2018-05-23
L’idolo indiscusso dell’illuminismo era avaro, razzista e anticristiano
I lati meno edificanti del filosofo François Marie Arouet, conosciuto come Voltaire, emblema della tolleranza vengono svelati da un libro. Fu un mentitore e un campione nel gettare fango sui suoi avversari. Disprezzava il popolo e riteneva gli africani inferiori perfino alle scimmie.La modernità, in tutta la sua opera di sabotaggio e di demolizione del passato, ha fatto tabula rasa di numerosi miti, di magnifiche leggende, ma anche di importanti certezze che per secoli avevano costituito l'assetto di fondo della società medievale, feudale, cristiana e contadina.Il Rinascimento con Lorenzo Valla (1405-1457) mise in forse la (falsa) Donazione di Costantino, mentre l'illuminismo coi suoi divi Maximilien de Robespierre, Denis Diderot e Jean-Jacques Rousseau attaccò la (retta) concezione cristiana della politica, della famiglia e della società.Anche i miti servono in verità: si pensi alla funzione pedagogica di tanti miti classici, come quello platonico della caverna. La società cristiana poi, dopo la santa svolta di Costantino (272-337), sostituì pian piano i miti antichi con la storia, le divinità astratte con santi in carne e ossa, le geniali intuizioni dei poeti pagani con le salubri massime della Bibbia.La società umana è sempre imperfetta e dunque perfettibile, ma ciò che gli illuministi portarono nel mondo fu certamente qualcosa di peggiorativo e di violento: ghigliottina e terrore, insurrezione armata, regicidio e genocidio vandeano, il primo genocidio della storia moderna. Fu un moto regressivo non solo dal punto di vista religioso (dal vangelo di Cristo al culto dell'essere supremo), ma anche dal punto di vista della scienza (Lavoisier docet), del diritto e della morale.Il campione di questi exploit fu un idolo canonizzato già da vivo, François Marie Arouet (1694-1778), meglio conosciuto come Voltaire.In Francia, laddove l'idolo nacque visse e morì, già da decenni la sua figura è stata decostruita e ridimensionata. Si pensi alle monumentali opere di Xavier Martin, in particolare Voltaire méconnu (2015) o sul legame tra razzismo biologico e illuminismo volterriano, si veda Naissance du sous-homme au siècle des Lumières (2014). Opere precedute dal manuale intitolato Le Livre noir de la Révolution française (2008), in cui decine di specialisti mostravano in modo didattico tutto il male che questa rivoluzione moderno-contemporanea apportò all'umanità. In lingua italiana scarseggia la letteratura critica e recente su illuminismo, volterrianesimo e rivoluzione francese, anche se da noi resistono le tradizionali analisi dello spirito giacobino gallico. Si pensi alle valutazioni anti-lluministiche di autori come Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Giuseppe Mazzini o Antonio Rosmini.Ora una piccola casa editrice piemontese ha soddisfatto alle esigenze della vera scienza storica e ha dato un contributo importante alla demitizzazione del pontefice massimo dell'illuminismo: Marion Sigaud, Voltaire. Tra propaganda e menzogna, (Antaios, 2018).È noto, anche ai non specialisti, il Voltaire razzista, misogino, antisemita, anticristiano, avaro e affarista. Un esempio per tutti sul suo estremismo verbale, di cui sono colme le sue opere, a partire dal Dizionario filosofico che lo rese celebre. Secondo Wikipedia, Voltaire «afferma l'inferiorità degli africani rispetto a scimmie, leoni, elefanti oltre che agli uomini bianchi». La Sigaud si è dunque concentrata sulle vicende più personali del nostro. Le calunnie sparse da Voltaire sul conto del Reggente Filippo, da lui accusato senza prova di rapporti incestuosi con la figlia (che gli causarono l'imprigionamento alla Bastiglia), l'avarizia imbattibile dimostrata in particolare nella compravendita della tenuta di Ferney, l'odio - il sentimento più tipicamente volterriano - contro il magistrato de Brosses, a cui cercò di impedire l'accesso tra gli accademici di Francia, eccetera.Voltaire fu un mentitore eccellente per tutta la vita. Per lui mentire equivaleva a parlare, dunque si poteva dire di lui: parla, quindi mente. Così, per candidarsi all'Accademia nel 1743 era bene attenuare i violenti discorsi irreligiosi che andava facendo da anni. Scrisse quindi con leggiadria a un prelato: «Posso dire, di fronte a Dio che mi ascolta, che sono un buon cittadino e un vero cattolico, e lo affermo perché, nel cuore, lo sono sempre stato». Perse il posto, ma non lo accettò. «Era fatto così, non sapeva perdere».Divenne accademico di Francia solo nel 1746. Siccome in precedenza, come volevano i costumi del tempo, erano circolati dei pamphlet contro di lui (chi di spada ferisce…), ecco che decise subito, il giorno dopo l'incoronazione, di far censurare dalla polizia i suoi denigratori! E così, «per giorni e giorni, messosi spudoratamente alla testa di un drappello di sbirri, girò in lungo e in largo» per cercare chi far arrestare. Campione della libertà di pensiero? Viene da ridere.L'autrice racconta altre polemiche vissute in vita da Voltaire (il caso Maupertuis, il caso Calas, il caso del Cavaliere de La Barre), ma forse servirebbe a poco farvi cenno. La sintesi è presto detta: «Quando si trattava di odiare, Voltaire non gettava mai la spugna. Mai».Fu un uomo squallido, odioso e odiatissimo, spregevole e iniquo, mentitore per antonomasia, iracondo e sfruttatore di tutti, degli amici e dei nemici, dei ricchi, dei nobili e del popolo, che disprezzò sempre in modo accanito e insensato.Scrisse molto ed ebbe rare capacità descrittive e letterarie, oltre ad una invidiabile cultura storica. Ma se è vero che un santo può essere analfabeta (come proprio in Francia fu il casi con Giovanna d'Arco), è anche vero che un dotto e un letterato può essere il peggiore degli uomini. Il guaio è quando il peggiore diviene l'emblema del progresso, dei lumi e della tolleranza.
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