2024-07-25
L’Ue ci accusa di violare diritti umani ma è amica di chi opprime gli armeni
Il ridicolo rapporto sulla democrazia mette nel mirino il nostro Paese. Peccato che l’Europa compri gas azero nonostante la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh: principi a corrente alternata per attaccare il premierato.Secondo l’Eclj, specializzato nella difesa della libertà religiosa, Baku sta perpetrando un «genocidio culturale»: spargimenti di sangue e distruzione di chiese e cimiteri.Lo speciale contiene due articoliStrabismo europeo con po’ di malafede. Lo schema è molto semplice. I media italiani si stracciano le vesti denunciando una deriva anti democratica. Gli articoli, assieme alle dichiarazioni di imprecisati stakeholder (cioè portatori di interessi), vengono raccolti in un mega dossier che la Commissione Ue rielabora. Per poi partorire, all’interno del consueto country report, una serie di capitoli dedicati all’Italia. Dove - guarda caso -si denuncia il rischio di una deriva anti democratica che minerebbe le basi dello Stato di diritto della nostra Penisola. Così, ieri, nel documento reso pubblico dall’Ue al di là di alcuni apprezzamenti sulla riforma della giustizia e sull’avvio della digitalizzazione del comparto si lancia l’allarme sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, sul mancato pluralismo dei media, sullo scarso rispetto dei diritti umani da parte delle Forze dell’ordine e, infine, sull’introduzione del premierato. Cominciamo da qui. Cioè dalla riforma delle riforme che il governo vorrebbe mettere in cantiere. «L’esecutivo», si legge nel report, «ha presentato al Parlamento un progetto di riforma costituzionale con l’obiettivo di garantire maggiore stabilità di governo». La Commissione guidata da Ursula von der Leyen nota che «con questa riforma non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare come primo ministro una persona esterna al Parlamento. Alcuni portatori di interessi hanno espresso preoccupazione per le modifiche proposte all’attuale sistema di pesi e contrappesi istituzionali, nonché dubbi sulla possibilità che ciò possa apportare maggiore stabilità». In effetti la riforma mira proprio a impedire la formazione di governi alternativi rispetto all’esito delle urne. Perché si vuole impedire che si replichi ciò che costantemente è avvenuto dal 2011 al 2022. Equilibri parlamentari completamente snaturati per garantire al Colle (pensiamo a Giorgio Napolitano) l’innesto di esecutivi tecnici di natura Ogm. I danni fatti dal modello Monti sono sotto gli occhi di tutti. Ricordiamo che per qualche ora abbiamo anche rischiato di avere premier un mini tecnico come Carlo Cottarelli.La riforma del premierato oltre a evitare esperimenti del genere riporterebbe vigore proprio al Parlamento che la stessa Ue nel report definisce svilito dall’uso eccessivo dei decreti. Cosa vera. Ma sempre più inevitabile per stare al passo con le riforme che Bruxelles impone come attività collaterali al Pnrr. Infine, sui dubbi che il premierato porti effettiva stabilità bisogna chiarirsi su cosa si intende con tale concetto. Se Bruxelles intende che un Paese va definito stabile quando non vota, allora alziamo le mani e cestiniamo direttamene il report. Così come varrebbe la pena cestinare certe posizioni di quegli stakeholder nel caso, come immaginiamo, siano gli stessi che lottano per mantenere il controllo della Consulta (negando l’alternanza politica) in modo da poter far abortire il premierato quando arriverà al vaglio finale, quello costituzionale. Un discorso simile si può fare sulla libertà di informazione. Il report manda messaggi all’Agcom perché contrasti l’acquisizione plurima di testate da parte dello stesso editore. Un chiaro riferimento alla famiglia Angelucci che vorrebbe ampliare la lista dei giornali e aggiungere una agenzia di stampa. Interessante osservazione, che non ci risulta sia avvenuta quando la famiglia Agnelli si è iper allargata aggiungendo alla Stampa il gruppo che fu di De Benedetti. Il che spiega il sottofondo politico del report, quasi a uso e consumo dei partiti di opposizione. Forse l’Ue dovrebbe preoccuparsi del perché sempre meno persone leggono i giornali. Sono fatti male? Soprattutto si ostinano a negare la realtà, quella che i lettori si trovano tra i piedi ogni volta che escono di casa. Ci riferiamo ai temi dell’immigrazione e alla enorme campagna promossa dall’Ue a favore della transizione green e zelantemente portata avanti dalla maggior parte dei media in modo acritico. Infine, al di là delle osservazioni sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e sulle critiche legate alla prescrizione (giusto per capirsi nessun accenno alla questione Toti e alle pressioni che sta ricevendo per dimettersi e tornare in libertà), vale la pena prendere in considerazione l’ultimo paragrafo del report. I diritti umani! «Permangono sfide per quanto riguarda lo spazio civico, anche alla luce delle segnalazioni di attacchi verbali contro organizzazioni umanitarie», si legge e di «episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia». Il riferimento è «agli attacchi contro gli studenti nelle manifestazioni di Firenze e Pisa dello scorso febbraio. Qui c’è poco da scherzare. La risposta è semplice. Si chiama ordine pubblico e chi lo viola va incontro all’uso della forza. La quale prevede pure il manganello. Attenzione, però. Destabilizzare le Forze dell’ordine è pericoloso. Questo sì è un atteggiamento anti democratico. Che va rispedito al mittente. Il quale si arroga una facoltà in modo unidirezionale. Basta leggere il report che trovate sotto questo articolo. Nell’articolo a firma Alessandro Da Rold si spiega perfettamente come Bruxelles per interessi economici sostenga l’Azerbaijan mentre continua a perpetrare violenze e attacchi contro i simboli cristiani della comunità armena. Poco cambia se ieri l’Ue ha deciso di fornire armi a Yerevan, Bruxelles è rimasta impotente e quasi silente quando è stato di fatto cancellato il Nagorno-Karabakh. Questi sono i diritti umani da difendere. Non perdiamo il senso della ragione. Le parole devono tornare al loro valore originario. Perché se diciamo che l’Italia non rispetta i diritti umani e taciamo su quanto avviene alla periferia del Vecchio continente siamo ridicolmente colpevoli. E non faremo altro che accelerare il declino di quanto di buono i Paesi Ue hanno costruito.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lue-ci-accusa-di-violare-diritti-umani-ma-e-amica-di-chi-opprime-gli-armeni-2668809337.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-documento-che-inchioda-bruxelles" data-post-id="2668809337" data-published-at="1721857786" data-use-pagination="False"> Il documento che inchioda Bruxelles L’Unione europea è più che mai ipocrita nella gestione delle importazioni di gas. Se da un lato ha interrotto ogni rapporto commerciale con la Russia di Vladimir Putin, dall’altro stringe accordi con l’Azerbaijan di Ilham Aliyev. Il presidente azero, oltre a violare i diritti umani in Nagorno-Karabakh (dove è in atto un «genocidio culturale»), prende parte del suo gas proprio da Mosca rigirandolo così agli europei. È un atto d’accusa senza precedenti quello contenuto nel rapporto sulla situazione in Armenia, redatto a giugno e anticipato ieri da Tempi dal Centro europeo per il diritto e la giustizia, organizzazione internazionale non governativa dedicata alla promozione e alla tutela dei diritti umani in Europa e nel mondo. Per essere più precisi, l’Eclj difende in particolare la tutela delle libertà religiose e della dignità personale dinanzi alla Corte dell’Unione europea dei diritti umani, come di fronte alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, al Parlamento europeo o all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e ad altri organismi. Nel rapporto di giugno il Centro europeo per il diritto e la giustizia accendere un faro sul Nagorno-Karabakh, regione che si trova nell’attuale Azerbaigian sud occidentale e dove è in corso una «feroce distruzione del patrimonio cristiano armeno», senza che la comunità internazionale muova un dito. A pagarne il prezzo sono le chiese, come quella di San Sargis di Hadrut a Mokhrenes andata completamente distrutta, o di Saint-Jean-Baptiste a Chouchi, che è stata rasa al suolo. Anche il cimitero di Ghazanchetsots è stato distrutto, mentre la Chiesa dell’Ascensione (St. Hambardzum) a Berdzor dovrebbe essere demolita e diventare una moschea. La Chiesa della Santa Madre di Dio Meghretsots, fondata nel 1838, era stata danneggiata per la prima volta durante l'epoca sovietica e ora gli azeri sembrano aver terminato il lavoro di distruzione. Non solo. La croce della chiesa di Vankasar, che risale al settimo secolo, è stata rimossa. Mentre la chiesa di Surb Sargis, costruita nel 1279, è stata vandalizzata più volte dal governo azero. Oltre alla distruzione di beni culturale dal valore inestimabile è in atto un vero e proprio spargimento di sangue. E nonostante le numerose richieste da istituzioni internazionali, l’Azerbaigian continua a impedire a osservatori stranieri il monitoraggio di questi siti culturali che è possibile osservare solo via satellite. L’Unesco, che ha rapporti poco chiari con gli azeri, non protesta. E nel frattempo l’Unione europea continua a fare affari con Aliyev. L’Ue fornisce anche 60 milioni di euro l’anno all’Azerbaigian in quanto membro del Partenariato orientale. Ma è soprattutto l’accordo sul gas tra Baku e Bruxelles, incominciato nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina, a destare preoccupazione. Anche perché gli azeri prevedono di raddoppiare le proprie esportazioni di gas verso l’Ue entro il 2027. L’Europa, infatti, consapevole della sua dipendenza dall’energia russa, aveva deciso di negoziare questo contratto con l’Azerbaigian per sostituire la fornitura di gas russo. L’accordo aveva anche lo scopo di agevolare sanzioni dell’Ue contro la Russia per le violazioni dei diritti umani commesse in Ucraina. In realtà non è cambiato nulla, si legge nel rapporto del Centro europeo per il diritto e la giustizia, «perché Bruxelles sta semplicemente facendo la stessa cosa a un altro Paese che non rispetta i diritti umani, ovvero l’Azerbaigian». Inoltre, «l’Ue non ha nemmeno raggiunto il suo obiettivo di sanzionare effettivamente la Russia, perché a una parte significativa del gas che l’Azerbaigian esporta verso di noi è gas di Mosca». Accordo che ha fruttato agli azeri già più di 15,5 miliardi di euro nel primo anno, mettendo a tacere i burocrati europei rispetto al «genocidio culturale» in atto in Nagorno-Karabakh. Il Parlamento Ue ha adottato delle risoluzioni che denunciavano la distruzione della regione armena, ma sono rimaste solo condanne verbali sulla carta: fumo negli occhi buono soltanto per la retorica politica, mentre gli armeni muoiono.