2022-03-28
Franco Bernabè: «Putin chiuderà i rubinetti del gas»
Il presidente delle Acciaierie d’Italia: «Le sanzioni spingeranno i russi a tagliare le forniture. L’Occidente sottovaluta le implicazioni della guerra del rublo. A una belva feroce devi sempre fornire la via d’uscita».«La disfida del rublo? Rischia di finire male. Vladimir Putin, colpito dalle sanzioni, si trova in una strada senza uscita: non può tornare indietro, e potrebbe fare scelte dettate dalla disperazione». «Esiste un disegno dietro la dipendenza energetica italiana? Chi è senza peccato scagli la prima pietra. E sul gas non è detto che stavolta gli Stati Uniti ci salveranno». Franco Bernabè, ex amministratore delegato di Eni e Telecom, oggi presidente del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia, il maggiore gruppo siderurgico nazionale, mette l’accento sui rischi legati al duello con il Cremlino. Putin pretende che il gas russo venga pagato in rubli. I Paesi occidentali resistono. Come finirà questo braccio di ferro?«Dobbiamo prima comprendere come funziona il meccanismo di pagamento del gas. Non c’è uno spostamento fisico di dollari e di euro ai soggetti russi. I soldi finiscono su un conto della banca centrale russa accreditato presso le banche centrali degli altri Paesi. Ma oggi, con le sanzioni, quei soldi sono congelati». Però quel gas lo stiamo pagando, no?«Certo, e lo paghiamo molto più di prima. Ma quei soldi sono indisponibili per le autorità russe. È come se non ci fossero. Affinché siano utilizzabili, quegli euro e quei dollari dovrebbero essere trasformati in banconote e portati fisicamente in Russia, cosa ovviamente impossibile». Dunque quei fondi non possono essere utilizzati per finanziare la guerra?«Assolutamente no, ed è per questo che Putin chiede di essere pagato in rubli. La sua è una mossa disperata. Gli unici soldi che i russi sono in grado effettivamente di incassare sono quelli esterni al sistema di compensazione europeo e americano: Cina, India, eccetera». Dunque se pagassimo il gas in rubli, i russi potrebbero effettivamente spendere quel denaro?«In realtà non è scontato neanche questo, perché nessuno accetta rubli in pagamento di beni internazionali. Per questo parlo di mossa disperata. Tra l’altro non sono sicuro sia tecnicamente possibile convertire la valuta dei contratti». Sta dicendo che gli europei, anche volendo, avrebbero difficoltà a pagare il gas in rubli?«Tenuto conto di come funziona il sistema di pagamento internazionale, faccio fatica a immaginare come sia possibile. A meno di un colpo di genio del governatore della banca centrale russa Nabiullina…».Allora delle due l’una: o Putin fa marcia indietro, oppure chiude i rubinetti del gas. «È questo il punto. Putin non può fare marcia indietro, perché se decidesse di accettare ancora dollari ed euro, non potrebbe comunque spenderli, per i motivi che le ho detto prima». E dunque con le sanzioni stiamo di fatto spingendo Putin a chiudere i rubinetti?«È possibile. Finora i russi non hanno mai messo in discussione le forniture, ma solo perché potevano contare, per l’appunto, sulle riserve estere. Con le sanzioni, il rischio di interruzione comincia a diventare realistico, seppure ancora remoto. Attualmente i russi si trovano in un vicolo cieco, ma a una belva feroce bisogna sempre ricordarsi di fornire una via d’uscita per scappare. Invece, temo che le implicazioni di questa “guerra del rublo” siano ancora molto sottovalutate in Occidente». E pensare che, potenzialmente, l’Italia avrebbe grandi risorse energetiche. Ma non le sfrutta. «Se guardiamo l’Europa, Norvegia a parte, l’Italia è l’unico Paese che ha riserve di idrocarburi di una certa consistenza. E questo nonostante l’esplorazione nel nostro Paese si sia fermata vent’anni fa, cedendo alle pressioni di comitati civici e ambientalisti». Il risultato è che oggi dipendiamo dalle importazioni. Possiamo chiamarlo «suicidio energetico»?«Sì, con due risvolti: da un lato si sono bloccate le esplorazioni, dall’altro si è fermato lo sviluppo di energie rinnovabili: tutti i grandi operatori attivi nel settore hanno abbandonato l’Italia». È stato un suicidio «assistito», cioè pilotato da qualcuno all’estero? «È il frutto di una scarsa capacità dei governi di elaborare una strategia energetica coerente. Abbiamo lasciato la politica dell’energia in balìa di spinte particolari, locali e a interessi specifici». C’è un disegno a guida russa dietro la mancata indipendenza energetica italiana? «Il fatto che sul piano energetico l’Italia abbia subito interferenze estere è fuori discussione. I Paesi più forti, con uno Stato assertivo e servizi di intelligence invasivi, usano tutti gli strumenti a disposizione per perseguire i propri interessi». Chi ha veicolato in Italia queste interferenze estere? «I soggetti che sono stati permeabili a questo tipo di influenze sono molteplici, e coprono non dico l’intero arco costituzionale, ma quasi. All’interno dei singoli partiti ci sono state interferenze. E ognuno cerca di giocare una propria partita: chi è senza peccato scagli la prima pietra». Per citare Lenin: la Russia sulla politica energetica ha avuto i suoi «utili idioti» in Italia? «Diciamo che c’è molta permeabilità a influenze straniere. I russi hanno una sezione dei servizi segreti specializzata nella guerra cibernetica, un’altra incentrata sulla guerra psicologica, che usa i social media in modo aggressivo. Da noi l’agenzia per la cyber-security è nata solo pochi mesi fa».Secondo un’inchiesta giornalistica francese, per anni, in Europa, partiti e gruppi ambientalisti sarebbero stati finanziati da Gazprom per spingere sul gas russo e chiudere sul nucleare. Pensa sia accaduto anche in Italia? «Parlo solo se ho documenti davanti, e non ne vedo. Ma effettivamente in Italia c’è un attivismo russo importante. Possiamo criticare Mosca, ma la realtà è che in Italia siamo più esposti a questo tipo di condizionamenti, e occorre attrezzarsi. Nei Paesi più deboli, come il nostro, questo tema è stato molto sottovalutato. Anzi, in realtà non ci siamo mai nemmeno posti il problema». Ambientalisti e pacifisti hanno favorito quella subalternità energetica che oggi consente a Putin di finanziare la guerra?«Siamo in democrazia, tutti hanno diritto di esprimere le proprie opinioni. È mancata però l’azione dello Stato, che dovrebbe difendere il perimetro dell’interesse nazionale da condizionamenti esteri. Distinguendo le proteste legittime da quelle strumentali. E compiendo gesti concreti: il fatto che in quarant’anni non siamo riusciti a costruire un impianto di rigassificazione è una carenza terribile dei nostri governi. Ed è conseguenza dell’instabilità politica e di ministri con poca esperienza». È davvero possibile rimpiazzare il gas russo nel giro di tre anni, come sostiene il ministro Cingolani?«Guardiamo alla crisi petrolifere del ’73 e del ’79: c’è stata una reazione fortissima, con un enorme impulso al risparmio energetico. Anche rivoluzionando la progettazione di automobili ed edifici. E così avverrà anche adesso, a patto che i governi abbiano una visione di lungo periodo e non solo di breve». Mario Draghi ha detto che sul gas l’aiuto deve arrivare dagli Usa e dal Canada. Serve un nuovo piano Marshall sul gas liquido, altrimenti siamo condannati al razionamento?«Draghi ha ragione, perché oggi un aumento di disponibilità di gnl è sicuramente utile. Ma negli Stati Uniti hanno più o meno i nostri stessi problemi: infrastrutture bloccate, esplorazioni ridotte. Anche per Biden la situazione è difficile: non basta la sua volontà politica di aiutarci, dovrà superare scogli politici non indifferenti». Lei ha detto che sull’energia «l’Europa deve svegliarsi». In che senso?«Quello che sta avvenendo sui prezzi del gas è responsabilità della Russia, che però ha utilizzato strumenti messi a disposizione dall’Europa. Mi riferisco soprattutto al meccanismo di mercato con cui si fissano le tariffe del gas, oggi basate sul prezzo spot, molto manipolabile. Il punto è che l’Europa ha disegnato un sistema che funziona benissimo quando tutto va bene, ma salta alla prima criticità: come un’automobile che cammina solo sul rettilineo, ma deraglia alla prima curva. Chi ha responsabilità importanti non può pensare che il mondo sia un sistema irenico, dove tutti si vogliono bene per sempre. E questi giorni difficili lo dimostrano». Le associazioni delle piccole e medie imprese dicono che sulle materie prime, acciaio in testa, siamo soggetti al ricatto delle potenze estere. È d’accordo?«L’Italia non ha materie prime, è costretta a comprarle sul mercato internazionale, e su questo non c’è soluzione. Da decenni abbiamo abbandonato i progetti di politica industriale. In fondo le compagnie di Stato si preoccupavano anche dell’approvvigionamento estero: oggi invece facciamo riferimento solo al mercato. E l’Italia, conseguentemente, è rimasta indifesa».
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Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
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