2019-01-25
Lo stop del M5s alle trivelle lascia il gas dello Ionio ai «nemici» francesi di Total
La maggioranza congela le prospezioni per 18 mesi. Però lo sfruttamento del giacimento italogreco procederà sul lato di Atene. E a goderne sarà Parigi.La guerra tra Italia e Francia fa altre vittime: sono il gruppo di Collecchio e i nostri allevatori. Saremo invasi dal loro latte e avremo anche la beffa di aver pagato multe salatissime per le famose quote, dopo aver distrutto la zootecnia nazionale.La Bce non intende rialzare i tassi per tutto il 2019 e potrà anche ricorrere alle aste di lungo periodo. La crisi del manifatturiero tocca la Germania: paga il rallentamento cinese nell'auto.Lo speciale contiene tre articoli.Mai fino a ora il governo era stato così vicino a una crisi politica come quella di mercoledì sera. Secondo fonti governative di entrambi i partiti della maggioranza, a oltre sette mesi dal suo insediamento, l'esecutivo Conte ha seriamente traballato sul nodo delle trivelle. Un nodo che si è risolto durante un vertice notturno lasciando però dietro di sé uno strascico che si farà sentire durante le elezioni in vista: sia le Regionali che le Europee. Non a caso Matteo Salvini ha sintetizzato così: «Da oggi cominciamo a imporre dei sì, diremo no solo agli sbarchi».Per il momento la pace politica è stata raggiunta depositando un emendamento radicalmente riformulato. La proposta di modifica al decreto legge Semplificazioni è stata presentata nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato alla riapertura dei lavori.In pratica, fino all'adozione di un piano definitivo in tema di perforazioni ed estrazioni energetiche sono sospesi i procedimenti amministrativi «relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione e di ricerca». Sono fatti salvi i procedimenti «in corso o avviati successivamente alla data di entrata in vigore» del decreto legge semplificazioni, relativi alle istanze di: 1proroga di vigenza delle concessioni di coltivazioni di idrocarburi in essere;2 rinuncia a titoli minerari vigenti o alle relative proroghe; 3sospensione temporale della produzione per le concessioni in essere; 4riduzione dell'area di variazione dei programmi lavori e delle quote di titolarità.La sospensione «non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore» del decreto legge. Resta inteso che «nelle more dell'adozione del piano», si legge nella proposta di modifica, «non è consentita la presentazione di nuove istanze di conferimento di concessioni di coltivazioni».Il ministro Sergio Costa, che dopo essersi rifiutato di firmare il testo originario ha fatto saltare il banco ieri ha celebrato l'emendamento: «Questi 18 mesi servono per togliere l'articolo 38 dello Sblocca Italia che considera la trivellazione come la priorità strategica del Paese Italia. Penso che non sia una priorità strategica. Bisogna mettere a frutto questi 18 mesi per costruire quello che chiamo un pensiero nobile ambientale ulteriore».Se ancora non fosse chiaro, la direzione dettata dai 5 stelle porta a una politica che vede nelle perforazioni il nemico. Una politica che rischia di trascinare l'Italia in una direzione problematica. Non certo perché i canoni delle concessioni aumentano di 25 volte ma perché il decreto, che le associazioni di categoria del comparto energetico hanno soprannominato «Maduro», contiene due punti di instabilità industriale.Nel testo, si legge nel comunicato diffuso dall'associazione di estrattori «Per l'Energia nazionale», «si dispone un blocco indiscriminato di tutte le procedure amministrative, anche di quelle regionali, in barba al titolo V della Costituzione. A valle di questo blocco, lo Stato dovrà approvare un piano regolatore degli idrocarburi sulla base di criteri vaghi tra i quali non figurano né criteri di natura scientifica, né criteri legati al fabbisogno».Soprattutto, le future concessioni perderanno i titoli di pubblica utilità. Il che renderà la trattativa con i Comuni e con i privati, proprietari di lotti di terra interessati alle perforazioni, un terno al lotto. Chiunque potrà fare trattative individuali rendendo la possibilità di sviluppare infrastrutture energetiche un ideale remoto e molto difficile da raggiungere. Non a caso anche i sindacati del settore hanno lanciato l'allarme. «Sbagliato e controproducente». La segretaria generale della Femca-Cisl, Nora Garofalo, bolla così l'accordo raggiunto dalla maggioranza. «Diciotto mesi di moratoria, che possono diventare addirittura 24, e canoni più alti di 25 volte», spiega Garofalo, «si tradurranno in una crisi del settore. Inoltre, ci preoccupa seriamente il futuro dei 15.000 addetti - tanti sono i lavoratori diretti e dell'indotto delle trivellazioni - e che coinvolgono regioni quali la Emilia Romagna, le Marche e giù fino alla Sicilia».All'interno di tutta la polemica ambientalista, manca un dettaglio che è quello che rischia di rendere la vicenda paradossale. Nelle acque a Sudest di Santa Maria di Leuca c'è un giacimento di gas. Il suo nome in codice è «Fortuna prospect». Per metà è in territorio italiano e per metà in quello greco. Con la moratoria sul nostro versante tutto viene congelato. Il governo greco che già è più avanti rispetto a noi non ha alcun obbligo di far fermare i lavori. In questo modo le aziende che hanno in concessione il blocco greco non appena inizieranno a perforare potranno appropriarsi anche del gas italiano. «In Grecia i titoli sono già stati assegnati», spiega alla Verità, l'avvocato David Turco che rappresenta la concessionaria italiana Global Med, «e i dati della sismica (il carotaggio prospettivo, ndr) sono già disponibili. Si stima che il Fortuna prospect possa avere una dimensione assimilabile a quello egiziano di Zohr. Una tale incertezza rischia di favorire altri player». E proprio qui sta il paradosso: il 50% della concessione greca è in mano ai francesi di Total. Da un lato i 5 stelle attaccano la Francia e denunciano il colonialismo praticato da Parigi. Sono in atto profonde tensioni attorno all'acquisizione dei cantieri di Saint Nazaire da parte di Fincantieri e il governo per assecondare una fetta di ambientalista rischia di tagliare il ramo (energetico) su cui sta seduto. Parigi cerca di bloccare l'espansione dei cantieri e noi forniamo loro le chiavi della cassaforte energetica del mare Ionio. Forse l'aggettivo paradossale è un po' limitativo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-stop-del-m5s-alle-trivelle-lascia-il-gas-dello-ionio-ai-nemici-francesi-di-total-2626993546.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lactalis-fa-a-pezzi-parmalat-e-stalle-italiane" data-post-id="2626993546" data-published-at="1757343633" data-use-pagination="False"> Lactalis fa a pezzi Parmalat e stalle italiane Per i francesi il latte è un prodotto coloniale. E il gigante Lactalis si sta comportando come un colonialista. Nella tensione Italia-Francia irrompe la guerra delle mozzarelle, degli yogurt, del parzialmente scremato. Parmalat scomparirà affogata in Lactalis: noi saremo invasi da latte francese e avremo la beffa di aver pagato multe salatissime per le famose quote latte dopo aver distrutto la zootecnia nazionale e di perdere l'ultimo grande polo agroalimentare nel settore lattiero caseario. È l'ennesimo regalo delle privatizzazioni di Romano Prodi e dell'Europa che piace tanto a chi ci ha governato negli ultimi venti anni. A scatenare la guerra del tetrabrick sono i francesi che - come ha anticipato il quotidiano confindustriale il Sole 24 ore - hanno già predisposto l'ammaina bandiera italiana a Collecchio. La Parmalat - l'impero creato e distrutto da Calisto Tanzi autore di una gigantesca «stangata» a danno di piccoli azionisti, allevatori e imprenditori dell'indotto complici i politici della prima e della seconda Repubblica - sarà smembrata e il più grande gruppo italiano (si fa molto per dire) finirà in nove tronconi per poi essere definitivamente smantellato. Bisogna partire un po' da lontano per capire: Calisto Tanzi grande finanziatore della politica della prima Repubblica che sponsorizzava la Formula 1 e il Parma calcio che distribuiva dividendi e prebende ha fatto bancarotta complice il sistema bancario e gran parte dell'establishment democristiano. E certo Romano Prodi prima come presidente dell'Iri, poi come presidente del Consiglio molto avrebbe da raccontare e spiegare. Il buco della Parmalat che è stato il più grade scandalo finanziario d'Europa divenne conclamato quando Tanzi - condannato poi a 17 anni - fu costretto ad acquistare la Eurolat di Cirio che Sergio Cragnotti aveva ricevuto dalla privatizzazione Cirio Bertolli De Rica orchestrata da Romano Prodi. Per evitare il crac della Parmalat che avrebbe messo sul lastrico migliaia di allevatori, ma che comunque provocò il dissesto per decine di migliaia di piccoli azioni fu fatta una legge speciale e la società affidata a Enrico Bondi. Poi si affacciarono i francesi che rastrellando quote e lanciando un'Opa totalitaria (cioè erano pronti a comprarsi tutte le azioni) dopo che invano Giulio Tremonti allora ministro dell'Economia aveva cercato di varare norme antiscalata per salvaguardare l'italianità del gruppo. Si scrisse allora che i francesi avevano indebitato la Parmalat per comprarsi la Parmalat. E dal 2011 lavorano al progetto si smantellare il gruppo lattierocaseario più importante d'Italia. L'ultima mossa prima dell'annuncio dell'addio a Collecchio (sede storica di Parmalat) è stato il delisting: cioè l'acquisto totalitario del capitale per togliere le azioni Parmalat dalla Borsa di Milano. Fatto questo siamo all'epilogo. La famiglia Besnier azionista di maggioranza di Lactalis ha annunciato che tutte le attività di Parmalat saranno trasferite per quanto attiene le direzioni commerciali, strategiche e di prodotto a Laval, un paesone sulle rive della Loira dove Lactalis ha il suo quartiere generale. Ma non solo Emmanuel Besnier ha fatto trovare il 9 gennaio scorso a tuti i dipendenti Parmalt una email asettica nella quale spiega che il Gruppo sarà smembrato in 9 divisioni: il quartier generale di Collecchio sarà smantellato e confluirà in Lactalis Italia che già controlla Galbani e con tutta probabilità a Galbani verrà demandata tutta la produzione casearia italiana. Di Parmalat resteranno tre divisioni di prodotto (formaggi, ingredienti e prodotti freschi), cinque divisioni di distribuzione su base geografica e una divisione che si occuperà dell'export. Non si sa se le attività estere saranno salvaguardate ma è assai probabile che saranno tutte assorbite dalle diverse «filiali» Lactalis nel mondo ivi compresa Parmalat Brasile che è un colosso. Finisce così la storia di Parmalat. L' iniziativa dei francesi - peraltro ampiamente prevedibile - è certamente un atto ostile verso la nostra economia. L'uscita di scena di Parmalat mette in grave difficoltà il nostro comparto zootecnico anche se per la verità da anni i francesi sono coloro i quali hanno determinato la crisi del prezzo italiano praticando un dumping sistematico. Ma è quasi scontato che ora ci saranno ancor più massicce importazioni di latte francese. Il ministro per l'agricoltura Gian Marco Centinaio, che è in missione in Cina, dove ha firmato un importante accordo sull'agrumicoltura, sta seguendo da vicino gli sviluppi del caso Parmalat, ma da quando i francesi hanno conquistato il cento per cento del capitale di Parmalat c'è poco da fare. Forte preoccupazione è stata invece espressa dalle organizzazioni agricole. Da Coldiretti, Cia, Confagricoltura viene un appello perché sia salvaguardata la produzione nazionale. Anche perché Emmanuel Macron ha promesso agli allevatori francesi che il latte sarà pagato tenendo conto dei costi di produzione. E se Lacatlais è costretta a comprare latte francese non ci sarà più posto per quello italiano che già oggi viene pagato meno di 35 centesimi al litro che non compensano i costi di produzione. Nella disfida Roma-Parigi per ora un colpo mortale lo hanno messo a segno i francesi. Ed è significativo che le reazioni della politica siano così tiepide: i vecchi politici anche se traghettati nella nuova Repubblica sul caso di Collecchio hanno più di un nervo scoperto. Ma domani qualcuno si renderà conto che stiamo svendendo uno dei comparti fondamentali della nostra economia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-stop-del-m5s-alle-trivelle-lascia-il-gas-dello-ionio-ai-nemici-francesi-di-total-2626993546.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="indici-pmi-di-tutta-leurozona-in-calo-e-draghi-riapre-i-cordoni-della-borsa" data-post-id="2626993546" data-published-at="1757343633" data-use-pagination="False"> Indici Pmi di tutta l’eurozona in calo e Draghi riapre i cordoni della borsa All'inizio del 2019, l'economia dell'eurozona si avvicina alla stagnazione, registrando la crescita più debole della produzione in cinque anni e mezzo insieme al primo calo della domanda in più di quattro anni. L'indice Pmi composito dell'eurozona preliminare di gennaio (quello che misura lo stato di salute dell'economia europea o, più nello specifico, di alcuni settori), elaborato come di consueto da Ihs Markit, si è infatti attestato a 50,7 punti, in calo rispetto ai 51,1 di novembre e sotto le aspettative di consenso da parte della comunità finanziaria a 51,5 punti. Lo stesso vale per l'indice preliminare relativo al settore dei servizi che si è invece attestato a 50,8 punti, in discesa rispetto ai 51,2 del mese precedente (51,6 punti in consenso). Giù anche quello manifatturiero a 50,5 punti dai 51,4 di dicembre (51,4 punti in consenso). Entrando nel dettaglio dei singoli Stati, il Pmi manifatturiero preliminare della Germania è sceso a 49,9 punti rispetto ai 51,5 di dicembre (51,4 punti il consenso). L'indice preliminare relativo ai servizi tedeschi è invece salito risultando pari a 53,1 punti, in ripresa rispetto ai 51,8 di novembre (52 punti il consenso degli analisti). Gli indici Pmi relativi alla Germania hanno visto «il settore manifatturiero entrare in territorio di contrazione a gennaio, con la presa ordini che continua a peggiorare, con il calo piú brusco su base mensile dal 2012». Lo fa notare Phil Smith, principal economist di Ihs Markit, secondo cui «la debolezza del comparto auto è l'elemento più riportato, con un rallentamento in particolare degli ordini dalla Cina». Non a caso, la Germania ha tagliato le previsioni sul pil 2019 all'1%. Contrastati anche i dati francesi. Il Pmi manifatturiero della Francia è risultato pari a 51,2, risalito rispetto ai 49,7 del mese precedente (49,8 il consenso). Infine, l'indice Pmi servizi francese si è attestato a 47,9 punti, in discesa rispetto ai 48,7 di dicembre (51 punti il consenso). Le imprese del settore privato francese hanno registrato un ulteriore calo della produzione durante il primo mese del 2019. Questa decelerazione è la più significativa degli ultimi quattro anni e ancora peggiore di quella di dicembre esacerbata dalle proteste dei gilet gialli, afferma Eliot Kerr di Ihs Markit. I dati poco confortanti sull'economia dell'Europa sono arrivati poche ore prima della consueta riunione del consiglio direttivo della Bce in cui l'istituto guidato dal presidente Mario Draghi ha reso nota l'intenzione di lasciare i tassi invariati fino all'estate del 2019. Bruxelles ha quindi preferito mostrare una politica attendista, sperando di avere le idee più chiare nel prossimo consiglio di marzo, quando saranno disponibile le nuove proiezioni macroeconomiche. In parole povere, ha spiegato Draghi, la «forward guidance» sta facendo il suo lavoro e i mercati stanno facendo il lavoro della Bce rendendo più espansive le condizioni dei mercati dell'area euro. Del resto, Draghi è stato molto chiaro: non ci sarà nessuna modifica ai tassi fino a quando l'inflazione non arriverà intorno a quota 2%, quando cioè l'economia del Vecchio Continente sarà ripartita. Per il 2019 la Bce non intende dunque rialzare i tassi. Ciò significa che, salvo sorprese, le prossime modifiche saranno decise dal successore di Mario Draghi, il cui mandato scade il 31 ottobre di quest'anno. Secondo gli analisti, il prossimo rialzo arriverà nella prima metà del 2020. Ad ogni modo, non c'è da preoccuparsi troppo. Se da un lato è ormai chiaro che l'economia europea sta rallentando, Draghi ieri ha sottolineato che il rischio di una recessione è molto basso. Ciononostante l'andamento dei singoli Paesi non deve però essere ignorato perché la contrazione di una parte dell'Unione potrebbe allargarsi all'intera area. «In nessun senso può essere un evento verosimile», ha aggiunto ieri Draghi. Se però la situazione dovesse precipitare, il presidente della Bce ha detto che potrà ricorrere alle aste di lungo periodo (eventi in cui vengono erogati prestiti quadriennali alle banche dell'Eurozona con rendimento di poco superiore a quello del tasso di riferimento, cioè molto bassi). Ha aggiunto, però, che sono escluse senza eccezioni misure che puntino a «riparare» problemi di singoli settori o di singoli Paesi. L'Italia, insomma, è avvisata.
Daniel Ortega (Getty Images)
Il governo guidato dalla coppia sandinista Ortega-Murillo ha firmato accordi commerciali con la Repubblica di Donetsk, rafforzando il legame con Mosca e Pechino. Una scelta politica che rilancia il ruolo di Ortega nella geopolitica del Sud globale, tra repressione interna e nuove alleanze.
Abiy Ahmed e Giorgia Meloni (Ansa)