
Un romanzo di Dirk Kurbjuweit, vicedirettore dello Spiegel, ispirato a fatti realmente accaduti, mette in discussione il pregiudizio progressista nei confronti di chi reagisce alla violenza per difendere la propria sfera familiare.Se dici a un radical chic che le sue opinioni progressiste derivano da una posizione di privilegio che lo tiene alla larga da certi problemi, lui si arrabbierà a morte. Poi, però, ogni volta che uno di loro si scontra con la realtà, le pulsioni naturali represse esplodono in modo incontrollabile. Nel caso di Dirk Kurbjuweit, vicedirettore dello Spiegel, la realtà si è presentata nelle parole dell'avvocato di fiducia: «Non penso che la legge possa aiutarti, ma posso rimediarti una pistola». Frasi non facili da digerire, soprattutto quando si ha un certo pedigree democratico. Questa esperienza, realmente avvenuta, ha fornito l'ispirazione per un romanzo del 2013 del giornalista tedesco, che in patria è stato un vero e proprio bestseller, L'ombra della paura, appena uscito in italiano per i tipi di Bollati Boringhieri. Il titolo originale è Angst, angoscia, che tuttavia non è esattamente la stessa cosa della paura, citata nel titolo italiano e inglese: quest'ultima è razionale, ha a che fare con una minaccia determinata. L'angoscia è senza un perché, che è proprio la condizione in cui si trova l'intellettuale liberal quando capisce che il mondo non è esattamente l'idillio buonista immaginato. È quello che ha provato Kurbjuweit, quando uno stalker ha iniziato a perseguitare la sua famiglia. Una storia vera, quindi. La storia di un colto pacifista alle prese con l'invasione della propria sfera vitale. Un anno fa, il giornalista aveva narrato sul Guardian lo choc culturale derivato dalla scoperta che no, non si può sempre aspettare che la giustizia faccia il suo corso, anche perché a volte, semplicemente, questo non accade. «Succedono cose del genere», spiegava, «ne senti parlare. Uno stalker è qualcuno che tutti possiamo immaginare e sappiamo che, se il peggio arriva fino in fondo, la legge è lì per proteggerci. Chiunque sia dalla parte giusta della legge sarà aiutato. È sulla base di questo patto che tutti siamo entrati in contatto con lo Stato. Rinunciamo all'uso della forza, lasciando il monopolio della violenza alle autorità pubbliche, e in cambio la polizia e la magistratura ci proteggono se siamo minacciati». Ma che succede se la legge non può o non vuole farlo? Al giornalista tedesco è stato consigliato di difendere la sua famiglia con una pistola. Lui, l'editorialista pacifista, con la sua «vita borghese civilizzata - famiglia, lavoro, amici, libri - protetta dallo stato di diritto e dalla democrazia» (parole sue), che difende la sua proprietà, la sua famiglia, il suo territorio con un'arma, nella civile e non violenta Germania che ha «imparato la lezione della storia».Il tema non è nuovo, a ben vedere. Paul Kersey, il giustiziere interpretato da Charles Bronson nel celebre film del 1974, è anch'egli un sincero democratico, un ingegnere obiettore di coscienza che, prima di esplodere, sperimenta il fallimento dello stato di diritto. E anche Sam Bowden, l'avvocato perseguitato da un suo ex assistito folle nel film Il promontorio della paura, è un probo cittadino a cui le istituzioni consigliano di farsi giustizia da sé. Nel romanzo di Kurbjuweit, il protagonista esprime bene questo dilemma etico: «La democrazia», leggiamo, «è la forma di governo di chi non vuole o non può ricorrere alla violenza fisica. Forse in passato si sarebbe potuto dire che è la forma di governo dei deboli. In questo senso arcaico del termine, io sono un debole». Poiché siamo in Germania, ovviamente tutto alla fine ha a che fare con il nazismo. Sarà nazista, difendersi? Sarà nazista, la paura? Si comincia a diffidare del vicino invadente e poi, insomma, è un attimo arrivare a Birkenau. Una sera, a cena, un'amica di famiglia, esperta di diritto familiare, a cui la coppia racconta le sue paure, ribalta la situazione e scambia i ruoli di vittime e carnefici. E se la vittima fosse lo stalker? In fondo il protagonista, con la sua famiglia perfetta, lo sta provocando. Il rivale si sarà sentito sfidato dal loro «gergo da nazisti». Ecco il punto: non è solo lo Stato che non capisce l'angoscia del cittadino in pericolo, è anche la società civile. Gli avvocati, gli intellettuali, i giornalisti. È questa solitudine che arma la mano del singolo. Perché, come diceva un altro tedesco, Ernst Jünger, «lunghi periodi di pace favoriscono l'insorgere di alcune illusioni ottiche. Tra queste, che l'inviolabilità del domicilio si fondi sulla Costituzione, che di essa si farebbe garante. In realtà l'inviolabilità del domicilio si fonda sul capofamiglia che, attorniato dai suoi figli, si presenta sulla soglia di casa brandendo una scure».
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






