2023-01-16
Lucio Caracciolo: «Tra russi e ucraini vincono gli Usa»
Lucio Caracciolo (Getty Images)
Il direttore di «Limes»: «Gli Stati Uniti hanno diviso Mosca da Pechino e interrotto la dipendenza dell’Europa da Vladimir Putin per l’energia. Washington non ha interesse a far terminare una guerra che logora i propri avversari».Lucio Caracciolo, direttore di Limes, la più prestigiosa rivista di geopolitica. Tracciamo un bilancio della guerra in corso. L’Ucraina è distrutta. La Russia ha perso 100.000 uomini e sta con un pugno di mosche in mano. La Nato ha gli arsenali vuoti. L’energia in Europa costa un occhio. Hanno perso tutti?«Qualcuno no! Ma già dalla sua descrizione si capisce che ci sono, se non altro, diversi livelli di sconfitta o di “non vittoria”. Il paese più danneggiato è sicuramente l’Ucraina. Seguito dalla Russia. Con una differenza fondamentale. La Russia aspira a essere una grande potenza mondiale e quindi se è in difficoltà, ed è in difficoltà seria, tutto ciò che sta intorno ne risente. Se l’Ucraina invece diventa una sorta di buco nero, è un problema soprattutto regionale. Quando dico regionale, intendo l’Europa centro-orientale della quale in qualche misura facciamo parte anche noi». Dagli Stati Uniti arrivano segnali di stanchezza? Molti analisti fanno notare che la visita di Zelensky non si sarebbe conclusa con un assegno in bianco di Washington.«Gli Usa non sono certamente gli sconfitti di questa guerra. A questo mi riferivo prima. Ed è chiaro che sono assolutamente decisivi nel tenere viva la resistenza ucraina. È anche noto che negli Stati Uniti ci sono idee molto diverse circa la conduzione e gli obiettivi di questa guerra. Il Consiglio per la sicurezza nazionale è molto più falco del dipartimento di Stato. Fazioni o idee diverse agitano anche il Pentagono e l’intelligence. L’impressione è che l’America comunque non abbia una speciale fretta nel finire questa guerra, perché di obiettivi nel frattempo ne ha raggiunti almeno tre. L’elenco è goloso». Facciamolo…«Il primo è avere messo in luce le differenze interne all’intesa Cina-Russia che alla vigilia della guerra veniva presentata come senza limiti. Quindi rivedere in qualche modo divise Pechino e Mosca può essere annoverato come un buon successo a livello strategico globale. Un altro successo notevolissimo consiste nella fine dell’interdipendenza energetica, almeno per ora, tra Germania e Russia e più in generale tra l’Europa (quindi anche noi) e Mosca. Dal punto di vista americano era strategicamente importante che la potenza russa e quella tedesca, qualitativamente differenziate, non si integrassero e magari anche d’intesa con Pechino, costituissero un’alternativa all’egemonia americana in Europa. Tutto ciò che divide i tedeschi e gli altri europei dalla Russia è più che benvenuto. Infine, perché interrompere una guerra in cui il tuo nemico si logora?». Washington ha sempre voluto recidere questo cordone ombelicale fra Europa e Russia. Pure Trump avvertiva la Merkel che era stufo di spendere soldi per i soldati americani in Germania che avrebbero dovuto difenderla dalla Russia con cui faceva affari. Insomma, noi il gas di Putin d’ora in avanti lo vedremo con il binocolo…«Non ci metterei la mano sul fuoco. Penso vi siano parecchi interessi in Germania, ma anche in Italia e in altri paesi d’Europa che insisteranno perché alla fine della partita, in un modo o in un altro, una Russia un po’ ammaccata possa restare comunque un partner. Credo si possa immaginare un ripristino parziale delle forniture russe di gas all’Europa. Compresa al limite la futura ricostruzione del gasdotto baltico. Al momento la via commerciale più rodata che ancora lega la Russia all’Europa, se si esclude quel poco che residua in Europa centrale, passa dalla Turchia di Erdogan».Di sicuro a sabotare Nord Stream non possono essere stati i russi. Che interesse avevano?«Neppure i tedeschi, allora. Ma attenzione. Non sempre domina la razionalità. Spesso ci si spara sui piedi. Il principio del “cui prodest” è molto discutibile. Secondo la logica, dovrebbero essere stati gli americani o gli inglesi, ma siccome mi pare difficile che questo possa essere dimostrato, non lo sapremo mai. Quello che conta è che oggi il collegamento diretto tra Germania e Russia è saltato e quindi l’idea russo-tedesca di aggirare l’Europa centrale, in particolare l’Ucraina, attraverso il Mar Baltico, non funziona».L’Italia non può cullare l’ambizione di essere la porta di ingresso di tutto il gas del Mediterraneo in Europa? La Germania lo era per il gas russo. Dall’Italia potrebbe arrivare il gas algerino o libico. Ma anche da Egitto o Israele.«C’è gas e gas, nel senso che vi sono paesi del Mediterraneo comunque legati alla Russia. Ma in questo momento ognuno pensa al suo gas. A ciò che serve al fabbisogno interno. Non si pensa in questa fase - che ci auguriamo passeggera -al fabbisogno altrui. Non mi farei illusioni su gasdotti del Sud. Se da un punto di vista americano c’è un’ostilità marcata sulla connessione Germania-Russia, ve n’è una meno pronunciata a vedere l’Italia come porta di ingresso da Sud di un gas che alla fine arriverebbe anche indirettamente dalla Russia. Penso a ciò che dovrebbe arrivare via Turchia da Russia o Azerbaijan. Sarebbe una sorta di macedonia asiatica dietro cui si nasconde il gas russo. Tutti i governi italiani si sono scottati su South stream».Nel suo libro La pace è finita ha paragonato il 2022 al 1989. Ora ciò che è crollato dal Muro di Berlino in poi lo sappiamo. Con la guerra in Ucraina cosa crollerebbe? «Nel 1989 è cominciata a finire la pace. La guerra fredda è stata la pace, quantomeno in Europa. Dopo l’89 ricomincia la guerra in Europa. Dieci anni di guerra jugoslava e insieme a questa tanta instabilità e disintegrazione. Chiunque prenda una carta d’Europa del 1989 si rende conto di quanto siano aumentate le frontiere. Di quanto si siano segmentati alcuni territori. Oggi in Europa abbiamo un numero indefinito di Stati. Più di una cinquantina. Prima avevamo due imperi (americano e sovietico) che si marcavano reciprocamente con la Germania divisa al centro. Torna l’instabilità in Europa e con essa la possibilità della guerra. Con l’Ucraina abbiamo un’ulteriore svolta».Cioè?«La Russia è passata alla controffensiva. Per la prima volta una potenza nucleare, la più importante al mondo, invade un paese europeo. Con esiti per il momento più che discutibili, dal suo punto di vista».In questa guerra la Russia ha dimostrato tutti i suoi limiti militari. Cosa rimane dell’armata rossa?«Infatti, si parla di armata russa e non rossa. La Russia ha vinto contro Hitler grazie al fattore demografico. Stalin ha potuto e voluto sacrificare milioni e milioni di concittadini mentre l’attrezzata Wehrmacht era quello che era in termini di soldati. In Ucraina, in una “guerra di attrito” la demografia è fondamentale. E in prospettiva può diventare determinante a favore dei russi, sempre che siano disposti a battersi sul serio e sempre che gli ucraini non abbiano sufficienti armamenti dalla Nato». La Germania ha meticolosamente costruito la sua politica industriale per decenni con l’euro e il rapporto consolidato con la Russia. Ma ora si è arresa subito. Se l’aspettava?«Lei attribuisce alla Germania un pensiero strategico che non ha. Lo sviluppo del formidabile sistema tedesco costruito dopo la Seconda guerra mondiale verteva su criteri essenzialmente economicistici. O comunque politico-morali. Un’idea di società o di economia. Ma non di potenza. Idea che traspariva invece nell’industrializzazione della Germania guglielmina o hitleriana. La Germania - più ancora dell’Italia - ha introiettato l’idea occidentale e americana di scordarsi il passato pensando che la pace fosse eterna. Non a caso i tedeschi hanno introiettato lo slogan “Wandel durch Handel”. Il cambiamento attraverso il commercio. Suona bene e fa rima. Ma non cambi il tuo interlocutore col commercio. Ogni riferimento alla Cina è voluto».L’Unione Europea com’è strutturata con i tempi che corrono?«Può funzionare con il bel tempo, non con il cattivo. È stata pensata per quello. L’ideologia europeista si basa su intrecci economici, scambi e libertà di movimento. Tutto il contrario di ciò che avviene in tempo di guerra. Guarda caso, è la logica tedesca. Di per sé già diversa da quella francese. Mi interessa rilevare, e non è una coincidenza, che ormai Ue e Nato si sovrappongono quasi perfettamente. L’Europa è quindi parte di un progetto paraimperiale, se così si può dire, americano».Invece il governo Meloni com’è strutturato per i tempi che corrono?«La signora Meloni ha un’idea molto precisa: oggi più che mai stare con l’America. Qualcun altro nel governo è forse meno d’accordo. Ma non possiamo difenderci da soli. E la signora Meloni è abbastanza scaltra nell’aver capito che non abbiamo grandi libertà di movimento».Perché il Ponte sullo stretto di Messina secondo lei è un importante progetto dal punto di vista geopolitico oltreché economico?«È un affare geopolitico. L’economia non ci obbliga ad avere un ponte. La Sicilia è nel cuore del Mediterraneo. Dove Turchia e Russia sono molto presenti. Connettere la Sicilia ha un valore simbolico elevato. Una leva per combattere il declino demografico e industriale del Sud».A proposito di missili, lei ne ha sparato uno non da poco. Sembra assodato che il missile sparato in Polonia a novembre fosse ucraino e lei invece ha ribadito che era un missile russo fatto passare per ucraino perché nessuno ha interesse alla guerra. Allora era Mosca a volere la guerra?«Era un missile russo finito lì per sbaglio. Non per scatenare la guerra. Non a caso Mosca ha espresso un apprezzamento per il modo professionale con cui gli Usa hanno gestito la vicenda».Nasce il blocco Russia, Cina e India che fanno affari assieme pur non avendo un’intesa geopolitica.«Se tre paesi (Cina, India o Russia? Andorra, San Marino, Vaticano?) non hanno gli stessi interessi geopolitici, non possono formare un blocco. Fanno affari e si manipolano a vicenda. Punto. Immaginare che vi sia una sorta di trilaterale Cina-Russia-India è esagerazione. Mai come ora ognuno per sé e nessuno per tutti».
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Un uomo ha travolto pedoni e ciclisti gridando «Allahu Akbar» sull’isola d’Oléron, nella Francia occidentale. Dieci feriti, tre gravi. Arrestato dopo aver tentato di incendiare l’auto con bombole di gas. Indagine per tentato omicidio, esclusa per ora la pista terroristica.