
Per evitare lo sperpero di cibo e la diffusione nell'ambiente di imballaggi e plastica non è necessario inseguire il verbo ecologista: ci basta imparare dai nostri nonni.Una nuova predica progressista ci stalkera da mane a sera, pronunciata magari da testimonial che nel 730 dichiarano il Pil della Svizzera: non sprecare. Ebbene. Si tratta di un monito sacrosanto. Però, ci dissociamo orgogliosamente da coloro che scoprono il valore del non sprecare soltanto oggi, magari folgorati da Greta Thunberg. «Troppe cose che usiamo nel nostro quotidiano sono uno spreco inutile e una fonte d'inquinamento. Per cambiare il clima è necessario cambiare le nostre abitudini prima ancora della politica», affermavano gli organizzatori del Friday for future di Roma, del 19 aprile scorso. Scoprendo l'acqua calda, quando Greta in persona è intervenuta davanti a ragazzini che tenevano in mano mega scritte «Help» fatte con bottiglie di plastica o pedalavano per garantire elettricità al suo palco. Prima della Thunberg, una saggezza popolare, antica, tradizionalista e cattolica ci insegnava ogni giorno a non sprecare. utili idiotiLa società progressista di cui Greta è il baby fantoccio è, in realtà, assolutamente collusa con l'iperconsumismo del prodotto globalizzato. La vita all'antica no: dunque, farci spiegare da costoro come non si spreca... Proprio no, grazie. Sappiamo già come si fa. Volendo poco e non volendolo subito, ossia lo slogan opposto a quello di altri isterici rivoluzionari che già nel Sessantotto gridavano di volere tutto e subito, distruggendo a falciate e martellate (e revolverate) la società tradizionalista. La tradizione ci insegna anche che le cose si affrontano pezzo per pezzo, non con l'idea infantile e narcisista di ribaltare il mondo con uno schiocco di dita. Uno dei settori nei quali si spreca di più è quello alimentare. Mangiamo più che in passato perché compriamo più che in passato e compriamo più che in passato perché si produce cibo più che in passato. E si produce cibo più che in passato perché la produzione alimentare è diventata industriale e capitalistica: milioni di supermercati vendono le stesse cose, facendosi concorrenza, offrendo in Italia cibo prodotto per intero o parzialmente all'altro capo del mondo (sfruttandolo). La nuova esigenza di trascorrere fuori casa a lavorare per lo stipendio la maggior parte del tempo diurno ha anche ridotto il tempo per la spesa e per la cucina, con l'aumento verticale dell'acquisto di cibo già pronto e la creazione della nuova moda dell'home delivery: «Aumentano dell'80%, rispetto al 2017, le consegne a casa di piatti pronti, a dimostrazione del fatto che 3,5 milioni di italiani preferiscono la velocità e la comodità rispetto alla preparazione dei pasti a casa», spiega Andrea Segré nel Metodo spreco zero. In sette giorni impari a non buttare più cibo, aiuti l'ambiente e risparmi centinaia di euro! quanto buttiamoSono molto interessanti i dati riportati nel testo: ogni giorno buttiamo 100 grammi a testa di cibo, cioè 37 chili pro capite e 85 a famiglia ogni anno. È «un valore per ogni nucleo familiare pari a 450 euro, ma anche un costo per smaltire i rifiuti e un peso sull'ambiente sempre meno giustificabile». Lo smaltimento dei rifiuti, per esempio di imballaggio, è anche un problema portato dal tipo di foraggiamento che facciamo oggi. Fino a 60 anni fa frutta e verdura si compravano al mercato e si infilavano nelle sportine oppure nelle buste di carta, che poi si riutilizzavano (per esempio per tappare la pentola per cuocere i carciofi alla giudia, per custodire il panino che la mamma ci preparava per la merenda scolastica), la carne e il pesce e le uova anche, e dell'imballaggio plastico e rigido nel quale oggi è venduto di tutto non conoscevamo nemmeno l'esistenza. Quindi, ogni discorso sullo spreco va innanzitutto collegato alle modalità di offerta odierna delle derrate, che sono indipendenti da noi. Ciò non toglie, però, che possiamo fare molto per opporci al sistema dello spreco. Il metodo spreco zero offre spunti decisamente interessanti. Innanzitutto, il diario dello spreco. Una settimana di osservazione e analisi dei rifiuti per prendere coscienza dell'entità e delle motivazioni per le quali il cibo viene gettato via. Ancor più rilevanti le strategie «riparative». Innanzitutto, l'organizzazione della spesa, anche per evitare di mangiare troppo o troppo poco. In che categoria rientrate? Pensateci e fatevi i complimenti se, saggiamente, mangiate il giusto. «Ogni anno», spiega Segre, «muoiono 36 milioni di persone per carenza di cibo e 29 milioni per il suo eccesso». Impressiona come la morte per mancanza di cibo, al mondo, sia quasi pari a quella determinata dal suo eccesso e fare la lista di ciò che serve comprare, valutando cosa in dispensa manca e cosa, invece, c'è, è un buon suggerimento. Altrettanto importante è lasciarsi portare dalla corrente della stagionalità: frutta e verdura di stagione costano meno e ci riconnettono con la naturalità temporale del cibo. Ancora, riconsiderare seriamente ciò che per i nostri antichi parenti era una norma talmente ovvia e fattuale da non necessitare nemmeno di essere esplicitata: il «chilometro zero». Comprare ciò che è nato vicino a noi ha molto più senso - spesso anche dal punto di vista del risparmio - che il contrario ed è un gesto sovranista antiglobalista. Segre spiega anche come non cadere nella trappola delle offerte. Ma a nostro avviso alcune offerte possono rivelarsi vantaggiose: «Anche l'acquisto del produttore di grossi quantitativi di ortofrutta a prezzi invitanti nasconde delle insidie: potremmo essere tentati di acquistare più del necessario solo perché il prezzo a cassetta è basso rispetto a quello del supermercato, ma poi, una volta a casa, potremmo renderci conto che non saremo mai in grado di consumare tutto il prodotto prima che deperisca». Vero, ma è anche vero che abbiamo frigoriferi e congelatori e - questo vale anche per la carne, il pesce e la pasta fresca, magari fatta a mano da noi - possiamo usarli per conservare. alimenti scadutiSegre valuta anche le scadenze. Ci siamo chiesti tutti se una scadenza sia da intendersi come tassativa, soprattutto se è passato un giorno dalla sua data oppure è indicata come «da consumarsi preferibilmente entro». Lui suggerisce di assaggiare. Importante è anche come riponiamo gli alimenti in frigo. Molti li sistemano mescolati in virtù degli incastri migliori, invece nel cassetto in basso vanno frutta e verdura, nel ripiano più basso i cibi che necessitano temperature di conservazione più fredde, in quello più alto il contrario e nello sportello i cibi da refrigerazione più light, come le bevande ma - non tutti lo sanno - anche sottaceti e sottoli. Può poi sembrare eccessivamente ragionieristico, ma è utile la regola «applicata anche dalla grande distribuzione degli scaffali dei supermercati e dalla ristorazione professionale, la cosiddetta “first expired, first out" che in italiano si traduce con “chi prima scade, prima esce"». Basta riporre il cibo mettendo in alto e davanti quello che scade prima. Una parte del libro decisamente imperdibile è quella intitolata Le ricette magiche con le piccole cose. Troviamo quasi lirico vedere in un poco di verdura avanzata, con la quale istintivamente, forse, non faremmo niente, una «magica piccola cosa» da trasformare in altro. approccio creativoDeliziosa è la «ricetta magica» delle palline di patate e verdure, da realizzare con la «piccola cosa», qualsiasi verdura. Ci vogliono 200 grammi di verdura, 200 di patate, un uovo, un cucchiaio di farina, sale, pangrattato, olio evo: «Cuocere con poca acqua le verdure e le patate a pezzetti, schiacciarle, aggiungere l'uovo, il sale e la farina. Formare delle palline grandi come una noce e impanarle nel pangrattato. Cospargere una teglia con abbondante olio e rotolarvi le crocchette in modo da ungerle in superficie prima d'infornarle a 200 gradi per una decina di minuti, fino a che risultano dorate». La differenza con il passato apportata da questa nuova sensibilità ecologista-progressista consiste anche nella mole di testi che si dedicano a proporre approcci risolutivi e rieducativi. Alcuni sono decisamente irritanti, ma ce ne sono tanti, invece, incantevoli. Uno di questi è Il tuorlo & l'albume. Sessanta ricette antispreco per utilizzare ciò che avanza. Aurélie Thérond si è chiesta quello che ci chiediamo tutti, in cucina, quando eseguiamo delle ricette che richiedono solo tuorlo o solo bianco d'uovo: «E con la parte dell'uovo inutilizzato che ci faccio?». Il piccolo genio di questa giovane cuoca autodidatta assai attenta alla sostenibilità e all'antispreco consiste nel fatto che ha raggruppato le ricette per numero di albumi o tuorli necessari. Assai utile anche l'insegnamento di congelare tuorli e albumi per usarli in seguito (gli albumi senza particolari accorgimenti, i tuorli mescolando prima con sale - 0,5 grammi per quattro tuorli da 80 grammi in totale - o con zucchero - 7 grammi di zucchero sempre per quattro tuorli - a seconda che si riutilizzeranno in ricette dolci o salate, per evitarne la gelificazione). Con un tuorlo si può fare la tempura di zucchine o dei biscotti al gorgonzola, con un albume i cracker alla panna o una mousse al cioccolato. Con sei albumi l'omelette bianca, con sei tuorli la crema al cioccolato. Anche un altro libro ci aiuta a ricordarci - o confermarci - perché non bisogna sprecare: è 8 digiuni per vivere meglio... e salvare il pianeta, di Antonio Gentili, che contiene un capitolo molto suggestivo dedicato al digiuno anti consumista: «Tiziano Terzani, il giornalista celebre per i suoi reportage, in margine a uno dei “giri di giostra" scriveva: “Essendo fallite tutte le rivoluzioni, l'unico modo per non farsi consumare dal consumismo è quello di digiunare, digiunare da qualsiasi cosa che non sia assolutamente indispensabile, digiunare dal comprare il superfluo. [...] Gandhi, nel suo modo semplice, ma preciso e morale, lo aveva capito quando diceva: “La terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l'ingordigia di tutti"». parsimonia, che affareDobbiamo distinguere, ricorda Gentili, tra beni di comfort e beni di stimolo. Secondo Tibor Scitovsky, i primi danno soddisfazione immediata però alla lunga creano dipendenza e indeboliscono il nostro desiderio di beni di stimolo, quelli che consentono all'uomo di migliorare la sua qualità della vita. Beni di comfort sono l'assunzione smodata di cibo, l'abuso di tempo passato con televisione, computer e cellulare, il gioco d'azzardo, gli stupefacenti. Tra i secondi la fruizione artistica, lo sport, la religione, la ricerca, lo studio. Noi ci aggiungiamo anche la tradizione. Gentili ricorda, poi, che anche Zygmunt Bauman aveva denunciato che «il grande sconvolgimento nello sviluppo della società dei consumi fu il passaggio dalla soddisfazione dei bisogni alla loro creazione, attraverso un'opera che mira a tentare e sedurre i consumatori gonfiandone a dismisura i desideri» e determinando una «introversione consumista». Ecco, fate attenzione a non cadere nella trappola del consumismo anticonsumista, un bisogno appena creato per amore del denaro che si può fare con un nuovo mercato.
Mattia Furlani (Ansa)
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