2021-02-11
L’Ue ammette: «Sui vaccini abbiamo fallito»
Ursula von der Leyen (Ansa)
Davanti all'Europarlamento, Ursula von der Leyen intona il requiem: «Ritardi ed errori su autorizzazioni, produzione e consegne». La chiosa surreale: «Però chiediamoci perché è successo». Forse perché per mesi si è dovuta suonare la fanfara dell'Europa unitaHa sbagliato con i vaccini, ma nemmeno chiede scusa. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, riconosce che l'Ue «non è al punto dove vorrebbe essere» nella lotta contro il coronavirus e senza aspettare il contraddittorio se ne esce dalla plenaria a Bruxelles. La sorprendente ammissione è stata rilasciata ieri, davanti ai deputati che volevano conoscere lo stato di avanzamento della strategia contro il Covid. Con noncuranza, tra un elogio all'Italia, uno alla Danimarca e l'altro alla Polonia per le vaccinazioni già fatte, l'algida signora tedesca ha di fatto suonato il requiem sulla campagna vaccinale «centralizzata», senza però assumersene la colpa davanti agli Stati membri. «Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni, siamo stati troppo ottimisti per quanto riguarda la produzione di massa dei vaccini e forse siamo stati un po' troppo sicuri del fatto che le quantità ordinate sarebbero state consegnate in tempo utile», ha dichiarato, aggiungendo uno stupefacente: «Dovremmo chiederci perché è successo questo e quali insegnamenti possiamo trarre». Ma il presidente è lei, verrebbe da dire, che per mesi non ha fatto che ripeterci quanto dovevamo restare buoni e tranquilli, aspettando fiduciosi la vaccinazione di massa organizzata dalla sua commissione. Una rassicurazione dietro l'altra, da quando lo scorso 17 giugno venne presentata la strategia sui vaccini anti coronavirus. «Dobbiamo essere pronti a produrli e distribuirli in Europa e nel mondo», annunciò la von der Leyen. Il 31 luglio prometteva: «La Commissione europea fa tutto il possibile per garantire ai cittadini europei un rapido accesso a un vaccino sicuro», per poi proclamare a metà agosto: «Le vite dei nostri cittadini e la nostra economia hanno bisogno di un vaccino sicuro ed efficace contro il coronavirus. La Commissione si sta impegnando al massimo, in stretta collaborazione con gli Stati membri e con le case farmaceutiche». Decisa, risoluta ad accentrare nelle sue mani ogni negoziazione per conto dei Paesi europei, la signora firmava il 27 agosto il primo contratto con Astrazeneca per 300 milioni di dosi, più altri 100 milioni opzionali. Il 17 settembre era la volta del secondo contratto, con Sanofi-Gsk, per altri 300 milioni di dosi, l'8 ottobre approvava l'accordo con la Janssen di Johnson & Johnson per 200 milioni di dosi e altri 200 milioni supplementari. In quei mesi, i due soli produttori che avevano dimostrato di essere più avanti con le sperimentazioni del vaccino e infatti annunciavano i primi, promettenti risultati, erano Pfizer Biontech e Moderna eppure l'Ue finalizzò il contratto con Pfizer solo l'11 novembre, per appena 200 milioni di dosi, più l'opzione di richiedere fino a 100 milioni ulteriori. Il 25 dello stesso mese ci fu anche il contratto con Moderna per 80 milioni di dosi, il 30 quello con Curevac per 225 milioni. La von der Leyen acquistò, dunque, un numero ridicolo di vaccini dai due gruppi che stavano per mettere sul mercato i loro farmaci anti Covid, e che per primi avrebbero ottenuto l'autorizzazione dall'Agenzia europea del farmaco. Ieri l'inglese The Guardian scriveva che «la Commissione ha ordinato 2,3 miliardi di dosi da sei produttori, ma con poca esperienza in materia di appalti pubblici. Si ritiene che abbia gestito i negoziati più come trattative commerciali, che per assicurarsi il maggior numero di vaccini». Non a caso, aggiungeva il quotidiano, «i 27 membri Ue hanno finora somministrato almeno una dose a solo il 4% dell'intera popolazione, rispetto al 66% di Israele, al 19% del Regno Unito e al 13% negli Stati Uniti. La distribuzione è stata ostacolata da ordini in ritardo, approvazione lenta e battute d'arresto nella fornitura». Nella sua infinita presunzione, l'8 gennaio il presidente esultava: «La buona notizia è che ora abbiamo concordato di estendere il contratto con Pfizer e potremmo acquistare fino a 300 milioni di dosi aggiuntive», ma subito dopo sia Pfizer, sia Astrazeneca comunicavano consegne ridotte, in tempi più lunghi. Così l'annunciata corsa alla vaccinazione di massa è in realtà un lento procedere in ordine sparso degli Stati, che pensano a stipulare accordi bilaterali diretti con i produttori per non arrivare all'immunità fra due anni. Ieri l'ex ministro tedesco annunciava, senza mostrare un filo di vergogna, «che da dicembre 26 milioni di dosi sono state consegnate e oltre 17 milioni di persone sono state vaccinate. E lavoreremo duramente per raggiungere il nostro obiettivo di vaccinare entro l'estate il 70% della popolazione adulta in Europa», quando i ritardi rendono questa percentuale del tutto irrealistica. Dopo le sue dichiarazioni, non si è degnata di ascoltare tutti gli interventi degli europarlamentari ma, come al suo solito, se ne è andata rapidamente. «Mi aspettavo che la von der Leyen ci spiegasse cosa non è andato e che cosa farà per recuperare», commenta Marco Zanni, europarlamentare della Lega. «Il più grande difetto dell'Ue è l'incapacità di riconoscere i propri errori e di correggere la rotta in tempo», ha poi aggiunto. La presidente «ci dica gli obiettivi realizzabili» e per quale motivo «non è in grado di stilare un contratto o di farsi rispettare dalle case farmaceutiche».