La Nupes di Mélenchon (sinistra, islamisti e wokisti) è la vera vincitrice del primo turno delle politiche francesi, appena superata dalla coalizione del presidente. Il quale dovrà negoziare con la destra moderata e soprattutto con i deputati della galassia Lgbtq+.
La Nupes di Mélenchon (sinistra, islamisti e wokisti) è la vera vincitrice del primo turno delle politiche francesi, appena superata dalla coalizione del presidente. Il quale dovrà negoziare con la destra moderata e soprattutto con i deputati della galassia Lgbtq+.La Nupes - Nuova unione popolare, ecologica e sociale, composta anche da simpatizzanti islamisti e wokisti - è la vera vincitrice del primo turno delle elezioni legislative francesi di domenica scorsa. A livello nazionale, la coalizione di estrema sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, è arrivata ufficialmente seconda (25,66%) ma lo svantaggio rispetto alla piattaforma macronista Ensemble! (25,75%) è solo dello 0,09%. Certo, le regole del sistema elettorale francese, maggioritario a doppio turno, permetteranno a Emmanuel Macron di contare su una larga maggioranza all’Assemblea nazionale, che però potrebbe non essere assoluta. Secondo le proiezioni di vari istituti demoscopici, i 577 scranni della Camera bassa transalpina, saranno ripartiti più o meno in questo modo: Ensemble! 255-295, Nupes 150-190, Républicains-Udi (destra moderata) 50-80, Rassemblement national (Rn) 20-45 (che malgrado la mole di voti pagherà le alleanze degli avversari al secondo turno), altri partiti di sinistra, 15-25, misto 10-17. Concretamente questo significa che la nuova compagine macronista sarà un’anatra zoppa. In effetti, il capo dello Stato dovrà negoziare con le opposizioni di estrema sinistra e della destra moderata per far passare le proprie riforme. Va anche detto che, al contrario di quanto accade in Italia, la Costituzione francese non permette ai governi di avanzare a colpi di fiducia parlamentare. In effetti, l’articolo 49.3 ammette che il Primo ministro possa «impegnare la responsabilità del Governo» per le leggi di bilancio. Per tutti gli altri soggetti legislativi, questa procedura è ammessa solo per «un progetto o proposta di legge per sessione» parlamentare. In questa situazione Macron potrebbe fare concessioni su temi cari alle diverse opposizioni. Ad esempio, l’inquilino dell’Eliseo potrebbe aprire la strada a uno smantellamento delle regole di bioetica (già molto permissive) per tenersi buoni i numerosi deputati sostenuti dalla galassia Lgbtqeccetera. Stando ai risultati del primo turno, molti di questi potrebbero essere facilmente eletti ai ballottaggi di domenica prossima. Già prima della fine della precedente legislatura dell’Assemblea nazionale, il presidente francese aveva fatto approvare dai suoi deputati l’allungamento dei termini per il ricorso all’aborto, da 12 a 14 settimane. Macron si è anche già detto favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia ma non alla Gpa (Gestazione per altri), ovvero l’utero in affitto. Su questo tema però, i luogotenenti presidenziali sono sempre rimasti vaghi. Ad esempio, nel 2019, Gabriel Attal - ministro dei Conti pubblici - parlava apertamente su Libération della propria omosessualità e diceva di non essere contrario ad una Gpa «etica», in base alla quale una donna protebbe «prestare» il proprio utero giusto per far felice una coppia sterile.L’approvazione di progetti di legge o di riforma su tematiche economico-finanziarie e di sicurezza - come la riforma delle pensioni e la gestione dell’immigrazione o la lotta al terrorismo - obbligherà forse Macron a fare appello ai deputati dei Républicains e non a quelli di sinistra. D’altra parte già nella campagna presidenziale, vari esponenti della Nupes hanno attaccato frontalmente le forze dell’ordine dicendo che «la polizia uccide», sostenuto misure care agli islamisti come il burkini, o hanno fatto dichiarazioni al limiti dell’antisemitismo. Ma, a differenza di quanto fatto nel suo primo mandato, questa volta Macron non potrà ingolosire dei peones di destra o sinistra con la promessa di incarichi governativi. Questo perché Ensemble! è composta da più partiti: En Marche!, i centristi del MoDem e i sostenitori dell’ex premier Edouard Philippe, che ha fondato il partitino Horizons. È facile immaginare che i deputati di queste formazioni pretendano una sorta di ius primae noctis con il presidente in carica, prima che questo attribuisca funzioni prestigiose a esponenti di altri partiti.Insomma la nuova legislatura non sarà una passeggiata per il capo dello Stato francese. Ma, come dice il proverbio, «chi è causa del suo male pianga sé stesso» e questo vale sia per Macron che per i leader delle altre opposizioni tranne il Rn. In effetti, la sera del primo turno delle presidenziali, tutti i capi dei partiti francesi hanno invitato a non dare «nemmeno un voto» a Marine Le Pen, al ballottaggio. Poi, la forte tensione sociale, l’astensionismo record accompagnato dalla mobilitazione di certe fette di popolazione delle banlieue, hanno permesso alla Nupes di fare il botto. In ogni caso i macronisti sembrano preferire scendere a patti con l’estrema sinistra piuttosto di battersi contro una compagine troppo numerosa del Rassemblement national. Dopo tutto, anche in Europa, Macron & C hanno spesso dato prova di affinità con la gauche. Sarà per questo che, già domenica sera, la premier Elisabeth Borne ha offerto un ramoscello d’ulivo alla Nupes. Citando in un tweet il candidato della coalizione Fabien Roussel, il primo ministro ha scritto: «Di fronte all’estrema destra sosterremo sempre i candidati che rispettano i valori repubblicani». Chissà quali relazioni intratterrà la Francia con l’Italia - legata mani e piedi a Parigi dal Trattato del Quirinale - dopo il rinnovo del suo parlamento.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






