2019-09-24
L’Italia all’Onu si inchina ai gretini: «Saremo leader della svolta verde»
Giuseppe Conte si fa impressionare dagli anatemi di Greta Thunberg e di Jorge Bergoglio nel Palazzo di Vetro. E promette il «primato mondiale di Roma nella rivoluzione green». Emissioni zero entro il 2050? Aderiscono 66 Paesi.Atmosfera surreale al Climate action summit a New York, con un buon numero di potenti della terra felici, anzi entusiasti, di essere schiaffeggiati dal comizietto ecofondamentalista di Greta Thunberg: «Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia», ha detto la sedicenne svedese. «Ci state deludendo, ma gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai». E più la ragazzina scagliava anatemi, e più riceveva ovazioni. «Come osate?», ha proseguito. «Le persone stanno soffrendo, stanno morendo, interi ecosistemi stanno crollando. Vi terremo d'occhio. Tutto questo è sbagliato. Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall'altro lato dell'Oceano. Venite a chiedere la speranza a noi giovani? Come vi permettete?». Insomma, l'Apocalisse si avvicina, soprattutto - par di capire - per chi non leggerà il libro che la riguarda, punta dell'iceberg di una serie di furbissime operazioni di marketing costruite intorno a lei. A sorpresa, al summit si è presentato anche Donald Trump, che non era atteso, vista la sua notoria ostilità alle posizioni di integralismo ambientalista. Presenti pure India e Cina, curiosamente risparmiati dalla propaganda gretina, pur essendo tra i Paesi maggiormente responsabili delle emissioni nocive. E non è mancato un videomessaggio di papa Francesco: per dire che a quattro anni dall'accordo di Parigi, «gli impegni assunti dagli Stati siano ancora lontani dagli obiettivi fissati». E così il contentino è arrivato: sessantasei Paesi hanno espresso l'intenzione di raggiungere un'economia a zero emissioni di diossido di carbonio, entro il 2050. Mentre ilprimo ministro russo, Dmitrj Medvedev, ha dichiarato di aver firmato una risoluzione relativa alla ratifica dell'accordo di Parigi sul climate change.C'era anche la delegazione italiana. Terrorizzati dagli effetti devastanti del weekend delle tasse (su merendine, voli aerei, agricoltura), Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno disperatamente cercato di porre rimedio ai loro stessi annunci. Ma - a ben vedere - senza riuscirci del tutto: dichiarazioni sfuggenti, evasive, vaghe. Ha cominciato Di Maio a correggere il tiro, stando accanto a Conte: «L'obiettivo è abbassare le tasse, non aumentarle. Se poi vogliamo disincentivare alcune fonti dannose, lo dobbiamo fare con un progetto di largo respiro». E poi, sorridendo: «Sulle tasse ci vedete in attrito? Non credo», ha concluso il ministro degli Esteri. Analogo tentativo è stato ripetuto da Conte, che ha cercato di attribuire a Bruno Vespa, che lo aveva intervistato ad Atreju, la responsabilità del merendina gate. Come se fosse stato Vespa a inventarsi la proposta del grillino Lorenzo Fioramonti e la chiara apertura dello stesso premier. Ma Conte ha provato a metterla così: «Non creiamo panico sociale. Da una mera battuta di un giornalista a una domanda specifica ho detto “non escludiamo", ma non è una misura definita». E ancora: «Per quanto riguarda la tassa sulle merendine è prematuro dire se decideremo di sì». Si sono viste smentite migliori, a onor del vero. Altrettanto imbarazzo si è registrato quando Conte è stato incalzato su eventuali abbassamenti fiscali. Qui il premier ha messo le mani avanti: «Dobbiamo fare i conti all'ultimo, dipende dalle risorse che riusciremo a creare». Dopo di che, il premier si è lanciato nel suo discorsetto sul clima: «Vogliamo recitare un ruolo da protagonisti sul climate change. Ben bengano gli stimoli delle nuove generazioni. L'Italia vuole assumere un primato, una posizione di leadership nella svolta verde. Con questo nuovo governo abbiamo dato un'accelerazione pazzesca», ha testualmente dichiarato Conte, «per orientare il sistema produttivo verso il green new deal». Temendo altri autogol, il presidente del Consiglio ha rimesso le mani avanti: «Questo non significa ovviamente tassare il nostro sistema produttivo, ma significa creare incentivi per riorientare tutto il sistema in quella direzione». Conte ha pure cercato di vendere l'entusiasmo di Blackrock per questa ipotetica scelta italiana. A proposito del suo incontro con l'ad del fondo, il premier ha detto: «Non è che io debba dare rassicurazioni… È un fondo che investe molto in Italia. I fondi più avveduti nel mondo sono attenti alla qualità degli investimenti, condividono con me il fatto che l'Italia abbia un primato delle energie rinnovabili». Ma c'è da dubitare che ci sia entusiasmo degli investitori per un'eventuale valanga di aumenti fiscali, accompagnati da una raffica di piani pubblici e nuovo statalismo. Infine, Conte ha toccato il tema dell'immigrazione. Non erano ancora chiari i risultati del vertice di Malta, e il premier ha cercato di far passare la narrazione di una buona intesa. Ma - anche qui - disseminando frasi che difficilmente potranno rassicurare l'opinione pubblica, a partire da un autentico autogol dialettico: «Non accetteremo nessun meccanismo che possa risultare incentivante per nuovi arrivi. Non arretreremo di un millimetro». E in effetti mancherebbero solo incentivi a nuovi arrivi… Poi una lunga difesa di Francia e Germania, una specie di excusatio non petita: «Quando ho incontrato Emmanuel Macron, mi ha dato grandi aperture. Non che in passato non ci sia stata sensibilità. Germania e Francia ci hanno risolto tanti casi emergenziali. Ora la novità potrebbe essere un meccanismo che ci sollevi dal fine settimana passato al telefono…». Nella notte italiana, Conte ha preso la parola al Climate action summit. Ma c'è da dubitare che gli elettori risulteranno galvanizzati dalla promessa contiana di un fantomatico primato mondiale green.