2018-04-11
L’ateismo era roba per gli aristocratici. Ormai è diventato una moda collettiva
Il Novecento ha visto un allontanamento dalla pratica religiosa con l'illuminismo prima e il comunismo poi. Ma l'avanzare dell'islam ci conduce verso la decristianizzazione.Nel mondo di oggi è più facile, almeno in apparenza, essere atei o laici, che non cristiani, pii convinti e devoti. Per la prima volta nella storia, l'ateismo è divenuto un fenomeno veramente di massa, e in Occidente è dilagato in modi inconcepibili solo pochi decenni fa. Le radici dell'ateismo sono antiche, e già nei filosofi classici si trovano alcuni pensatori scettici o relativisti. L'illuminismo prima e il comunismo poi, con le teorie anticristiane di Voltaire, Denis Diderot, Paul Henri Thiry D'Holbach, ma anche Karl Marx, Friedrich Engels, Michail Bakunin e gli altri, favorirono la secolarizzazione della politica e l'estromissione della religione dalla cultura, dalla scuola e dalla società come tale.Malgrado le forti spinte anticristiane del Settecento e dell'Ottocento, l'Europa restò globalmente cattolica, o almeno credente e deista: l'ateismo rimase confinato in piccole cerchie rivoluzionarie, aristocratiche e di nicchia. Il Novecento, invece, oltre al recupero di posizioni perdute da parte della Chiesa (in Italia con il Concordato del 1929, per esempio, ma anche in Portogallo e varie zone dell'Africa e dell'America Latina), segnò, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale (1939-1945), un allontanamento generalizzato dalla pratica religiosa. I vari regimi comunisti diffusi nel pianeta (Urss, Cina, Vietnam, Corea, eccetera) vietavano in toto o in parte la professione pubblica della fede religiosa. Ma accadde che nel mondo cosiddetto libero si affermò una visione assolutamente edonistica, relativistica e materialistica della vita, in cui sembra che dovremo essere prigionieri per sempre. Il Sessantotto fu un anno chiave in tal senso, ed un vero spartiacque tra il prima e il dopo. Un avvertito storico del cristianesimo come Réné Rémond, ha scritto che «il Sessantotto ha modificato in profondità le attitudini, le mentalità, i costumi, i comportamenti della gente e nulla dopo è stato più come prima». Le leggi sul divorzio e sull'aborto, ma anche sull'abolizione della censura e sulla libera pornografia, sono state il simbolo di un cambiamento epocale innegabile e innegato.Nel 1972, in una celebre omelia, Paolo VI descriverà così la crisi della religione in Europa: «C'è il dubbio, l'incertezza, la problematica, l'inquietudine, l'insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. (…) La scuola diventa palestra di confusione e di contraddizioni talvolta assurde. Si celebra il progresso per poterlo poi demolire con le rivoluzioni più strane e più radicali, per negare tutto ciò che si è conquistato, per ritornare primitivi dopo aver tanto esaltato i progressi del mondo moderno». E concludeva con la costatazione che il fumo di Satana, «da qualche fessura era entrato nel tempio di Dio».Quello che pochi colgono, ignorando completamente la lezione di Augusto del Noce, è l'aspetto politico dell'ateismo, e le sue conseguenze sociali (Il problema dell'ateismo, 1965). Se non c'è Dio tutto è permesso, gridava già Fëdor Dostoevskij nel suo tempo, temendo, pur dall'interno, i contraccolpi di un mondo che tendeva a scavalcare Cristo. Oggi è possibile dire che due maschi (amandosi) formino una famiglia. Alcuni, correttamente, aggiungono che sarebbero una famiglia (da riconoscersi come tale) anche tre uomini innamorati. E quattro? Perché allora vietare la poligamia e la poliandria a fronte di coppie poliamorose in continuo aumento in mezzo mondo? Alcuni maschi si sentono femmina, e certe femmine si sentono uomini: e questo è un fatto. Certi genitori poi, conoscendo i loro figli meglio di chiunque altro, opinano che tale bimbo in realtà sia una femmina con qualcosa in più, e così grazie al progresso della scienza, cercano di «aiutarlo», ritardandone lo sviluppo. Almeno potrà scegliere lui liberamente cosa vuole essere…Sono cose note ai lettori della Verità e, in fondo, a tutti coloro che si interrogano sugli aspetti più rilevanti della politica. Questi ultimi non sono il Pil e lo Spread, e neppure la Flat tax o il numero di migranti che possono o non possono transitare sulle nostre coste. Senza una cultura omogenea, che includa dei valori etici di riferimento, è chiaro che oggi, con le manipolazioni scientifiche a basso costo, tutto diviene possibile, o quasi tutto. La religione, e questo moltissimi ecclesiastici aggiornati non lo vogliono capire, è anche un fatto politico. Cambia la religione, cambiano per il fatto stesso i costumi. Ma se cambiano i costumi, ci vorranno nuove leggi, magari antitetiche a quelle di prima. Ma allora, si chiede l'uomo della strada, dov'è la verità? E i giusti comportamenti da tenere? È da apprezzare di più il gendarme francese (cattolico) che offre la sua vita per una sconosciuta, o il medico (laico) abortista che ogni giorno aiuta le sedicenni a uscire dal loro problema? Non è umanamente possibile una politica priva di scelte etiche. E non è possibile non sanzionare più nulla: sarebbe come non avere alcun governo e alcuna legge, ovvero accettare la legge del più forte.C'è un legame tra un certo imbarbarimento delle nuove generazioni e l'assenza di ogni radice morale e religiosa nella loro educazione? L'aver espunto dalla scuola pubblica e dalla storia tutto ciò che ha a che vedere con le nostre bimillenarie radici cristiane, è stato un progresso o un autoaccecamento? In un libretto scorrevole, Giulio Meotti (Il suicidio della cultura occidentale, Lindau, 2018) parla della progressiva islamizzazione dell'Europa, in cui il nome di Maometto (Mohammed) è nella top ten dei nomi dati ai neonati, in molte antiche porzioni della cristianità (Belgio, Olanda, certe zone della Gran Bretagna, eccetera).Ma c'è un fenomeno che è previo all'islamizzazione ed è la decristianizzazione. La natura, seguendo Isaac Newton, ha orrore del vuoto, e tanto più la cultura. Senza identità culturale un singolo uomo è solo ignorante, ma una società intera senza radici e memoria diventa vuota, effimera e servile. Marcello Veneziani ne parla da par suo in un recente sapido pamphlet (Tramonti. Un mondo finisce e un altro non inizia, Giubilei Regnani, 2017). Tra mille tristissime news (non sempre fake) che toccano la Chiesa e il Vaticano, il Papa e il clero in genere, si perde di vista l'essenziale: siamo ancora, vogliamo ancora essere, una nazione di cultura e tradizione cristiana, sì o no? Per gli italianissimi Alessandro Manzoni e Vincenzo Gioberti, Giovanni Gentile e Benedetto Croce la risposta era ovvia e scontata. Ma per gli intellettuali cosmopoliti di oggi non lo è più.L'Italia però si è forgiata da Dante Alighieri in qua, al ritmo della vita cristiana delle sue genti. Dimenticarlo sarebbe un crimine, oltre che una stoltezza.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)