2024-04-15
L’Iran incendia il mondo. Serve uno stop in Ucraina
Usa e G7 cercano di frenare la reazione di Gerusalemme perché temono l’escalation che conduca alla guerra mondiale. Ma il primo passo è allontanare Mosca da Teheran: l’asse del male si spezza con il cessate il fuoco.Il mondo procede a passi spediti verso una nuova guerra. Non bastava quella in Ucraina, che rischia di estendersi a tutta Europa. E neppure quella in corso a Gaza, con il fronte aperto dagli Hezbollah. Adesso dobbiamo fare i conti pure con l’Iran, che la scorsa notte ha bombardato Israele. Qualche osservatore si rallegra, dicendo che Teheran aveva avvisato con largo anticipo che avrebbe scagliato un centinaio di missili e droni, per reazione all’attacco di Gerusalemme contro la sede diplomatica siriana. In fondo, dicono, gli ayatollah hanno fatto capire che se non ci saranno altre conseguenze, se cioè Benjamin Netanyahu non risponderà con altre bombe, la cosa finirà qui, senza attentati o nuovi scontri. La crisi aperta tra i due Paesi, che da sempre si guardano come cane e gatto, per via dell’eliminazione di uno degli uomini chiave del regime iraniano, è il giudizio degli osservatori, si chiuderebbe in pratica con una specie di pari e patta. Lo stesso Joe Biden pare abbia telefonato al premier di Gerusalemme per raffreddare gli animi, dicendo che tutto sommato non c’è motivo di far parlare i cannoni.Tutto bene, dunque? Non direi. Innanzitutto, perché l’ottimismo mostrato da qualche commentatore non sembra coincidere con quello di Netanyahu, il quale continua a manifestare istinti bellicosi. Nonostante le molte pressioni che gli vengono dagli Stati Uniti e dall’Europa, cioè dai tradizionali alleati di Israele, il premier sembra intenzionato ad andare fino in fondo, sia a Gaza che nei Paesi che appoggiano Hamas. Infatti, non esita a colpire gli Hezbollah in Libano e anche gli ufficiali di collegamento con Teheran in Siria. Sebbene in patria goda di un consenso pari a zero, il premier israeliano non soltanto non molla il governo, come molti anche nel suo Paese gli chiedono, ma neppure lascia la presa su Gaza, intenzionato a farla finita una volta per tutte con i movimenti terroristici. E adesso che, dopo il bombardamento della sede diplomatica degli ayatollah a Damasco, ha provocato la risposta a suon di bombe, Netanyahu sembra intenzionato a dare una lezione anche all’Iran, colpendo i siti dove il regime di Khamenei tenta di costruire la sua prima bomba nucleare, con tutto ciò che ne potrebbe seguire. Infatti, a forza di missili da una parte e dall’altra, il rischio che le scintille facciano divampare un vero e proprio incendio che coinvolga tutta l’area esiste. Finora abbiamo visto scaramucce, con gli Houthi che attaccano le navi al largo del Mar Rosso e tirano razzi contro Israele e le portaerei occidentali, gli Hezbollah che bombardano la Galilea, Recep Tayyip Erdogan che non perde occasione di sganciare parole di fuoco contro Israele per guadagnare qualche punto agli occhi del mondo sunnita e accreditarsi come l’unico sultano capace di tenere a bada America ed Europa. Ma la situazione è talmente delicata che ci vuole niente a scatenare una guerra più ampia, che coinvolga altri attori e costringa l’Occidente a schierarsi. Biden è sempre più restio a sostenere Netanyahu, ma non può mollare il suo tradizionale alleato, cioè Israele, perdendo l’unica democrazia dell’area e soprattutto la sua tradizionale influenza sul Medio Oriente. Dunque, un errore, cioè una bomba di troppo, potrebbe scatenare un conflitto dagli esiti imprevedibili, che ovviamente avrebbe serie conseguenze in tutto il mondo.Non penso solo alla reazione dei Paesi arabi, che già in passato bloccarono le esportazioni di petrolio nei confronti dell’Occidente come reazione alla guerra dello Yom Kippur e al sostegno verso Israele di Stati Uniti ed Europa. L’embargo del greggio potrebbe certo essere una reazione se il conflitto si estendesse oltre Gaza e farebbe danni al nostro sistema economico. Ma oltre a ciò, io temo la nascita di un asse del male, di cui facciano parte oltre alla Russia, l’Iran, la Corea e forse qualche altro Paese. Già ora le democrazie sono una minoranza nel mondo, ma se i focolai di guerra divampassero, il rischio di un incendio che coinvolga più attori potrebbe non essere più un’ipotesi campata in aria. So che diversi analisti ritengono possibile che la guerra in Ucraina porti prima o poi a un coinvolgimento diretto della Nato. Ma qualsiasi persona di buon senso non può che essere allarmata, perché con gli Stati Uniti e l’Alleanza atlantica schierata su quel fronte a qualcuno potrebbe venir voglia di aprirne un altro contro Israele e i suoi alleati e a questo punto la guerra mondiale sarebbe scoppiata. Dunque, urge ancor di più trovare una soluzione per fermare l’escalation. Cominciando con una tregua tra Mosca e Kiev.
Rocco Maruotti (Imagoeconomica)
La fregata italiana F-594 «Alpino» (Novalee Manzella/US Navy)
Per una fregata della Marina Militare chiamarsi «Alpino» potrebbe sembrare un paradosso. In realtà il nome della ASW (Anti-Submarine Warfare) F-594 inviata in queste ore a protezione degli equipaggi della Global Sumud Flotilla dal ministro della Difesa Guido Crosetto, segue una consolidata tradizione. In passato altre navi da guerra italiane hanno portato lo stesso nome. L’attuale fregata FREMM italiana è stata battezzata alla memoria del sergente maggiore del 1°Reggimento Alpini Francesco Solimano (MOVM), caduto sul fronte russo nel gennaio 1943.
La fregata è stata costruita dalla Fincantieri di Riva Trigoso, varata il 13 dicembre 2014 e terminata nell’allestimento nei cantieri di Muggiano (La Spezia). In servizio nella flotta della Marina Militare dal 2016, è attualmente alle dipendenze della Seconda Divisione Navale di Taranto. La «Alpino», FREMM della classe «Bergamini», è lunga 144 metri e larga 19,7 metri. Il dislocamento è di circa 6.700 tonnellate. Spinta da propulsore di tipo ibrido CODLAG (turbine a gas e motori elettrici), è in grado di raggiungere una velocità di punta di 27 nodi (circa 50 km/h) con un’autonomia massima di 45 giorni.
La nave multiruolo è equipaggiata, in configurazione antisommergibile, con un armamento che comprende 2 lanciasiluri trinati WASS B-515 da 324 mm con siluri leggeri MU-90 Impact, missili antisommergibile MILAS. Per la difesa antiaerea monta due cannoni OTO Melara da 76/62 e due mitragliere OTO Melara/Oerlikon 25/80. Due sono i sistemi sonar/radar per la guerra contro i sommergibili: un Sonar di scafo attivo Thales UMS 4110 CL e un Sonar trainato a profondità variabile (VDS), Thales CAPTAS-4 oltre ad una Cortina trainata multifunzione con funzioni di scoperta sommergibili e difesa anti siluro.
L’equipaggio della «Alpino» è composto da 168 uomini e negli anni precedenti ha partecipato a missioni come EUNAVFOR e Mare Sicuro. La fregata è stata inviata per decisione del ministro della Difesa per sostituire un’altra FREMM della classe Bergamini, la «Fasan», attualmente impegnata nella protezione dei cittadini imbarcati con la Global Sumud Flotilla. La scelta è stata motivata dopo aver valutato le capacità operative delle due fregate, ritenendo la «Alpino» più adatta al tipo di missione. Crosetto ha dichiarato che le navi della Marina Militare impegnate nell’operazione di protezione non svolgeranno in alcun modo funzioni di scorta di in caso di tentata forzatura del blocco navale israeliano da parte della Flotilla. Al contrario, la funzione della fregata sarà quella di scongiurare questa eventualità, rimanendo tuttavia pronta ad offrire soccorso in caso di necessità.
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