2022-09-10
Lunedì 12 settembre ri-debutta su Nove «Little Big Italy»
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«Little Big Italy» con Francesco Panella (Discovery+)
In un sostrato televisivo dove la cucina è ormai cosa paludata – divertente, forse, ma mai nuova, mai originale – Francesco Panella ha saputo sviluppare la propria narrazione come nessuno, ancora, era stato capace di fare, riuscendo a mescolare tutto e il suo contrario: gioco, intrattenimento, scoperta di personaggi e posti, il viaggio e pure la cucina. Settembre è mese di inizi, di ritorni. Di buoni propositi, pure: un gennaio caduto alla vigilia dell’autunno. È il mese in cui si ricomincia, settembre, e nella frenesia che le ripartenze portano con sé esiste e resiste (anche) quella indotta dal lento riprendere della stagione televisiva. Il suo riaccendersi oltre l’estate, con volti e colori, con programmi che sono diventati un’abitudine, la copertina di Linus stesa sul divano nelle sere di città, a riscaldarci e raccontarci mondi lontani, leggeri, i mondi di Francesco Panella, il cui Little Big Italy ri-debutta su Nove lunedì 12 settembre. Finalmente, è doveroso aggiungere, perché in un sostrato televisivo dove la cucina è ormai cosa paludata – divertente, forse, ma mai nuova, mai originale – Panella ha saputo sviluppare la propria narrazione come nessuno, ancora, era stato capace di fare. Con Little Big Italy, il figlio biondo dell’Antica Pesa è riuscito a mescolare tutto e il suo contrario: il gioco, l’intrattenimento, la scoperta di personaggi e posti, il viaggio e pure la cucina, che è fulcro e pretesto, la miccia usata per accendere un fuoco ricco, di storie personali, di fatica e cultura. Non c’è (solo) la volontà di scimmiottare i «diesci» di Alessandro Borghese, e magari ricalcarne il successo mediatico. C’è, in Little Big Italy, qualcosa che manca altrove: la capacità di articolare il racconto oltre la cucina e i ristoranti. Little Big Italy, diventato a suo modo iconico quanto un 4 Ristoranti, è una gara, innanzitutto. Tre expat, italiani migrati all’estero per volere proprio o di chi li ha messi al mondo, sono chiamati a selezionare altrettanti ristoranti, uno ciascuno. Dovranno scegliere, nella città che li ha adottati, un locale in cui si mangi italiano, e si mangi bene. Allora, avranno un piatto del cuore da ordinare e condividere con gli sfidanti. Uno dovranno mangiarlo in base a quel che il ristoratore a loro caro giudicherà essere il proprio cavallo di battaglia e uno se lo vedranno portare quando Panella, figlio della tradizione culinaria romana, migrato a New York per aprire altri (e fortunati) locali, darà voce alla propria voglia: un fuori menù, una richiesta modulata sui piatti della tradizione italiana, tutta, e poco importa sia lontana dalla cucina che il tal ristorante dichiari di fare. Panella chiederà lo sfincione a chi dica di essere sardo, la cotoletta ai napoletani, una genovese ai veneti. Questi si potranno rifiutare, oppure potranno accogliere la sfida e provare. Sarà Panella, insieme agli sfidanti, a giudicare i piatti provati, assegnando a fine gara un bonus di italianità. Uno fra i tre ristoranti collocati nel tal città estera lo vedrà tornare. Allora, saprà di aver vinto. Come in 4 Ristoranti, solo a termine di una puntata che è, anche e soprattutto, racconto di mondi sommersi. Little Big Italy ha il merito di saper utilizzare la gara come espediente. Qualcosa che giustifichi il racconto di vite altrimenti ignote, di azzardi e fatiche, di valigie chiuse con la speranza di nuovi inizi e radici fiorite su terreni che si temevano aridi. Ed è magnifico scoprire le città del mondo, il rapporto che le lega all’Italia. È magnifico ascoltare le storie di chi ce l’ha fatta, lontano da casa, dalle proprie copertine di Linus. È magnifico essere testimoni, seppur indiretti, del successo altrui, della nostalgia che nonostante tutto lo permea. C’è un Mal d’Italia in Little Big Italy, di cui pochi potevano essere a conoscenza, il racconto in prospettiva di un Paese che – da casa – percepiamo in deriva. È un modo di riscoprirlo, questo Paese macilento, la sua gente, le sue tradizioni, il fascino che ancora esercita su chi lo guarda da lontano. Ed è Panella il Virgilio di questo viaggio, l’unico ad aver saputo dare un po’ di brio, un twist nuovo alla materia culinaria, così come la televisione ha voluto declinarla.
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