2025-04-30
L’Intelligenza artificiale è stupida perché le manca un cuore intelligente
In un convegno sull’opera del fisico Faggin, sono emersi i rischi legati alla superpotenza della tecnica rispetto all’umano. Con un segnale di speranza: se la nostra bussola resta la «scintilla d’amore», possiamo sopravvivere.Si è svolto al teatro Politeama di Palermo, ieri e l’altro ieri, un importante convegno internazionale sul tema «Coscienza e libero arbitrio». Molti gli scienziati, pensatori, sacerdoti e testimoni nel convegno che ruotava intorno all’opera di Federico Faggin, il fisico e ingegnere che ha sviluppato il primo microprocessore e che ora indaga la dimensione spirituale dell’universo; di lui ci siamo occupati di recente anche su queste pagine. Motore dell’iniziativa palermitana è stata Ester Bonafede; si sono intrecciati linguaggi e temi diversi, scientifici, religiosi, umanistici. Mi era stato chiesto di intervenire da autore di saggi filosofici ed estimatore di Faggin. Sulla sua scorta mi chiederò: cos’è irriducibile alla Tecnica e all’Intelligenza artificiale? Prima di rispondere partiamo da un’osservazione preliminare: la tecnologia da processo di espansione delle facoltà umane si sta facendo processo di sostituzione dell’umano, della realtà e del divino. I due processi non si distinguono ma l’uno rischia di sfociare automaticamente nell’altro, e quando avverrà non ne avremo più coscienza, perché l’automatismo indotto dalla sua rapidità e dalla totale remissione alla tecnica avrà cancellato ogni possibile intelligenza critica. Allora saremo interamente dentro il processo e non ci renderemo più conto dello swicht off dell’umano.Per chi non segue il riduzionismo scientista, la scienza non è una fede ma una ricerca, non è una religione coi suoi dogmi e i suoi comandamenti ma va sottoposta al vaglio critico. Scientia est potentia diceva Bacone, sapere è potere, dice il linguaggio comune. È vero, ma ci sono anche altre due forme importanti di sapere: da una parte c’è il sapere di non sapere, ossia la consapevolezza che ci sono cose che non sappiamo e non potremo sapere: è il «so di non sapere» di Socrate, la dotta ignoranza di Nicola Cusano, la percezione del mistero e dell’ignoto. E dall’altra parte c’è il sapere di non potere, ovvero la coscienza dei propri limiti; non tutto è possibile, bisogna avere il coraggio e l’umiltà di fermarsi, mettere a freno la volontà di onnipotenza e saper commisurare vantaggi e danni per l’umanità e per il mondo. Non perdere mai di vista lo scopo, l’intero, la vita umana. Il sapere ha limiti che sono colti dall’intelligenza critica e dal senso morale.Il problema di oggi, lo ripeto da tempo, non è l’avanzata dell’Intelligenza artificiale ma la ritirata dell’Intelligenza umana, naturale. Ovvero l’incapacità di cavalcare la tigre tecnologica, di orientarla, di paragonare gli effetti e le situazioni, senza lasciarsi trasportare e travolgere. E allora ripropongo la domanda da cui sono partito: cos’è irriducibile alla Tecnica e all’Intelligenza artificiale, ossia cosa non può essere sostituito e replicato dai suoi processi? L’Intelligenza artificiale da sola non può sostituire la forza che muove il mondo e ogni singolo uomo: l’amor che move il sole e l’altre stelle, per dirla con Dante, o per scendere alla musica leggera con Battiato, tutto l’universo obbedisce all’amore. L’Intelligenza artificiale non può sostituire l’amore che è l’incipit di ogni cosa, l’impulso originario, l’inizio, il movente; l’Intelligenza artificiale non prova e non suscita amore, non genera e non è generosa, non accudisce, non si sacrifica, non è ispirata da amore. Ci dovrà essere sempre qualcuno a dare inizio, a dirigere verso uno scopo, a generare, a dare uno slancio. L’amore è vita, e tutto ciò che vive viene da un vivente, omne vivum ex vivo, diceva lo scienziato seicentesco Francesco Redi. La vita non può venire da un dispositivo, da una procedura. L’amore è impulso originario, creativo e procreativo, volontario e necessario, che muove l’universo e noi. Due forze si contendono l’universo, secondo il pensiero antico - pensate a Empedocle il siciliota: l’amore e il conflitto, l’armonia e il contrasto, le forze di attrazione e repulsione. Sul piano della vita, il primo movente coincide con la facoltà di dare inizio, con la decisione, l’intuizione originaria, l’imprimere il primo moto. Ciò che finora l’automa non riesce a generare è l’originalità, lo spirito critico e autocritico, l’ispirazione poetica, la facoltà visionaria e metafisica, lo slancio spirituale, l’imprevedibilità e la deviazione di percorso, la fede e la scommessa. La macchina non si autocrea, non si autodetermina, non ricerca e non agisce «di testa sua». C’è qualcuno che dà l’input, spinge un bottone; c’è un moto iniziale, una forza originaria e misteriosa che chiamiamo conato d’amore. È quel moto originario di attrazione e connessione che governa l’universo, la vita, e la mette in relazione.Ma è anche la forza originaria che ci spinge a vivere, a riprodurci, a conservarci. L’universo ubbidisce all’impulso d’amore. E muove gli uomini, gli animali, le piante, la gravità, i corpi celesti e terrestri. La legge che governa l’Amore è l’insostituibilità degli esseri, dell’essere; ciascuno al suo posto. L’amore è amore dell’essere, per la sola ragione che è. L’amore presuppone il cuore pensante e la mente emotiva, assenti nell’Ia, e il sentimento di fusione, di apertura, di relazione e di unità; il desiderio di proiezione e di protezione. Quindi, le forme significative irriducibili all’Intelligenza artificiale: l’ispirazione poetica, l’originalità e la fantasia creatrice, il pensiero intuitivo, non convenzionale, la vena ironica, il senso del comico e il paradosso, la sorpresa e la commozione che provengono dall’intelligenza in amore. Tra l’Intelligenza artificiale e l’Intelligenza naturale c’è un ponte con due corsie: l’intelligenza scientifica e l’intelligenza critica, l’una fondata sulla ricerca, sulla sperimentazione e sulla scoperta, l’altra sulla capacità di valutare, comparare e selezionare sulla base di altri saperi e altre esperienze. Ma il ponte necessario che consente il collegamento è quel che Dante definiva «intelletto d’amore». Tutto questo in concreto che significa e cosa implica? La necessità di collocare l’Intelligenza artificiale dentro un contesto, un perimetro e una scala; mentre la tendenza corrente è lasciare che sia essa a determinare il contesto, il perimetro e la scala. L’amore agisce nel regno dei fini, la tecnica agisce nel regno dei mezzi. Di questa istanza finora è emersa solo la necessità etica di dotarsi di codici di condotta e regolamenti: è un segnale, ma troppo flebile. Occorre lungimiranza, più sapere umanistico, più umanità, più visione del mondo. Non possiamo escludere che la sostituzione dell’umano, del reale e del divino possa avvenire, siamo uomini e non siamo in grado di capire ciò che verrà al nostro posto; possiamo prevenire, orientare, finché siamo in tempo, poi il processo sfugge dalle nostre mani. Ma a quel punto smette di riguardarci. Parafrasando Epicuro: finché noi siamo, il nostro sostituto non c’è, quando ci sarà «lui» noi non ci saremo. La coscienza che prende a cuore il mondo si chiama amore. Cuori intelligenti, dice Alain Finkielkraut. L’amore muove il sapere e frena il potere, cura l’essere e trascende l’avere. La coscienza mossa dall’amore si fa cuore pensante, e pulsa al ritmo dell’universo. Ecco cos’è irriducibile alla Tecnica.
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Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)