2019-08-30
L’ombra di Bibbiano si allunga su Verona Aperta un’inchiesta
Dopo la denuncia di un ex dirigente Usl si muove la Procura.Alla «Verità» parla una professionista: «Qui qualcosa non va». «Ci sono degli approcci alle problematiche famigliari che non va bene...». A parlare con la Verità è una professionista titolata che lavora per l'Usl di Verona. Non vuole che si sappia il suo nome, ma il suo racconto è molto dettagliato e parla di un sistema di gestione dei minori che non funziona come dovrebbe. Specie per quanto riguarda le famiglie naturali più fragili e, magari, in difficoltà economiche. «C'è un target particolare», dice l'operatrice. «Famiglie particolarmente disagiate, generalmente non radicate nel territorio, che hanno delle difficoltà dal punto di vista sociale, economico e culturale». Ad avere difficoltà sono soprattutto loro: le famiglie che «non sono in grado di difendere la propria condizione, a volte costrette a rinunciare agli avvocati perché costano troppo». Secondo la nostra fonte, «generalmente è la madre la parte debole. Di solito viene in qualche modo giudicata dai servizi sociali. Faccio l'esempio di una situazione che abbiamo seguito. Abbiamo avuto una signora che era stata picchiata dal marito, il quale è finito poi in carcere. I servizi sociali hanno considerato la madre poco adeguata perché secondo loro aveva un rapporto simbiotico con la bambina di 8 anni. Secondo i servizi, se una madre si fa picchiare non è adeguata a crescere una figlia. Di fronte a vicende come queste mi chiedo da che parte stia il servizio sociale». La signora che parla con noi non vuole alzare i toni, le sue valutazioni sono molto misurate, e anche profondamente sentite. La nostra fonte sceglie le parole con estrema cura: «Diciamo che c'è una attenzione scadente riguardo alle situazioni di difficoltà delle madri. E poi il bambino non viene messo al centro. Ci sono sempre delle soluzioni che tendono a mettere a lato il bambino, non c'è attenzione per le loro relazioni e la loro sofferenza», spiega la professionista. E aggiunge: «La sensazione è che ci sia scarsa sensibilità nei confronti delle condizioni famigliari disagiate, mettiamola così. Nel senso che è come se venissero giudicate la mancanza di lavoro, la casa inadeguata... Come se fossero un motivo sufficiente per portare via i bambini. Viene fatta una valutazione su dei criteri che non sono criteri educativi o relazionali». Il modus operandi dei servizi sociali che la donna descrive riguarda la provincia di Verona, ma è comune a molte realtà di cui ci siamo occupati in questi mesi, dopo l'esplosione dell'inchiesta «Angeli e demoni». La professionista veronese parla di «situazioni di disagio che non sono accolte e non sono difese». E tocca un altro tasto dolente: «Da un punto di vista economico si tende a optare per una soluzione costosissima come quella della comunità a fronte di situazioni dove potrebbe essere molto più semplice mandare un consulente alla famiglia, un educatore». Ecco, in estrema sintesi, il quadro: i bambini vengono tolti di frequente a famiglie che sono fragili o, più semplicemente, in difficoltà economiche. Invece di seguire madri e famiglie con attenzione attraverso educatori, si preferisce togliere i figli ai genitori e mandarli in comunità molto costose per il servizio pubblico. La denuncia che abbiamo raccolto fa il paio con un'altra, riportata qualche settimana fa dall'Arena di Verona. In quel caso a parlare è stata una «ex dirigente dell'Usl Scaligera» recentemente andata in pensione. Si tratta di una donna che ha lavorato per 25 anni nei servizi veronesi e che avrebbe visto personalmente «dieci casi di allontanamento dei bambini dai propri genitori privi di motivazioni corrette». Avrebbe inoltre appreso di «molti altri episodi, a decine, da parte di colleghi». Il repertorio sarebbe sempre il medesimo: «Bambini prelevati a scuola, senza informare i genitori» e consulenti «che fanno ospitare i minori sempre nelle stesse strutture». A seguito di questa denuncia, che ha sollevato un polverone in città, sono iniziate le indagini (e qui va detto che le istituzioni venete sono state più celeri rispetto a quelle emiliane). Come riporta il Corriere del Veneto, sul tema degli affidi famigliari «c'è l'inchiesta della Procura (pur senza indagati e senza ipotesi di reato) e c'è quella, interna, da parte dell'Usl. E c'è anche una presa di posizione ufficiale dell'assessore regionale ai Servizi sociali, Manuela Lanzarin». Quest'ultima ha fatto sapere di avere «dato mandato alla Direzione regionale dei servizi sociali di verificare la situazione degli affidi nel proprio territorio» e di «aver incaricato l'Usl Scaligera di approfondire e controllare eventuali situazioni controversie». La Lanzarin spiega di avere «inviato le segnalazioni relative alla Procura della Repubblica». L'assessore, però, non ha gradito la denuncia anonima: «È contrario alla deontologia professionale che una ex dirigente muova delle accuse così gravi restando nell'anonimato. Avrebbe dovuto denunciare i propri sospetti durante il suo incarico. Non posso accettare che venga gettato fango, in modo gratuito, su come vengono gestiti gli affidi in Veneto». Non ha tutti i torti: bisognava denunciare prima. L'importante, però, è che ora i luoghi oscuri vengano finalmente illuminati. Se ci sono - come ci ha raccontato la nostra fonte - famiglie colpite per il solo fatto di essere povere, bisogna che i servizi sociali cambino modo di lavorare e che si facciano controlli seri e approfonditi sui bimbi tolti alle famiglie e inviati in comunità. È opportuno dunque che la Procura abbia iniziato a indagare (anche se per ora non si parla di specifici reati), ma serve anche un'azione politica. A dire il vero anche il Pd , tramite la consigliera Anna Maria Bigon, ha chiesto chiarimenti alla Regione. Il punto, però, è che i dem mirano soprattutto a difendere i servizi: «Il sistema veneto dei servizi sociali» , dice la Bigon, «ha formato negli anni una fondamentale e positiva rete di famiglie affidataria. Queste ombre rischiano di minare la credibilità di quanti si prodigano per trovare una soluzione a carenze educative e a difficoltà famigliari che possono compromettere il futuro di tanti bambini». Se si parte da premesse simili, tuttavia, è difficile far emergere i problemi. Ecco perché ci si augura che la Regione a trazione leghista vada fino in fondo.
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