2025-10-24
Cisgiordania, Vance ferma l’annessione
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Il vicepresidente Usa: «Quella mozione è stato uno stupido stratagemma». E Netanyahu rilancia: «Proposta dell’opposizione». Rubio atterra a Tel Aviv per verificare l’attuazione del piano di pace mentre Trump pensa di allargare gli Accordi di Abramo.La visita del vicepresidente americano J.D. Vance in Israele si è conclusa con una presa di posizione netta contro il recente voto della Knesset sull’annessione della Cisgiordania. «La politica di Donald Trump è che la Cisgiordania non sarà annessa da Israele», ha dichiarato Vance da Gerusalemme, sottolineando che Washington non intende avallare decisioni unilaterali in questa direzione. Il vicepresidente ha definito la mozione approvata dal Parlamento israeliano «uno stupido stratagemma» e ha aggiunto che gli Stati Uniti «non permetteranno a Israele di annettere la Cisgiordania e non sono affatto soddisfatti di questo voto». Intervenendo sulla pista dell’aeroporto di Tel Aviv prima di lasciare il Paese, Vance ha affermato che, se l’iniziativa della Knesset dovesse essere interpretata come «una manovra politica», si tratterebbe comunque di «una manovra politica molto stupida».Poco dopo, è arrivata la replica del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha definito il voto «una deliberata provocazione politica orchestrata dall’opposizione per creare tensioni durante la visita del vicepresidente Vance». Netanyahu ha chiarito che i due disegni di legge erano stati promossi da parlamentari non appartenenti alla coalizione di governo: «Il Likud e i partiti religiosi non hanno sostenuto quelle proposte, ad eccezione di un solo deputato del Likud recentemente rimosso da un incarico parlamentare. Senza il sostegno della coalizione, queste iniziative non avranno seguito». Nel frattempo, il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato a Tel Aviv, dove in serata ha incontrato Netanyahu. Obiettivo della sua missione è verificare l’attuazione dell’accordo raggiunto sulla base del piano di pace elaborato dal presidente Donald Trump, che prevede una graduale stabilizzazione della regione e la definizione di un assetto politico condiviso per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Sul fronte diplomatico, Trump ha rilasciato un’intervista al Time confermando di aver ricevuto la proposta di presiedere il nuovo «Consiglio della Pace», organo che dovrebbe gestire la fase di stabilizzazione postbellica nella Striscia di Gaza. «Mi hanno chiesto di esserne il presidente, non lo volevo fare, ma lo farò», ha dichiarato. Trump si è poi detto ottimista sulla possibilità che l’Arabia Saudita aderisca agli Accordi di Abramo entro la fine dell’anno. «Sì, ne sono convinto», ha risposto al Time. «Credo che siamo molto vicini a un accordo di normalizzazione con Israele. Penso che Riad prenderà l’iniziativa. Ho grande rispetto per il re e sono certo che l’Arabia Saudita aprirà la strada». Secondo Trump, sono venuti meno i principali ostacoli che in passato avevano frenato l’intesa: «Avevano un problema con Gaza e uno con l’Iran. Ora non li hanno più. Non ci sono più minacce. C’è pace in Medio Oriente e credo che gli Accordi di Abramo si espanderanno molto rapidamente. Lo so». Sul terreno, tuttavia, la realtà appare più complessa. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno deciso di ridurre in modo consistente il numero di truppe schierate in Cisgiordania. Lo riporta Ynet, precisando che la misura è oggetto di valutazioni interne e non ancora definitiva. Dopo gli attacchi del 7 ottobre l’esercito israeliano aveva dispiegato migliaia di militari nei territori palestinesi per prevenire nuovi attentati, ma la situazione di sicurezza ora è in fase di riesame. La prospettiva di un ridimensionamento ha suscitato allarme tra i partiti che rappresentano i coloni. Il deputato Zvi Sukkot, esponente del Sionismo religioso, ha scritto al capo di Stato maggiore Eyal Zamir esprimendo forte preoccupazione: «Ho appreso che è stata emanata una direttiva per ridurre del 30% le forze del comando in Giudea e Samaria nelle prossime settimane, con l’intenzione di arrivare in futuro a una completa cessazione delle operazioni. In molte comunità questo rischia di creare gravi vuoti di sicurezza». Sul fronte regionale, Egitto, Turchia e Qatar stanno esercitando pressioni su Washington per evitare la nomina dell’ex premier britannico Tony Blair a capo del previsto «Consiglio di Pace» incaricato di gestire la transizione a Gaza. Secondo quanto riportato dal quotidiano libanese Al-Akhbar, vicino a Hezbollah, la questione è stata discussa in un vertice al Cairo dedicato alla seconda fase dell’accordo di cessate il fuoco. Sempre ieri un funzionario israeliano, citato dall’emittente pubblica Kan, ha inoltre ribadito che l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, «non metterà più piede a Gaza», nonostante la sentenza della Corte internazionale di giustizia che impone a Israele di consentire la distribuzione di aiuti umanitari da parte dell’organizzazione. «Ogni agenzia Onu che ha operato nella Striscia ha fallito o si è lasciata manipolare da Hamas», ha affermato la fonte, aggiungendo che Israele ha trasmesso questo messaggio anche ai suoi principali alleati «per garantire che l’assistenza alla popolazione venga gestita in modo trasparente e sicuro». Mentre proseguono le manovre diplomatiche e militari, la situazione nella regione resta fragile ma in evoluzione. Gli equilibri di potere in Medio Oriente sembrano orientarsi verso una nuova fase di ridefinizione, in cui le intese politiche e gli accordi economici potrebbero assumere un ruolo decisivo per la stabilità dei prossimi mesi.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.