2018-08-05
L’Italia ritorna la terra promessa del calcio
La nostra nazionale non partecipa ai mondiali, società storiche falliscono, il Chievo rischia di retrocedere, la Figc è commissariata. Eppure la Juve prende Cr7, il Napoli ingaggia Carlo Ancelotti e l'Inter può tentare uno come Luka Modric. Le ragioni di un appeal resuscitato. Entra in vigore il Daspo digitale. Gli ultras gridano alla «censura». Previsto anche il ritiro dell'abbonamento per chi infrange il Codice stilato dai club. Lo speciale contiene due articoli. Make Italy Great Again! Lo slogan parafrasato di Donald Trump sembra cucito addosso al campionato di calcio italiano. Tra due settimane parte la Serie A e la stagione 2018/2019 è già quella della svolta, prima ancora di iniziare. Nell'estate più buia a livello di nazionale, con la mancata partecipazione dell'Italia alla fase finale dei mondiali (non accadeva dal 1958), con la Figc commissariata per l'incapacità dei vertici del calcio di riorganizzarsi dopo il risultato sportivo più deludente degli ultimi 60 anni, mentre società di solida tradizione falliscono (Cesena e Bari), il pallone italico si scopre di nuovo sexy, come non lo era più stato da almeno un decennio, se non due. L'ultima vittoria di una italiana in Champions League risale al 22 maggio 2010, quando l'Inter del triplete, guidata da José Mourinho, sconfisse il Bayern Monaco nella finale di Madrid. L'Europa League? Una maledizione: l'ultimo trionfo italiano risale addirittura a 20 anni fa, stagione 1998/99. Il torneo si chiamava ancora Coppa Uefa, vinse il Parma di Alberto Malesani. Da allora, buio pesto. Eppure, quest'anno, il miglior calciatore del mondo, Cristiano Ronaldo, e il miglior allenatore (secondo molti, Carlo Ancelotti, hanno scelto la Serie A. Non solo: le squadre italiane sono protagoniste di un calciomercato scoppiettante. La Juve, con il colpo Ronaldo, ha sorpreso tutto il mondo; l'Inter sta mettendo su uno squadrone, e sta tentando di regalarsi un super top player come Luka Modric; il Milan sembra tornato ai bei tempi di Silvio Berlusconi e ha appena presentato Gonzalo Higuain e Mattia Caldara, arrivati a Milanello in cambio del ritorno di Leonardo Bonucci alla Juve e una vagonata di milioni; il Napoli ha convinto Ancelotti a tornare in Italia dopo nove anni trascorsi all'estero, dove ha vinto tutto: non solo è entrato nella leggenda per aver portato al Real Madrid l'agognata decima Champions (la terza del ct) ma ha anche conquistato lo scudetto in Inghilterra (Chelsea), Francia (Psg) e Germania (Bayern Monaco). Lo stesso Napoli del parsimonioso Aurelio De Laurentiis sta tentando di riportare «a casa» una stella del firmamento calcistico come Edinson Cavani. Non ci sono solo gli acquisti a far scintillare la Serie A che sta per iniziare: altrettanto importante è stato riuscire, finora, a trattenere i top player, con l'eccezione di Gianluigi Buffon, approdato a Parigi per chiudere la sua carriera, e Alisson, finito al Liverpool. Un esempio? Mauro Icardi rappresenta un sogno per mezzo mondo calcistico, compreso il Real Madrid. E che ti combina l'Inter? Non solo non lo cede, ma provoca gli spagnoli, corteggiando seriamente Modric. Non è finita qui: Paul Pogba, in rotta con Mourinho al Manchester United, starebbe meditando un clamoroso ritorno a Torino, mentre il croato Mateo Kovacic potrebbe essere strappato al Real dal Milan. Dunque, la Serie A è tornata appetibile. I motivi del ritrovato splendore del nostro campionato sono numerosi. Nell'affare del secolo, l'acquisto di Cr7 da parte della Juventus, molto ha inciso il fattore fiscale. La legge di Bilancio 2017 ha previsto per chi si trasferisce nel nostro Paese una tassazione ordinaria dei redditi di fonte italiana, mentre tutti i redditi prodotti all'estero sono soggetti a un'imposta sostitutiva pari a 100.000 euro per il contribuente principale e a 25.000 euro per ogni familiare al seguito. In sostanza, il faraonico ingaggio percepito da Ronaldo (30 milioni netti l'anno per 4 anni) verrà tassato con le aliquote ordinarie Irpef, mentre sui ricavi esteri pagherà solo 100.000 euro. Il paradosso è che proprio l'esordio del fenomeno bianconero potrebbe saltare. La Juventus dovrebbe affrontare infatti alla prima giornata il Chievo, che rischia però la retrocessione in B nell'ambito del procedimento contro il club per presunte plusvalenze fittizie. Poiché però la sentenza è ancora di là da venire, la squadra che ne prenderebbe il posto nella massima serie, il Crotone, ha chiesto il rinvio del match per evitare di subire un danno. Nonostante i problemi, però, l'Italia è protagonista dell'asfittico calciomercato europeo, con la Premier League che finora ha dimezzato il volume delle operazioni in entrata rispetto allo scorso anno (un miliardo di euro, furono due nell'estate 2017) e la Liga spagnola ferma a 650 milioni, 200 in meno del precedente calciomercato. Fermi anche Psg e Bundesliga, è la Serie A a movimentare la campagna trasferimenti. Non è un caso che nella classifica delle spese per campionato, quest'anno la Serie A ha consolidato il secondo posto in Europa dietro la Premier, con acquisti per 961 milioni di euro quando mancano ancora due settimane alla chiusura del mercato. Il muro del miliardo può essere superato, mentre l'anno scorso in totale le squadre italiane spesero 878 milioni. La ragione del ritrovato appeal del calcio italiano è anche di natura tecnica: l'anno scorso, la Serie A è stato l'unico campionato europeo a restare aperto fino alla fine, con Napoli e Juve che hanno dato vita a un appassionante duello mentre in Inghilterra, Spagna, Francia e Germania i giochi erano già fatti con molte settimane di anticipo. Il fascino della passione italiana fa il resto, contribuendo a diminuire lo spread tra il nostro campionato e quelli del resto d'Europa. Anche il successo dell'asta per i diritti tv testimonia questa inversione di tendenza. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/litalia-ritorna-la-terra-promessa-del-calcio-2592713783.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="entra-in-vigore-il-daspo-digitale-gli-ultras-gridano-alla-censura" data-post-id="2592713783" data-published-at="1757525678" data-use-pagination="False"> Entra in vigore il Daspo digitale. Gli ultras gridano alla «censura» La novità più controversa della stagione calcistica 2018/2019 che sta per iniziare in Italia è l'entrata in vigore del «Codice di gradimento» per i tifosi. Si tratta della possibilità per tutte le società di vietare l'ingresso allo stadio o addirittura di revocare l'abbonamento a quei tifosi che non rispettano il «codice» etico, una serie di regole di comportamento che ciascun club dovrà stilare. Il tifoso, sottoscrivendo l'abbonamento o semplicemente acquistando un biglietto, può ritrovarsi ad aver firmato, anche implicitamente, questo «codice». In caso di infrazione, scatta quello che è già stato ribattezzato dagli ultras «Daspo societario»: al tifoso i cui comportamenti infrangono questo regolamento può essere vietato l'ingresso allo stadio. La novità, introdotta da un protocollo sottoscritto dal precedente governo e dalla Figc, sta scatenando una serie di proteste in tutta Italia. Le lacune, i punti interrogativi, i dubbi sono molteplici. Innanzitutto, ogni società può a sua discrezione introdurre le regole che vuole e farle entrare nel «Codice di gradimento». Cambiare posto all'interno dello stadio, fare volantinaggio anche al di fuori dell'impianto sportivo, parcheggiare l'auto in uno stallo diverso da quello assegnato, contestare la società, perfino criticare sui social network la dirigenza, può essere motivo di divieto di accesso allo stadio o addirittura di ritiro dell'abbonamento. Quest'ultimo è uno dei punti più controversi, con molti tifosi che già gridano alla «censura»: chi sarà infatti scoperto a scrivere su Facebook, Twitter e Instagram insulti ai limiti della diffamazione, potrà essere sanzionato dal proprio club con un richiamo ufficiale e, nei casi più gravi, con la mancata emissione del biglietto o l'abbonamento bloccato. «Queste novità», commenta Emilio Coppola, avvocato specializzato nei reati da stadio, «hanno diverse contraddizioni, la più eclatante delle quali è l'impossibilità di ricorrere contro l'eventuale “daspo" societario. Il provvedimento infatti non è comminato dal questore o da un giudice, ma dal club, a sua discrezione. Non solo. Queste regole», aggiunge Coppola, «sono diverse da società a società, la confusione regna sovrana. Infine, fino a oggi, solo alcune società hanno varato il codice di comportamento: Fiorentina, Brescia, Roma, Atalanta, Udinese, Sampdoria. C'è molta confusione. Basta un gesto dell'ombrello rivolto all'attaccante avversario che sbaglia un gol e si può essere sanzionati con il divieto di ingresso allo stadio». I tifosi più «caldi», quelli delle curve, hanno già cominciato a mugugnare temendo che la norma che entra in vigore con l'inizio del campionato possa portare a un giro di vite. Gli ultras di tutta Italia, al di là delle rivalità, si sono riuniti perciò nei giorni scorsi ad Arezzo per discutere e criticare la novità rappresentata dal Codice di comportamento. Ne è nata una protesta che sta dilagando in tutto lo Stivale, con numerosi striscioni apparsi in molte città. Gli ultras hanno anche stilato un comunicato di fuoco nel quale esprimono le proprie perplessità: «Per la prima volta dopo tanti anni», recita il documento, «il trend negativo della media spettatori è stato finalmente invertito, interrompendo una lunga agonia che durava almeno da un decennio. Il calcio è sempre stato del popolo, e al popolo alla fine sembrava che volessero riconsegnarlo, almeno così ci era sembrato. Purtroppo, tutti oggi stanno scoprendo che la verità è un'altra». Il riferimento è appunto a «un codice comportamentale molto invasivo che nell'intenzione di molti presidenti diventerà una sorta di Daspo societario. Siamo in presenza», si legge ancora, «di una nuova spada di Damocle sulla testa di tutti i tifosi di calcio, imposta fra l'altro sottobanco e in un periodo (quello estivo) durante il quale molti cittadini sono distratti o addirittura assenti». La misura che dà più potere alle società di controllare stadi e ultras, insomma, non ha riscontrato il gradimento del tifo organizzato.
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