2021-06-14
«Invito Draghi in discoteca. Così capirà»
Umberto Smaila (Johnny Nunez/WireImage)
L'intrattenitore Umberto Smaila: «Il premier venga, lo farò scatenare in pista e scoprirà che cosa vuol dire vivere di musica Cantare è pericoloso? Lo è di più pensare di testa propria. Ballo con le mascherine? Sì, ma a Carnevale...»«La sinistra si interessa di musica solo quando cantano Bella Ciao. Conoscono solo quella. Il resto del repertorio per loro non esiste. E intanto il mio settore è distrutto». Umberto Smaila, musicista, compositore, una lunga carriera televisiva alla spalle e oggi maestro della musica dal vivo: ci aspetta un'estate densa di incertezze. Con quale spirito i professionisti dell'intrattenimento si preparano ad affrontarla? «Spirito? Dipende dalle giornate. Ci sono giorni in cui ho la carica, altri giorni mi sveglio tristissimo, anche perché non lavoro da un anno. Oggi sono a mezza cottura. Vedo il cielo di Milano dalle mie finestre socchiuse, e mi è venuta una gran voglia di mare. Purtroppo siamo ancora in una situazione surreale, ancora alle prese con questo maledetto coprifuoco senza senso». Deluso dalla gestione della pandemia?«Deluso di come gli ultimi governi si sono comportati nei confronti degli intrattenitori musicali. Con alcuni eccessi deliranti». Per esempio?«Sento dire da sedicenti esperti che è pericoloso persino cantare. Rendiamoci conto. Forse di questi tempi è ancora più pericoloso pensare con la propria testa, e cercare di riunificare quest'Italia divisa in due: guelfi e ghibellini».Cioè?«Da un alto l'esercito degli stipendiati statali che se ne fotte di tutto, e dall'altra legioni di disoccupati. Parliamo di migliaia di musicisti in tutta Italia, tra cui mio figlio Rudy che non lavora da un anno. Ha aperto un panificio con la moglie. Durante il primo lockdown andava in giro in macchina a portare il pane alle famiglie». Aiuti economici sono arrivati? «Ai miei collaboratori non saprei. A me sono arrivati 2.000 euro nel giro di un anno, ovviamente molto meno di ciò che fatturo in tempi normali. Adesso con il contagocce si riaprono cinema e teatri, ma in queste concessioni percepisco il sapore amaro del paternalismo».Come se l'industria dello spettacolo venisse considerato un comparto secondario, di cui francamente si può fare a meno? «Vogliono mettere alla berlina il nostro mondo. È il pensiero unico del feldmaresciallo Letta e del ministro Speranza, che ho affettuosamente ribattezzato Voldemort Speranza. Il generale Figliuolo, a confronto, sembra Nembo Kid». Quale pensiero unico?«Hanno individuato la radice di tutti i mali nella famigerata “movida". Ripetono i dettami dell'ideologia, e i giornali gli vanno dietro. È una pandemia globale, che va dagli Stati Uniti al terzo mondo: cosa c'entra la movida? Il virus si è arrampicato fino ai monti della Sila, e vogliono farci credere che sia partito tutto dal Billionaire di Porto Cervo. Il bombardamento ideologico ha centrato l'obiettivo: molti artisti non si fanno vedere nei locali perché temono di danneggiare la propria immagine». Insomma i sacerdoti del politicamente corretto hanno condannato sommariamente il popolo delle discoteche? «Un po' ci dipingono come ignoranti, ma è il pregiudizio culturale di chi parla per dar fiato alla bocca. Non capiscono che si può ascoltare Mahler e poi frequentare la discoteca. Leonard Bernstein, il grande direttore d'orchestra di West Side Story, è uno che finiva di lavorare alla New York Philharmonic, e poi andava a scatenarsi allo Studio 54, tra whisky e Marlboro». Non ne fa solo una questione di orgoglio professionale, ma anche di politica economica. «L'Italia è un Paese fondato sul turismo. E il turismo estivo si coniuga con il divertimento, cioè il ristorante, il gelato dopo cena, e la serata musicale. Per esempio, Milano Marittima ha una qualità del mare francamente opinabile: ma intorno alla discoteca Pineta si è creato un mondo: commercio, edilizia, affitti. Un'industria che gira. Insomma, quella che in senso spregiativo qualcuno chiama movida, in realtà è un volano dell'economia». Quando tornerà a lavorare nei suoi locali?«Inizierò a fine giugno al Blanca Beach Smaila's di Tropea, e poi al Twiga della coppia Briatore-Santanchè. Non sono il padrone dei locali, non sono mai stato imprenditore. Io ci metto il nome, il marchio, esportando una mia invenzione che si chiama “cena-spettacolo". E quando la musica parte, nessuno riesce a star fermo. Ho fatto ballare qualsiasi celebrità. Anzi, scommettiamo che farò ballare anche Mario Draghi? Lo invito in discoteca, così capirà cosa significa vivere di musica». La musica è una medicina di cui gli italiani non possono fare al meno?«La musica è una cura universale, per il corpo e la mente. E non dico che nei locali non bisogna proteggersi, ci mancherebbe. Ma occorrono regole certe e ragionevoli». Sui locali da ballo le direttive del Cts sono ancora in fase di elaborazione: si entrerebbe con il green pass, ma non è chiaro se ballare sia vietato o no. Magari ci si potrà scatenare, ma con obbligo di mascherina. «Ballare mascherati? Lo accetto solo a carnevale. Un grande caos, e ormai siamo a giugno, fuori tempo massimo». A proposito di regole, che ne pensa dell'ennesimo capitolo della telenovela Astrazeneca? L'ultima circolare del ministero parla di somministrazione solo sopra i 60 anni. «Vivo nell'incertezza come tutti. Devo fare il richiamo a luglio, e ho due figli di 22 e 19 anni già prenotati in attesa del vaccino. Abbiamo bisogno di risposte. E lo dico fidandomi della scienza: anzi, vorrei organizzare una grande campagna mediatica contro i no-vax, con gli artisti più famosi che ci mettono la faccia». Dunque si fida del vaccino?«Non vedo alternative. Se contesti il vaccino, allora smetti di prendere anche l'aspirina e le pillole anticoncezionali. A leggere il bugiardino, gli effetti indesiderati sono gli stessi». Crede nella scienza ma non nei virologi?«Quelli più presenzialisti ci hanno messo il morale sotto le scarpe, come quella cassandra di Galli. Pregliasco ormai vanta più apparizioni tv di Mike Bongiorno: l'altro giorno ha detto carinamente che a settembre arriverà un nuovo picco».Come in Gran Bretagna. Quindi? «Temo non si rendano conto dell'effetto che queste dichiarazioni estemporanee hanno sulla vita delle persone e sulla sorte di interi settori produttivi. E non mi piace che questi personaggi vengano pagati per libri e consulenze. Ti viene il sospetto che più dura la pandemia, più certa gente ci guadagna». Parla quasi da sovranista. «Sovranista? Solo quando gioca la nazionale di calcio. Certamente non sono a favore dell'Europa così come è stata congegnata. E siccome Draghi è sempre stato il lacché delle banche europee, mi regolo di conseguenza. Gli europeisti dicevano che Boris Johnson era un pirla con i capelli a pannocchia: oggi molti, su di lui, pensano l'opposto. Cosa vuole che le dica: navigo tra il nichilismo e l'anarchia». Un anarchico che però è sempre stato legato a Silvio Berlusconi. «Mi posso certamente definire suo amico. Per molti artisti è stato un faro, nonché indubbiamente una fonte di sopravvivenza. Anche per quelli che poi gli hanno voltato le spalle. L'ultima volta che l'ho visto è stato in Sardegna: era venuto da me a cantare, insieme con Bruno Vespa. Spero che torni in piena forma, perché gli voglio bene». Fare il musicista senza stare a sinistra è più complicato?«È possibile. Se non sei iscritto a una certa parrocchia la vita è più dura, lo sanno anche i muri. Ma devo anche ammettere che, dopo duemila programmi in Rai e Mediaset, non ho mai subito censure sovietiche. Neanche quando conducevo Colpo grosso, un fenomeno mediatico che piaceva anche ai frati». Ai frati?«Durante una partita di calcio tra la nazionale artisti tv e una selezione religiosa, l'abate mi si avvicinò e mi confessò che quello show piaceva davvero a tutti. Ebbe in effetti un successo strabiliante».Sebbene per via di quel programma dovette subire molte critiche. «E subito dopo venni anche un po' isolato. Credo sia stata Concita De Gregorio a scrivere che Colpo grosso aveva addirittura reso superficiali le nuove generazioni italiane. Quando poi Repubblica lo inserì tra i dieci programmi storici degli anni Novanta, e Beniamino Placido mi fece i complimenti, in qualche modo mi presi una rivincita. E mi feci una grande risata». Quale periodo della sua carriera ricorda con più nostalgia?«Sicuramente gli anni dei Gatti di Vicolo Miracoli, con Jerry Calà, Franco Oppini e Nini Salerno, con Diego Abatantuono che faceva per noi il tecnico delle luci. Un entusiasmo travolgente. Rimpiango l'epoca in cui avevo ancora il fisico per giocare a tennis tre volte a settimana».E il futuro?«A 70 anni sono diventato nonno, ed è un ruolo che mi dà molta serenità. Per il resto, come mi ricordava il mio amico giornalista Giorgio Medail, tengo sempre a mente un insegnamento: “Viviamo nel migliore dei mondi, nel migliore dei modi"».
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