2020-01-19
L’Ue ha un piano: Erasmus in Africa e difesa dei confini con 700 agenti
Il commissario europeo Margaritis Schinas spiega i programmi di Bruxelles per gestire i nuovi arrivi ma tace sul tema dei fondi stanziati e spara proposte a tratti surreali.Già portavoce della Commissione Juncker e protagonista di comunicati irridenti e provocatori verso l'Italia quando il duo Moscovici-Dombrovskis imperversava contro l'allora governo gialloblù, il greco Margaritis Schinas vive ora una nuova vita nella Commissione guidata da Ursula von der Leyen. È infatti uno degli otto vicepresidenti del nuovo esecutivo Ue, e si ricorderà che, al momento della nomina e del conferimento della delega all'immigrazione, gli fu attribuito il compito della «protezione dello stile di vita europeo», o almeno così venne complessivamente denominato il suo incarico. Apriti cielo! Le vestali politicamente corrette si stracciarono le vesti, ululando contro l'idea (giusta: e dunque per loro insopportabile) che vi fossero valori occidentali da salvaguardare, e ancora di più contro l'associazione di questo tema al dossier immigrazione. Sta di fatto che, sul sito della Commissione, ancora permane, accanto al nome di Schinas, il riferimento alla «European way of life» (ora da «promuovere», però, non da «proteggere»), cassato però nell'intervista concessa ieri a Repubblica, e lanciata con un titolo stentoreo in prima pagina: «Migranti: ora l'Europa ha un piano». A pagina 3, toni altrettanto squillanti: «Migranti, si cambia. Patto sui rimpatri e polizia europea». Il colloquio con Alberto D'Argenio parte con la consueta giaculatoria («L'Europa non può permettersi di fallire una seconda volta sui migranti») e prosegue con il preannuncio di un fantomatico «patto» che Schinas proporrà ai Paesi europei (dunque per ora è un'intenzione, una bozza, un auspicio, nulla di più), con relativo giro nelle capitali. Non a caso, Schinas dopodomani sarà a Roma per vedere la titolare del Viminale Luciana Lamorgese. Peccato che i contenuti di questo piano o patto appaiano fumosi o addirittura surreali. Primo esempio. Schinas preannuncia che l'Ue proporrà ai Paesi africani dei «comprehensive partnership agreements» che dovrebbero includere «soldi, investimenti, scambi commerciali, visti, sanità e programmi Erasmus». Naturalmente Rep non domanda quanti soldi l'Ue intenda stanziare: unica cosa effettivamente da capire, unico argomento convincente per gli interlocutori africani, e si beve la favoletta secondo cui questi Paesi frenerebbero le partenze e si riprenderebbero chi non ha diritto d'asilo. Senza dire che parlare di Erasmus ad esempio in Nord Africa, in situazioni disordinate, insicure, di conflitti latenti o addirittura in corso, appare ai confini della realtà.Secondo esempio. Per «disincagliare la riforma del diritto d'asilo» Schinas preannuncia il lancio di «una serie di panieri ai quali tutti i governi dovranno contribuire scegliendone almeno uno». E quali sarebbero questi panieri? «Ricollocamenti, oppure soldi, mezzi, personale, o partecipazione attiva a singole missioni». Morale della favola: è scontato che la maggior parte dei Paesi non opterà per i ricollocamenti, e l'Italia rimarrà con il suo problema. Terzo esempio. Nella parte più seria dell'intervista, quella in cui Schinas cerca di «tenere a bordo» i paesi del gruppo di Visegrad, il commissario greco evoca un tema vero, e cioè il rafforzamento di Frontex e un miglior presidio dei confini esterni europei. Ragionamento sensato: tutti - sovranisti o no, destra e sinistra - hanno interesse a una migliore protezione delle frontiere europee. Ma quando si arriva ai numeri, cadono le braccia: Schinas parla di 10.000 agenti, ma solo entro il 2027, mentre per la prossima estate si limita a citare «700 agenti». Immaginate la protezione degli immensi confini esterni europei con 700 persone. Per farsi un'idea e avere un termine di confronto, basterà dire che la pianta organica del solo Comune di Roma prevede circa 8.000 vigili urbani. Quarto e ultimo esempio. Schinas elogia l'accordo di Malta («sta funzionando benissimo»). Ma dimentica di dire alcune cose: che l'accordo è temporaneo («temporary arrangement»); che è su base volontaria, e non c'è modo di forzare i Paesi Ue ad aderirvi; che riguarda i migranti presi in carico dalle navi Ong (il 9% circa di quelli arrivati quest'anno in Italia: tutti gli altri restano a carico nostro); che i migranti soccorsi da navi statali devono sempre essere sbarcati nello stato di bandiera (immaginate dove); che se aderissero anche Grecia e Spagna, dovremmo farci carico pure delle loro quote, esponenzialmente cresciute nelle ultime due estati; che la sperimentazione dura sei mesi, ma se i numeri dovessero crescere troppo («substantially rise»), ci sarebbero consultazioni tra i paesi firmatari, e nel frattempo l'intero meccanismo potrebbe essere sospeso. È la ragione per cui - senza pietà verso l'Italia e i nostri governanti che ancora brindavano - la stampa francese (Le Figaro in testa) fin dal primo giorno definiva l'accordo «revocable». Morale: a numeri bassi, come accade adesso, anche gli altri paesi hanno tutto l'interesse a collaborare, a far bella figura a costo irrisorio. Ma se i numeri tornassero elevati, l'Italia si ritroverebbe con i problemi di sempre. Nonostante la propaganda della Lamorgese e le dolci interviste di Schinas.