
Sono in tanti, specie sui giornali, a sostenere che l'asse tra Lega e 5 stelle sia destinato a spezzarsi. I due leader continueranno a litigare, però il loro legame è ancora cementato dal consenso. E anche se Giuseppe Conte dovesse cadere, niente sarà più come prima. Sono trascorsi appena 60 giorni da quando il governo Conte ha preso il largo, tuttavia c'è già chi scommette che non andrà lontano. In prima fila tra i gufi ci sono giornalisti e commentatori, i quali spiazzati dal non aver capito nulla di ciò che stava accadendo, ossia della grande ascesa del Movimento 5 stelle e della ancor più sorprendente rimonta della Lega (Matteo Salvini è un fenomeno minoritario, che non può superare il 14 per cento, sentenziavano prima delle elezioni), si augurano che tutto finisca presto e che siano ripristinate le categorie a cui sono abituati. Ma io non penso che il governo Conte colerà in fretta a picco. Certo, la sua navigazione sarà complicata, perché timonare in due non è facile, soprattutto se non si ha chiara la rotta. Tuttavia credo che la strana coppia, pur essendo mal assortita, non finirà contro gli scogli. Ovviamente Matteo Salvini e Luigi Di Maio continueranno a litigare. Il primo perché deve tener d'occhio l'umore degli imprenditori che lo hanno votato e l'altro perché deve accontentare i disoccupati che da lui si aspettano il miracolo di un lavoro. Poi arriverà il momento in cui si dovrà decidere se mandare avanti gli scavi della Tav oppure interromperli (al momento è interrotta solo ogni decisione e non l'opera), poi verranno altri guai, in particolare quelli che riguardano i temi etici, tipo le adozioni gay e così via. Ciò nonostante, io credo che pur apparendo sul punto di rompersi l'alleanza durerà, perché alla fine conviene a tutti e due riuscire a dimostrare che l'inesperienza al governo non sempre fa danni, ma qualche volta consente di vedere le cose da un'angolazione diversa da quella di chi è da sempre in politica. La gestione dell'immigrazione lo dimostra. Dopo anni di proclami e di tentati accordi è arrivato un signore che ha preso il toro per le corna e, infischiandosene di giudizi e pregiudizi, ha detto basta. Lo ha fatto nel modo corretto, rispettando il bon ton, la diplomazia e i rapporti con i partner europei? No. E però ha ottenuto ciò che voleva. Anzi, ciò che volevano gli italiani. Come certificava ieri il Corriere della Sera, dalla Libia verso l'Italia non passa uno spillo. Basta barconi, basta Ong. Ora le nuove rotte dell'immigrazione seguono la pista spagnola. Tuttavia, a prescindere che il governo duri cinque mesi o cinque anni, una cosa credo che dovrebbe essere chiara a chi oggi auspica la fine dell'alleanza fra grillini e leghisti. Se anche Giuseppe Conte cadesse e il Parlamento venisse sciolto, niente sarà più come prima. Io li capisco quelli che gufano. Sperano che il governo caschi perché nella ridistribuzione delle carte contano di essere della partita. Rimasti fuori da un'intesa che, a sentire i sondaggisti, ormai rappresenta il 60 per cento degli elettori, sognano il fallimento di Salvini e Di Maio nella speranza che dopo tocchi a loro. Votare, nelle loro strategia, significherebbe avere chance per una rivincita. Così, da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, si danno da fare, cannoneggiando quando possono Palazzo Chigi, ma soprattutto lavorano per un dopo che immaginano vicino. In realtà io credo che non accadrà nulla di tutto ciò. Se anche Conte fosse costretto alle dimissioni a causa di uno strappo profondo fra 5 stelle e Lega, alle prossime elezioni la sfida sarebbe fra le due formazioni che oggi rappresentano la maggioranza. Non so se a guidare i grillini sarebbe ancora Di Maio, ma sono i certo che dall'altra parte ci sarebbe Salvini e nel centrodestra non ci sarebbe spazio per un'altra leadership. Può darsi che in futuro anche il capo della Lega si bruci, ma questo non sarà al prossimo turno. Dunque si dia una regolata chi scalpita (anzi, scommette) sulla caduta. Inutile agitarsi in cerca di nuove alleanze, né serve riesumare giornali in vista di una prossima battaglia. Questo è il momento dei 5 stelle e della Lega e lo sarà ancora per un po'. Io non credo, come immagina Salvini, che i due staranno al governo per i prossimi trent'anni, ma se anche rimanessero per cinque penso che la partita sia chiusa per molti di coloro i quali oggi reclamano la rivincita. Insomma, forse Renzi farebbe davvero bene a dedicarsi alla tv, godendosi la nuova casa. Per lui non basta stare fermo un turno. Ci vuole altro.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





