizione presente all’incontro sui risultati della medaglia della resistenza ucraina nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi. A questo si aggiunge un’intervista rilasciata al Foglio in cui ha dichiarato: «Schlein parla d’altro. Azione non starà mai con questo campo largo che ignora l’Ucraina». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-in-ucraina-vacci-tu-2671217466.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-mire-belliche-di-parigi-e-londra-non-scaldano-il-vecchio-continente" data-post-id="2671217466" data-published-at="1740552774" data-use-pagination="False"> Le mire belliche di Parigi e Londra non scaldano il Vecchio continente Continua a tenere banco la questione dell’eventuale schieramento di forze di peacekeeping europee in Ucraina. Lunedì, in occasione del suo incontro con Donald Trump, Emmanuel Macron ha cautamente aperto all’invio di truppe da parte del Vecchio continente. «Molti dei miei colleghi europei sono pronti a impegnarsi, ma abbiamo bisogno del sostegno americano, perché fa parte della credibilità delle garanzie di sicurezza», ha detto. In particolare, il presidente francese ha reso noto che Parigi si starebbe coordinando con Londra sulla questione. Domani, il premier britannico, Keir Starmer, avrà infatti un faccia a faccia con Trump a Washington, dove gli presenterà un piano per lo spiegamento di 30.000 soldati europei in territorio ucraino, che dovrebbero occuparsi di monitorare e salvaguardare un eventuale accordo di cessate il fuoco tra Kiev e Mosca. L’altro ieri, incontrando l’inquilino dell’Eliseo, il presidente americano si è detto bendisposto verso un impegno militare europeo. Non solo. Trump ha anche aggiunto che Vladimir Putin accetterebbe delle forze di peacekeeping europee in Ucraina. «Le accetterà. Gli ho fatto questa domanda», ha detto il tycoon, per poi aggiungere: «Guardate, se facciamo questo accordo, non sta cercando più guerra. Gli ho fatto questa domanda specificamente. Non ha problemi su questo». Un’affermazione, quella di Trump, che apparentemente cozza con quanto asserito dal ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, la settimana scorsa. «Lo spiegamento di truppe di Paesi Nato, ma sotto una bandiera straniera, sotto la bandiera dell’Unione europea o sotto bandiere nazionali è, ovviamente, inaccettabile per noi», aveva detto. Ebbene, ieri, commentando le dichiarazioni di Trump sul presunto ok di Putin, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato seccamente: «Il ministro degli Esteri russo ha già detto tutto al riguardo, non ho nulla da aggiungere». Non è quindi per ora chiaro se Trump abbia fatto quell’affermazione senza realmente coordinarsi con lo zar o se, al contrario, Mosca si stia muovendo tatticamente, per aprire in un secondo momento alla possibilità di forze europee in territorio ucraino. In attesa di ulteriori sviluppi, bisognerà anche capire se l’Ue si mostrerà realmente compatta su questo punto. Macron, lo abbiamo visto, ha aperto all’invio di soldati. Tuttavia, lo ha fatto in modo piuttosto cauto. Senza trascurare che, appena lo scorso 18 febbraio, il ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot, aveva detto che era «troppo presto» per trattare dell’eventuale schieramento di truppe europee in Ucraina. Il giorno prima, il cancelliere tedesco uscente, Olaf Scholz, aveva bollato come «altamente inappropriato» la discussione dell’invio di forze militari da parte del Vecchio continente prima della definizione di un piano di pace. Dello stesso avviso si erano mostrati il ministro della Difesa danese, Troels Lund Poulsen, e il premier polacco, Donald Tusk. Insomma, bisognerà vedere se qualcuno cambierà idea dopo che Starmer presenterà domani il suo piano a Trump. Tuttavia, almeno finora, l’ipotesi dell’invio di truppe non sembra granché popolare tra molti Paesi dell’Ue. È chiaro che, al netto delle sue titubanze, Macron sta cercando di ritagliarsi il ruolo di punto di riferimento dell’Unione europea a livello geopolitico. L’apertura all’invio di truppe fa, in tal senso, il paio con i due summit dedicati alla crisi ucraina, che il capo dell’Eliseo aveva convocato a Parigi la settimana scorsa. È comunque tutto da dimostrare che il leader francese riuscirà a conseguire questo obiettivo. Non solo i vertici parigini hanno prodotto ben poco, ma lo stesso atteggiamento ondivago della Francia sull’invio dei soldati evidenzia delle difficoltà rilevanti. Maggiormente deciso appare invece Starmer, che punta a incrementare il peso geopolitico del Regno Unito, oltre che a raffreddare il più possibile la distensione tra Washington e Mosca. Il punto è che il premier britannico sa di non potersi muovere da solo. Ed è per questo che, pur mirando al ruolo di capofila, teme lo scetticismo che si respira in molti Paesi dell’Ue sulla questione dell’invio di soldati in Ucraina. È forse anche per questo che Starmer ospiterà domenica un summit a Londra con alcuni leader europei. Infine, bisogna fare attenzione al possibile ruolo turco. Due settimane fa, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, aveva detto che delle garanzie di sicurezza in Ucraina avrebbero dovuto occuparsi non gli americani ma «truppe europee e non europee»: un probabile riferimento alla Turchia che, come il Canada, fa parte della Nato. Come che sia, al di là delle supposizioni, quel che è certo è che Ankara sta cercando di rilanciare il proprio ruolo politico-diplomatico nella questione ucraina: un ruolo che si è vista ultimamente sfilare dall’Arabia Saudita. In tutto questo, non va trascurato che la Turchia sta cercando di acquistare missili Meteor: segno, questo, che - al netto dell’irritazione della Grecia - i rapporti tra Ankara e il Vecchio continente stanno migliorando nel settore della Difesa. Ecco perché le mosse turche vanno monitorate attentamente.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
Continua a leggereRiduci