
Il libro di Sergio Giraldo svela bugie e problemi legati alla retorica pro veicoli elettrici.L’auto a batteria non è esattamente una cosa nuova e ci siamo arrivati non tanto per via dello sviluppo tecnologico, quanto per una decisione tesa a orientare la storia. L’idea di cambiare il corso degli eventi si applica oggi molto meno ai rapporti sociali e molto più alla tecnologia. Ma, in questo caso, la scelta di un mezzo tecnologico come l’auto elettrica ha motivazioni e impatti sociali. «Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene» non è solo una sagace battuta (di Eugène Ionesco, non di Woody Allen). È anche l’affermazione che le azioni dell’uomo nella storia ora si esercitano in un campo diverso, quello della tecnologia, ed è la tecnologia ad alterare i rapporti sociali.L’auto elettrica compare ai primi del Novecento come prodotto che cerca di soddisfare un bisogno: la mobilità individuale. Ma scompare dall’orizzonte dell’utilità quando il motore a scoppio alimentato a benzina si dimostra migliore in tutto, dai costi alla praticità, dall’autonomia all’affidabilità. Oggi l’auto elettrica ricompare sulla scena non perché sia migliore nel soddisfare il bisogno della mobilità, bensì perché si è deciso di sopprimere l’auto con il motore a combustione interna.Una decisione che utilizza il viatico degli accordi di Parigi del 2015 come strumento per imporre una svolta tecnologica obbligata. Una svolta che in realtà assomiglia assai a un tornante, imposto dal blocco politico-finanziario-industriale tedesco di fronte alla crisi del suo settore automobilistico. Si tratta di un intervento che sovverte il corso del progresso tecnologico come lo immaginiamo, giacché per imporsi l’auto elettrica ha bisogno del divieto di circolazione delle altre tecnologie e di sussidi statali. L’auto elettrica viene imposta, non si impone. Viene pretesa nonostante gli oggettivi problemi che questa comporta, dai limiti del sistema di ricarica all’impatto sui lavoratori dell’Occidente industrializzato, dai costi alle influenze sulle reti elettriche (trascuratissime), dalla privacy alla sicurezza. […]I requisiti sugli obiettivi intermedi di decarbonizzazione stabiliti dalla Ue non sono facili da raggiungere. Essi costringono le case automobilistiche a muovere gli investimenti in modo drastico verso le catene di fornitura e la produzione di veicoli elettrici, per evitare di essere penalizzati dall’acquisto di crediti che avvantaggerebbero la concorrenza. Dal punto di vista del regolatore, il meccanismo è ben studiato, anche perché è evidente che i cicli di investimento in una industria complessa come quella dell’automobile richiedono tempo per essere avviati e per dare risultati. Dal punto di vista del consumatore è un disastro. […]L’auto elettrica è un prodotto che arriva ponendo più problemi che soluzioni, più costi che vantaggi, più limiti che libertà. Non si nega che l’auto elettrica abbia dei lati positivi: ad esempio, l’efficienza energetica tank to wheel del motore elettrico è di gran lunga superiore a quella del motore endotermico. L’accelerazione delle auto con motore elettrico poi è davvero inebriante (anche se così dannatamente silenziosa). Ma è parecchio di quello che sta intorno al motore elettrico a essere inefficiente, dunque costoso. Non è escluso che presto o tardi si arriverà a risolvere molti dei problemi che oggi frenano l’auto elettrica. Ma, come stiamo cercando di dire, la questione non è tecnica: è politica. […]Dal punto di vista industriale il Green deal, con il suo carico di obblighi e divieti, rappresenta una turbativa del mercato che spinge in alto i costi. La sostituzione obbligata dell’esistente con tecnologie nuove è sicuramente più costosa del business as usual: se certi investimenti non sono stati fatti sino a un certo momento, è perché non erano economicamente vantaggiosi. Non c’era mercato per essi.Nel tempo, sistemi tecnologici nuovi si sono imposti sul mercato perché, in aggiunta o in alternativa al costo più basso, risolvevano un problema o portavano un vantaggio in termini di risparmi di tempo, migliore efficienza, facilità di costruzione, di uso, di reperibilità, di conservazione e quant’altro. In questo caso siamo in presenza invece di un cambiamento tecnologico che punta a risolvere un problema, le emissioni di CO2 (peraltro in maniera illogica), creando costi più alti e una lunga serie di problemi: dalla minore producibilità nella produzione di energia elettrica alla dipendenza dalla Cina per i minerali critici, dalla mancanza di infrastrutture di ricarica alla chiusura di intere filiere dell’industria automobilistica, e così via. […] Nei fatti, il passaggio all’auto elettrica si sta traducendo in un rimescolamento delle carte dello sviluppo industriale. Le case automobilistiche occidentali hanno perso la loro capacità di guidare il settore e ora devono abbozzare, cercando accordi con l’industria cinese, mentre Pechino osserva l’aumento dell’influenza della propria industria nel mondo. […] È chiaro che è necessario trovare un equilibrio tra tante esigenze diverse. Ma da tempo ormai organismi sovranazionali politicamente irresponsabili e asseritamente tecnici sono passati da regolare il mercato a regolare la vita delle persone. In questo delicato passaggio sta il problema dell’auto elettrica. Perché l’automobile, piaccia o non piaccia, è il veicolo sul quale viaggia una parte importante della nostra libertà. E non vogliamo restare a piedi.
Sora Lella (Ansa)
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