2025-10-24
Trump fa tira e molla con Putin e impone maxi sanzioni al petrolio
La Casa Bianca, dopo aver disdetto il summit a Budapest, apre uno spiraglio: «Non è escluso completamente». Ma The Donald usa il pugno duro e mette nella lista nera i colossi Rosneft e Lukoil. Il Cremlino: «Atto ostile».Il leggendario tira e molla tra Richard Burton ed Elizabeth Taylor era ben poca cosa rispetto al rapporto politico altalenante tra Donald Trump e Vladimir Putin. Dopo essersi riavvicinati per l’ennesima volta, i due presidente si sono nuovamente allontanati: tanto che, l’altro ieri, l’attuale amministrazione statunitense ha imposto delle pesanti sanzioni a Mosca. Ma andiamo con ordine.A seguito di una telefonata tenutasi la settimana scorsa, lo zar e l’inquilino della Casa Bianca avevano stabilito di incontrarsi a stretto giro a Budapest, per un summit finalizzato ad accelerare la conclusione del conflitto in Ucraina. Tuttavia, l’altro ieri, il vertice è stato posticipato a data da definirsi. «Abbiamo annullato l’incontro con il presidente Putin: non mi sembrava giusto», ha dichiarato Trump, per poi aggiungere: «Non mi sembrava che saremmo arrivati dove dovevamo arrivare. Quindi l’ho annullato, ma lo faremo in futuro». In particolare, sembrerebbe che il nodo sia l’idea della Casa Bianca di congelare il conflitto con una tregua più o meno sulle attuali linee del fronte. Davanti alla ritrosia del Cremlino ad accettare una simile condizione, Trump ha preferito rimandare il vertice, per evitare che potesse concludersi con un nulla di fatto, come già accaduto durante il summit in Alaska dello scorso agosto. È in questo contesto che, sempre l’altro ieri, l’amministrazione americana ha optato per un bilanciamento tra bastone e carota.Da una parte, Trump, secondo il governo di Kiev, avrebbe dato il via libera alla fornitura di missili Patriot all’Ucraina. Inoltre, il Dipartimento del Tesoro americano ha varato delle significative sanzioni contro due compagnie petrolifere russe: Rosneft e Lukoil. «Dato il rifiuto del presidente Putin di porre fine a questa guerra insensata, il Tesoro sta sanzionando le due maggiori compagnie petrolifere russe che finanziano la macchina bellica del Cremlino», ha dichiarato il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent. «Il Tesoro è pronto a intraprendere ulteriori azioni, se necessario, per sostenere gli sforzi del presidente Trump per porre fine a un’altra guerra. Incoraggiamo i nostri alleati a unirsi a noi e ad aderire a queste sanzioni», ha proseguito.Fin qui, il bastone. Poi, è arrivata la carota. Il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha infatti teso un (mezzo) ramoscello d’ulivo al Cremlino. «Credo che il presidente abbia ripetuto più volte per diversi mesi che a un certo punto dovrà fare qualcosa se non faremo progressi sull’accordo di pace. Oggi è stato il giorno in cui ha deciso di fare qualcosa», ha detto, riferendosi alle sanzioni statunitensi, per poi aggiungere: «Vorremmo ancora incontrare i russi... Ho avuto una buona telefonata con il ministro degli Esteri Lavrov e ne daremo seguito. Saremo sempre interessati a un dialogo se ci sarà l’opportunità di raggiungere la pace». Non solo. Ieri, la Casa Bianca ha fatto sapere che il vertice tra Trump e lo zar «non è completamente escluso». Putin, sempre ieri, ha replicato definendo le sanzioni un «atto ostile» e aggiungendo di ritenere che non avranno un impatto significativo sull’economia russa. «Il dialogo è sempre meglio di qualsiasi scontro, di qualsiasi disputa o a maggior ragione di una guerra», ha inoltre precisato, poi promettere una «risposta schiacciante» in caso di attacco da parte di missili Tomahawk.Insomma, l’amministrazione Trump sta cercando di tenere una porta aperta per i negoziati sull’Ucraina. Ciò non toglie tuttavia che, stavolta, le misure adottate dagli Stati Uniti siano particolarmente energiche. Reuters ha riferito che le compagnie petrolifere cinesi hanno sospeso l’acquisto di petrolio russo a seguito delle sanzioni, imposte da Washington. Sono inoltre mesi che Trump ha imboccato la strada dei dazi secondari per colpire il greggio di Mosca: un tema, questo, che ha notevolmente raffreddato le relazioni tra Stati Uniti e India. È chiaro che il presidente americano punta a mettere pesantemente sotto pressione la Russia per spingerla ad ammorbidire la sua posizione sull’Ucraina. Ricordiamo che, secondo la Bbc, Rosneft e Lukoil esportano, insieme, oltre tre milioni di barili al giorno. Come che sia, la partita è rischiosa per entrambi i contendenti. Putin rischia di vedere seriamente ridotte le entrate che gli occorrono per finanziare lo sforzo bellico in Ucraina, mentre Trump potrebbe dover affrontare un aumento del costo dell’energia. Queste dinamiche vengono a inserirsi in un quadro più ampio. Putin ragiona secondo un’ottica clausewitziana e, ritenendo di essere in vantaggio sul campo di battaglia, non ha interesse, almeno per ora, a un cessate il fuoco. Non solo. Il fatto che, negli scorsi mesi, Mosca abbia perso influenza sul Medio Oriente e sul Caucaso meridionale ha portato lo zar a irrigidirsi ulteriormente in riferimento al dossier ucraino. Eppure bisogna fare attenzione: proprio il Medio Oriente potrebbe rappresentare la chiave per sbloccare indirettamente la situazione. Sul nucleare iraniano, Trump potrebbe aver bisogno di Putin per avviare e portare a termine delle trattative con Teheran. Dall’altra parte, Putin ha tutto l’interesse a ritagliarsi un ruolo di mediazione tra Washington e la Repubblica islamica per tornare a giocare un ruolo rilevante nello scacchiere mediorientale. Del resto, proprio questo contribuisce a spiegare, almeno in parte, l’estenuante tira e molla che, ormai da mesi, caratterizza il rapporto tra Trump e lo zar. Senza infine dimenticare quella Cina, da cui il presidente americano sta cercando di sganciare il più possibile la Russia.
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)