2021-03-07
Tra tanti gay finti a Sanremo vince una donna vera. E la Boldrini rosica
Beatrice Venezi, rea di farsi chiamare «direttore», accusata da Laura Boldrini: «Poca autostima» Esempio di dedizione e successo, in realtà può dare lezioni a tante arroganti vestaliFunziona sempre così: o ti dimostri fedele alla linea (anche quando la linea non c'è, o è grottesca) oppure vieni sminuito, infamato, indicato come uno che ha qualcosa che non va. Succede al gay che non accetta la retorica Lgbt: gli dicono che ha introiettato l'omofobia. Succede alla donna che rifugge dalle imposizioni femministe: è vittima inconsapevole del patriarcato. È successo di nuovo, proprio in questa maniera, a Beatrice Venezi, 31 anni, la più giovane donna in Europa a dirigere un'orchestra. È salita sul palco di Sanremo, venerdì sera, per premiare assieme ad Amadeus il vincitore della categoria Nuove proposte. Il conduttore avrebbe voluto presentarla come «direttrice», ma lei ha ribadito con fermezza: «La posizione ha un nome preciso e nel mio caso è quello di direttore d'orchestra, non di direttrice». Poteva finire lì, ma il rifiuto della neolingua in diretta tv ha suscitato l'immancabile intervento di Laura Boldrini, per cui le polemiche su parole come «sindaca» e «assessora» - benché inutili ai più - sono una ragione di vita. Per l'occasione, l'esponente del Pd si è trasformata in una fine linguista: «La declinazione femminile la si accetta in certe mansioni come “contadina", “operaia" o “commessa" e non la si accetta quando sale la scala sociale, pensando che il maschile sia più autorevole. Invece il femminile è bellissimo», ha detto l'ex presidente della Camera. Che si è peritata di aggiungere: «È un problema serio che dimostra poca autostima. Se il femminile viene nascosto, si nascondono tanti sacrifici e sforzi fatti». Per la Boldrini, l'attegiamento della Venezi «non rende merito al percorso che tante donne hanno fatto per raggiungere queste posizioni. Spero si renda conto che usare il femminile possa aiutare tante ragazze ad avvicinarsi a questo lavoro che per secoli è stato solo di uomini». Per prima cosa, viene da domandarsi: ma come si permette, la Boldrini? Con che coraggio discetta dell'autostima di una donna di enorme successo, talentuosa, elegante, e plasmata da un lavoro durissimo? Beatrice Venezi è una giovane italiana che si è fatta largo - per bravura - in un mondo ostile in cui solo pochi eletti trionfano. Non è diventata famosa mostrando le tette sui social network, ma studiando come una matta. Non ha conquistato i riflettori di Sanremo vestendosi da pagliaccio, distribuendo scontati baci (finti) gay sulle bocche di altri musicisti come ha fatto il prevedibile e plastificato Achille Lauro, superfluo mistificatore di professione. No, la Venezi era all'Ariston perché è un'eccellenza. Laura Boldrini, al contrario, è una miracolata della politica. È divenuta presidente della Camera per uno strano intreccio di circostanze storiche che sfociò in una telefonata di Nichi Vendola (ma come, la paladina delle donne fiere che fa carriera per convocazione da parte di un maschio?). E da allora non fa altro che tediarci con insulse discussioni su pronomi e aggettivi, impuntature ridicole che a malapena influiscono sulla forma, figuriamoci sulla sostanza della condizione femminile. Beatrice Venezi, senza nascondersi dietro due letterine, è in grado di dare lezioni di femminilità e di buon senso. Quando le chiesero di dirigere in smoking, rifiutò. «Sul podio indosso abito da sera e tacchi alti. Non devo mascherarmi da uomo per dimostrare che so dirigere un'orchestra», disse a Vanity Fair. Frasi semplice, dirette, che però rivelano una riflessione approfondita, e lontana dalle imposizioni mainstream. Al contrario del ribellismo preconfezionato che pure stavolta Sanremo ci ha proposto, pagando il pedaggio arcobaleno (peccato che le presunte «provocazioni» non abbiano smosso il pubblico torpido). Ovviamente, i primi e più feroci attacchi alla radiosa Beatrice da chi arrivano? Da altre donne. Dal «donnismo» militante a cui non importa che la condizione femminile migliori davvero, perché le menate ideologiche hanno la priorità. È accaduto anche a Giorgia Meloni: se hai successo ma non ti riconosci nell'ortodossia, puoi essere liberamente insultata. Il problema, qui, non è che la Venezi abbia poca autostima. Il problema è che certe vestali arroganti ne hanno fin troppa.
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