2022-12-02
Lukoil, il governo congela le offerte e prepara la deroga all’embargo
Il polo petrolchimico di Priolo Gargallo (Getty Images)
Decreto a tutela degli interessi nazionali. In corsa il fondo americano Crossbridge.Il destino della raffineria di Priolo è molto incerto e, tra le forze che concorreranno a determinarlo, vi sono i due grandi antagonisti dell’attuale scacchiere geopolitico: Russia e Usa. La società russa Lukoil, proprietaria della raffineria per mezzo della Isab Srl, avrebbe ripreso i contatti con il fondo d’investimento americano Crossbridge Energy Partners per trattare la vendita dell’impianto. Secondo il Financial Times, stiamo parlando di una cifra che si aggira tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro, denaro che gli investitori americani, grazie al finanziamento della società olandese Vitol (trader di commodity), verserebbero nelle casse del colosso russo, secondo per dimensioni solo a Gazprom. Al contrario di quest’ultima, va detto, la compagnia non è di proprietà diretta dello Stato, ma ciò non cambia molto i termini. I negoziati tra le due aziende si erano interrotti all’inizio di novembre, quando la compagnia petrolifera russa aveva declinato l’offerta americana. Adesso, però, ha fretta. La raffineria, infatti, ha sempre lavorato al 100% con petrolio proveniente da Mosca e, con l’embargo Ue al greggio russo che scatterà il 5 dicembre, si troverebbe bloccata. La cessione consentirebbe all’impianto di continuare a operare, dal momento che i nuovi acquirenti potrebbero ricercare sul mercato nuove fonti di approvvigionamento. Si capisce, dunque, perché anche tra le fila del governo alberghi una certa preoccupazione. Soltanto la Isab impiega oltre 1.000 dipendenti, ma indirettamente la raffineria sostiene un numero di posti decisamente maggiore (per alcuni intorno ai 10.000). Il dossier, in queste ore all’attento scrutinio del governo, interessa quindi la vita di non poche famiglie. Inoltre, la raffineria di Priolo fornisce il 22% del carburante disponibile in Italia. Una porzione che definire importante sarebbe riduttivo. Proprio per questo, il Financial Times ha evidenziato che qualsiasi accordo tra le parti in gioco sarà impossibile senza l’appoggio di Roma. Crossbridge, d’altra parte, sembra non essere l’unica realtà interessata ad acquisire il sito industriale di Priolo (pare abbia manifestato interesse anche la compagnia svizzera Trafigura). Il governo di Giorgia Meloni vuole però rassicurazioni sul futuro dell’impianto: chiede garanzie per i lavoratori, con l’esplicito impegno a non tagliare posti di lavoro, e vuole aver certezza che l’Isab abbia sufficiente liquidità per poter proseguire l’attività di raffinazione. La raffineria siciliana avrebbe infatti bisogno di una cifra che si avvicina al miliardo di euro, ma dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina le maggiori banche italiane hanno interrotto le linee di credito, poiché temevano che gli Stati Uniti potessero risentirsi e comminare loro multe per aver finanziato un’azienda di proprietà russa. Secondo Renato Schifani, presidente della Regione Sicilia, la nazionalizzazione sarebbe una carta non del tutto escludibile, ma per il momento non è tra i piani del governo, orientato invece all’amministrazione fiduciaria temporanea (sulla falsariga di quanto fatto dal governo tedesco con le raffinerie di Rosnef). Esercitare il golden power, d’altro canto, significherebbe non solo sganciare una cifra di circa 1,5 miliardi di euro, ma poi dover anche provvedere alla gestione dell’impianto. Considerata la complessità del quadro e gli attori coinvolti, l’esecutivo non intende di certo assecondare la fretta dei russi (che premono per concludere prima del 5 dicembre) e, anzi, vuole prendere tempo. Il Consiglio dei ministri convocato ieri sera ha inserito nel decreto anche un articolo che dichiara il sito di Priolo di interesse nazionale. A questo atto seguono tre possibilità: una deroga provvisoria all’embargo, come avvenuto per Bulgaria e Croazia, in attesa di trovare una soluzione alternativa; la nazionalizzazione, che però - come già spiegato - è considerata dal governo l’ultima ratio; la cessione a un fondo, via maestra che però richiede probabilmente più tempo del previsto per avere le desiderate rassicurazioni. In quest’ultimo caso, il governo ipotizza anche di acquisire una piccola quota di minoranza per vigilare sull’interesse nazionale. Nello specifico, nell’articolo 1 sono state definite le procedure di amministrazione temporanea anche nel caso in cui sia il governo a procedere d’ufficio. Mentre il commissario ministeriale potrà avvalersi anche di società a controllo pubblico operanti nel medesimo settore. Nell’articolo 2 si fa riferimento all’esercizio del golden power, consentendo un rafforzamento patrimoniale tramite Cassa depositi e prestiti e Invitalia.