Noi non dobbiamo niente a nessuno, non dobbiamo inginocchiarci davanti a nessuno. Noi siamo stati vittime di schiavismo: per lunghi atroci secoli i pirati saraceni hanno sottratto schiavi cristiani alle nostre coste e i tartari hanno sottratto schiavi cristiani all’Ucraina e ai Balcani. Il cristianesimo abolisce lo schiavismo sul suolo europeo prima, su suolo mondiale poi. Gli sconfitti militarmente nelle epoche antiche sono gli schiavi: i barbari sono gli schiavi durante l’Impero romano, i latini lo diventano dopo il suo crollo.
Lo schiavo nel cristianesimo diviene servo della gleba: è legato alla terra, ma non può essere abusato sessualmente. Non è padrone del suo tempo, ma è padrone del suo corpo e del suo pensiero. Poi un altro passo. Il servo della gleba sarà affrancato e diventa il povero, che ha diritti ben diversi dal ricco, ma la strada ormai è presa e prima o poi, nel giro di pochi secoli (non è ironico), si arriva inevitabilmente alla parità dei diritti.
Il gesto di San Martino che incontrando un mendicante divide con lui il suo mantello color porpora è, per quei tempi, straordinario. Non è solo un gesto di generosità. Ai poveri, siamo nel IV secolo, erano vietati i colori. I poveri di quel periodo sono assimilabili ai fuori casta indiani. Nel dividere con un povero il mantello color porpora da nobile, Martino viola la legge dell’epoca per riconoscerne l’umanità identica alla propria. Con le grandi scoperte geografiche si incontrano popolazioni diverse, tecnologicamente arretrate, salvo rare eccezioni prive di scrittura, quindi ancora ferme alla preistoria, in alcuni casi ancora all’età della pietra, come nel Nord America e in buona parte dell’Africa, e poi, successivamente, in Polinesia e in Australia.
E rinasce la tentazione dello schiavismo, ma sotto il cristianesimo occuperà pochi secoli, sarà sempre messo in discussione e verrà abolito per azione della stessa civiltà che lo ha generato. Una volta picconato il cristianesimo, il razzismo compare come scelta ovvia: figlio primogenito della Dea Ragione. Trovandosi in mezzo a popolazioni con una tecnologia assai rozza e arretrata, molti europei hanno pensato che costoro avessero una struttura ereditaria più scadente, di qualità inferiore.
Insisto: ci sono caduti in parecchi, da Voltaire a Marx, passando per Engels e Jack London. Si salva solo Melville, con i suoi straordinari «selvaggi antropofaghi» descritti in Moby Dick: Melville ha veramente fatto il baleniere, con quei «selvaggi» ha diviso le cuccette per tre anni, con loro ha lavorato gomito a gomito.
Lui sapeva che erano persone. E poi Melville sapeva che loro come lui erano figli dello stesso Dio, fratelli. Nel cristianesimo, noi che crediamo in Cristo, tutti, siamo fratelli e figli dello stesso Dio. Tutti sono figli di Dio. Il racconto di Adamo ed Eva ci rende tutti parenti e se lo consideriamo come una metafora è una rappresentazione impeccabile di quello che ora la paleontologia ha ricostruito: un unico antenato comune. Un antenato comune vissuto nella Rift Valley, in Etiopia, dove l’umanità è nata per poi spostarsi nell’Egitto e in Mesopotamia, e da lì nel resto del pianeta, un passo alla volta e tutti con un patrimonio genetico simile, perché l’evoluzione umana è talmente recente che ci sono più geni in comune tra un europeo e un aborigeno australiano, i due tipi più distanti, che tra due lupi dello stesso branco.
La teoria poligenica, invece, affermò che quello che sosteneva la Bibbia erano sciocche superstizioni: gli uomini si erano evoluti da razze diverse. Voltaire e un africano non potevano avere un antenato comune. La teoria poligenica evolverà poi in quello che è stato chiamato darwinismo sociale, la teoria delle razze, superiori e inferiori, la pseudoscienza che deformando la teoria di Darwin, creerà la «base scientifica» per il razzismo omicida del XX secolo. Il darwinismo sociale, base «scientifica» del razzismo, non è una scienza, ma una pseudoscienza, cioè è una costruzione mentale di cui non esiste dimostrazione.
«I negri sono esseri inferiori, e se non possono essere schiavi meglio siano uccisi»: lo ha scritto Voltaire. Egli è un apostolo della più assoluta intolleranza. Écrasez l’infâme, schiacciate l’infame, è il suo grido di battaglia; l’ultima frase da lui pronunciata sul letto di morte è: «Odio l’umanità»; di Gesù Cristo scrive: «Odio quell’uomo». Odiare qualcuno che è morto con un supplizio atroce, senza avere mai fatto male a nessuno, è già una prova di una mancanza di etica strutturale. La famosa frase «non approvo quello che dici, ma sono disposto a morire perché tu possa continuare a dirlo», Voltaire non l’ha mai detta, né scritta, né avrebbe potuto: il suo urlo è schiacciate l’infame, e gli infami sono tutti coloro che non la pensano come lui. Gli è attribuita perché di Voltaire si è costruito un santino, una versione apocrifa e idealizzata: spesso le versioni attuali del Dizionario filosofico sono amputate delle parti più razziste e antisemite per non fargli fare brutta figura. Pur di schiacciare gli infami, lo stesso Voltaire raccomanda la menzogna quando utile per screditare gli avversari. Sui nostri libri di storia «scientifici e oggettivi» le colpe dell’Illuminismo scompaiono, quelle del cristianesimo o, meglio, delle sue chiese, giganteggiano esasperate fino al parossismo.
Voltaire è un campione dell’odio, e coloro che odia più di tutti sono gli ebrei. Li odia per la loro fede millenaria, e, come Hitler, per essere la «causa» del cristianesimo. Léon Poliakov, nella Storia dell’antisemitismo, ci parla del suo odio folle per gli ebrei, che è totale, strutturale, senza speranza, condiviso anche da Immanuel Kant, da Hegel, da Montesquieu, e di come i semi della catastrofe finale siano tutti lì.
«È giusto che una specie così perversa (gli ebrei) divori sé stessa e che la terra venga purificata da questa razza», Voltaire. Chiedete e vi sarà dato: tempo meno di due secoli arriverà un caporale austriaco a mettere in atto il progetto. E il mondo si riempirà di orchi, fin oltre l’orizzonte, più atroci e terribili di come Tolkien li ha descritti. Nemmeno le zanne di Alien e lo sguardo vuoto di Terminator riusciranno a imitarne l’orrore. L’Illuminismo è un parricidio e comincia il pensiero woke. L’Illuminismo rinnega la storia precedente a sé stesso, tutto quello che lo ha preceduto, come barbarie assoluta e ingiustificata stupidità. Alla base di questo tipo di pensiero, del tutto irrazionale, c’è il piacere che il nostro cervello prova nel sentirsi superiore a qualcuno. La stessa superiorità millantata dal marxista, dal nazista, dal sessantottino, dal tizio/a con capelli viola/verdi che ci informa con quali pronomi vuole essere chiamato/a. Il cristianesimo era la nostra potenza, ci ha reso invincibili. Stiamo morendo per suicidio, e il suicidio è cominciato con l’Illuminismo, con il disprezzo per il cristianesimo, con la volontà di un branco di anatroccoli del pensiero di sentirsi superiori al cristianesimo. L’orgoglio è la follia che spinge l’uomo alla follia.







