2022-11-23
L’ispezione certifica lo scandalo delle coop. Verso lo scioglimento Karibu e consorzio Aid
Aboubakar Soumahoro (Ansa)
Il ministero trova abbandonata la sede dell’ente di Sezze. Mentre per l’altra sigla pro immigrati Confcooperative ha chiesto la cancellazione.La verifica degli ispettori del ministero dell’Imprese e del Made in Italy è iniziata e finita in pochi minuti. Davanti alla porta sbarrata della sede legale della cooperativa Karibu, la coop dei familiari del deputato dell’Alleanza Verdi e Sinistra Aboubakar Soumahoro. Nelle prossime ore gli 007 di via Veneto si recheranno anche presso il quartier generale del consorzio Aid (Agenzia per l’inclusione e i diritti), ma considerato come è andata la prima visita le premesse non sono delle migliori. La sede chiusa si trova a Sezze (Latina), città che la leggenda vuole fondata da Ercole. Il piccolo centro storico è attraversato da corso Umberto e al civico 106 c’è una saracinesca abbassata. Sulla cassetta della posta nera c’è un’etichetta strappata su cui restano poche lettere («soc. c…»). Ieri sulla cittadina pioveva a dirotto e chi scrive è stato costretto a cercare riparo mentre la strada si trasformava in un torrente. Gli ispettori son passati negli stessi minuti e hanno dovuto prendere atto di trovarsi davanti a una sede inattiva. Motivo sufficiente alla divisione ministeriale incaricata della vigilanza sulle cooperative per chiederne lo scioglimento.Vedremo se andrà così. Nel frattempo il destino sembra segnato per l’altra creatura degli affini di Soumahoro, il consorzio Aid. Una notizia che abbiamo raccolto all’interno di Confcooperative, l’associazione delle cosiddette cooperative bianche.Il 17 marzo 2022 la funzionaria Loretta Mobilia ha firmato una relazione di mancata revisione del consorzio Aid. Una prassi normale, visto che tutte le organizzazioni di questo tipo, periodicamente, effettuano ispezioni ordinarie per verificare che le coop associate siano in regola.Ma la Mobilia avrebbe tentato inutilmente di prendere contatti, «per le vie brevi», con il legale rappresentante dell’Aid. Stiamo parlando della presidente, Aline Mutesi, sorella di Liliane, la compagna di Soumahoro. La donna, nata nel 1989 in Ruanda, per il suo incarico, nel 2021, avrebbe percepito un reddito di poco più di 40.000 euro. Gli altri due consiglieri sono la madre, Marie Therese, e il fratello Michel. Ma torniamo alla procedura di Confcooperative. In assenza di riscontri, la Mobilia avrebbe inviato una Pec, regolarmente consegnata, per informare il consorzio della revisione in corso. Successivamente sono state esaminate la visura storica e l’ultimo bilancio da cui emerge che «la cooperativa risulta attiva, le cariche sono regolari, ma il bilancio 2020 non risulta depositato». A questo punto la funzionaria è riuscita a parlare con la Mutesi per informarla della documentazione che era necessario predisporre. Ma l’imprenditrice africana non si sarebbe più fatta sentire. Per questo, otto mesi fa, Confcooperative ha avviato l’istanza di «scioglimento per atto dell’autorità con nomina di un liquidatore».Ma da allora che cosa è successo? Questa la versione di Confcoperative: «Il 17 marzo abbiamo registrato l’indisponibilità del consorzio a farsi revisionare. Nei tempi previsti gli abbiamo ulteriormente intimato, come previsto dalla normativa, di mettersi in regola e dopo un’iniziale collaborazione sono spariti di nuovo. Così, pur avendo tempo sino al 31 dicembre, nei giorni scorsi, abbiamo deciso di richiedere al ministero di avviare la procedura di cancellazione dell’Aid dall’albo». Istanza che dovrebbe diventare immediatamente esecutiva e che è pervenuta in via Veneto a inizio settimana. Ovvero dopo che la vicenda del consorzio era diventata di pubblico dominio e aveva raggiunto una risonanza nazionale.Intanto, ieri mattina, nella sede operativa di Latina della Karibu c’erano sia la presidente, Marie Therese Mukamitsindo, della Karibu (la suocera di Soumahoro), che il figlio consigliere Michel. Poi i due, prima delle dieci, si sono allontanati e gli uffici sono rimasti chiusi a chiave. Un po’ più tardi abbiamo ritrovato la donna presso l’ispettorato del lavoro, dove aveva appuntamento con due ex operatrici che da mesi chiedono il pagamento di retribuzioni arretrate. S.S. reclama 8.000 euro, S.D. (l’ultima a lasciare il posto di lavoro il 31 ottobre scorso) 22 mensilità, tredicesime e Tfr, per un totale di circa 30.000 euro. La presidente si è seduta al tavolo anche con la funzionaria dell’ufficio, Giulia Caprì, e con Gianfranco Cartisano, il sindacalista della Uiltucs che sta portando avanti le vertenze per 26 lavoratori.La Mukamitsindo durante l’incontro si sarebbe consultata a lungo con il figlio e poi avrebbe provato a smarcarsi, pronunciando una frase che Cartisano riassume così: «Verrà il commissario, gli ispettori, quindi è inutile che facciamo questi accordi». Come se desse per scontato che la sua cooperativa sia destinata a chiudere o a passare di mano. Ma l’esponente della Uil avrebbe ribattuto che al momento il datore di lavoro resta la Mukamitsindo. La donna non ha portato con sé le buste paga delle dipendenti, così come le era stato richiesto, e per questo le parti si sono riaggiornate al 29 novembre.«La sensazione è che queste persone attendano che le istituzioni facciano pressioni per far loro ottenere il pagamento di quei crediti che sostengono di avere nei confronti degli enti pubblici», spiega Cartisano. Che continua: «Stiamo cercando di avere un nuovo confronto in prefettura vista l’accelerazione degli eventi. Un tavolo prefettizio a cui far sedere le parti coinvolte, a partire da tutti gli enti che avevano in appalto i servizi della cooperativa Karibu e del consorzio Aid».In queste ore stanno emergendo ulteriori novità. Per esempio abbiamo scoperto che in diversi Comuni della Provincia di Latina starebbero affiorando presunte irregolarità nell’affidamento e nella gestione dei servizi di cui erano incaricati la Karibu e il consorzio Aid.Per esempio i consiglieri comunali di Priverno, Umberto Macci e Marcello Vellucci, hanno depositato presso la locale stazione dei carabinieri un esposto destinato alla Procura penale, a quella della Corte dei conti del Lazio e per conoscenza al prefetto di Latina, Pierluigi Faloni.Nell’atto i consiglieri ricordano in che modo, secondo l’Autorità nazionale anticorruzione, debba essere gestito l’affidamento dei servizi d’accoglienza da parte dei Comuni destinatari di fondi del ministero dell’Interno. A partire dalla necessità di organizzare gare di evidenza pubblica e, sopra certe soglie, con pubblicazione a livello comunitario.Cosa che a Priverno non sarebbe accaduto. Infatti, subito dopo aver richiesto un finanziamento al fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo, il Comune avrebbe ritenuto «opportuno individuare nella cooperativa Karibu di Sezze quale soggetto del terzo settore avente le caratteristiche necessarie per la progettazione e la gestione del servizio di accoglienza integrata a favore del richiedenti asilo e del rifugiati, in linea con il progetto Spar, in quanto soggetto che gestisce analoghi servizi nel distretto del Monti Lepini». Così in tre anni alla coop sono stati assegnati circa 550.000 euro. Alla fine, Macci e Vellucci evidenziano che tutto questo è avvenuto «senza nessuna gara a evidenza pubblica» e chiedono alla Procura e alla Corte dei conti di «verificare la correttezza o meno dei comportamenti assunti».
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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