2022-04-27
Londra alza la tensione fino al limite: «Colpire il territorio russo è lecito»
Lloyd Austin e Tony Blinken (Ansa)
Il sottosegretario britannico alle Forze armate sdogana l’attacco anche sul suolo di Vladimir Putin. Sergej Lavrov replica: «Faremo lo stesso con i Paesi Nato», evocando il nucleare. Gli Usa strigliano il Cremlino: «Irresponsabili».Sta salendo pericolosamente la tensione nella crisi ucraina. Uno dei picchi è stato raggiunto ieri, in un duro botta e risposta tra Londra e Mosca. Il sottosegretario alle Forze armate britannico, James Heappey, ha dichiarato che «non è necessariamente un problema» se l’Ucraina usa armi fornite da Londra contro obiettivi collocati in territorio russo. «Il fatto è che l’Ucraina era un Paese sovrano che viveva pacificamente nei propri confini e poi un altro Paese ha deciso di violare quei confini e portare 130.000 soldati in quel Paese», ha detto. Il sottosegretario ha proseguito, affermando che è «completamente legittimo che l’Ucraina prenda di mira in profondità la Russia, per interrompere la logistica che, se non fosse stata interrotta, avrebbe contribuito a provocare morte e carneficina sul suolo ucraino». Il ministero degli Esteri russo ha replicato che Mosca potrebbe prendere di mira quei Paesi occidentali che stanno rifornendo l’Ucraina di armi. «Fornendo le armi all’Ucraina, la Nato è già entrata in una guerra per procura contro la Russia», ha detto inoltre il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, evocando il rischio di un conflitto nucleare: parole, queste, definite «irresponsabili» dal capo dello stato maggiore congiunto americano, Mark Milley. Ieri, il responsabile del Pentagono, Lloyd Austin, ha frattanto presieduto un vertice nella base di Ramstein con i leader militari di oltre 40 Paesi, per coordinare l’assistenza a Kiev contro le forze di Mosca.La tensione, insomma, sta crescendo. E, in tutto questo, è chiaro che la questione non potrà essere risolta, finché le grandi potenze non decideranno di spingere le parti in conflitto a un accordo. Uno scenario, questo, che sembra assai lontano. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di voler «aiutare l’Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia», oltre a cercare di «indebolire» Mosca. Dall’altra parte, la Cina si è finora guardata bene dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina e dall’esercitare una reale moral suasion sul Cremlino, per ridurre l’escalation. Il punto è che la crisi in atto si rivela il tragico sintomo di uno scontro per l’ordine internazionale. L’asse sino-russo è su posizioni revisioniste e punta a picconare l’ordinamento emerso dalla fine della Guerra fredda: un obiettivo che Washington e Londra, dal canto loro, non sono disposte ad accettare. L’aumento dell’escalation è quindi da attribuire (anche) a queste dinamiche. Del resto, se Cina e Russia puntano molto sul tentativo di dividere internamente la comunità transatlantica, Washington ha sempre più intenzione di incunearsi tra Germania e Russia, per sfatare l’incubo che fu di Halford Mackinder di un’Eurasia in grado di marginalizzare geopoliticamente Gran Bretagna e Usa (a proposito: ieri Interfax riferiva che la Bielorussia sta completando il processo di adesione all’analogo cinese del sistema Swift). Che il raggiungimento di un accordo sia sempre più lontano, è testimoniato dagli scarsi risultati dei tentativi di mediazione condotti ieri su più fronti. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è recato a Mosca, dove ha incontrato Putin e Lavrov. Durante il vertice, proprio quest’ultimo ha detto che è troppo presto per discutere di una mediazione nei colloqui tra Mosca e Kiev, pur dicendosi (un po’ genericamente) aperto all’eventualità di una soluzione diplomatica. Guterres si recherà domani a Kiev. L’Onu, va detto, si è mossa un troppo tardi in questa mediazione. Inoltre ogni suo tentativo diplomatico risulta indebolito alla radice a causa delle divisioni che si registrano in seno al Consiglio di sicurezza tra il fronte anglo-americano e l’asse sino-russo. Scarsi risultati sembrano essere stati conseguiti anche dalla telefonata, tenutasi sempre ieri, tra Putin e Tayyip Erdogan. Il leader turco ha chiesto un cessate il fuoco e dei corridoi umanitari, tornando a proporre un incontro a Istanbul tra lo stesso Putin e Volodymyr Zelensky. Non è del resto un mistero che il tentativo di mediazione turco sia stato, oltre a quello della Santa Sede, uno dei più significativi. Ankara ha del resto numerosi interessi in ballo in questa crisi: è un membro della Nato ed è una storica sostenitrice di Kiev, ma intrattiene al contempo legami con Mosca sul fronte dell’energia e della difesa. Il punto è che la Turchia non ha la forza di arginare le tensioni che innervano lo scontro tra super potenze. Nonostante le tensioni, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha fatto sapere ieri che gli Usa sarebbero aperti un’intesa che veda l’Ucraina nazione «neutrale».La situazione resta preoccupante anche al di là del solo fronte diplomatico. La Bielorussia ha annunciato che terrà esercitazioni militari aeree congiunte con la Russia fino a venerdì, mentre stanno crescendo le fibrillazioni per le esplosioni in Transnistria, la quale ha alzato il «livello di minaccia terroristica». La Polonia ha frattanto comminato sanzioni contro le aziende energetiche russe Gazprom e Novatek, mentre Mosca ha espulso ieri tre diplomatici svedesi, accusando inoltre la Croazia di tenere una linea «anti russa».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)