2025-12-02
Berlino frena Ursula sull’elettrico. «Le auto ibride anche dopo il 2035»
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.Insomma, andiamoci piano. Peccato che proprio la Germania sia stata tra i maggiori artefici della norma sul bando dei motori a combustione interna al 2035, mentre il Ppe, di cui la Cdu fa parte, si astenne in massa in Parlamento quando si votò il relativo regolamento nel 2023. Il governo tedesco chiede inoltre che si riconoscano le riduzioni di CO2 ottenute nella produzione, introducendo la valutazione dell’intero ciclo di vita del veicolo. L’uso di acciaio verde, energia rinnovabile in fabbrica e riciclo avanzato, ad esempio, potrebbero rientrare tra gli elementi compensativi. Si tratta del superamento esplicito del sistema attuale, che considera solo le emissioni allo scarico senza badare al Life cycle assessment, un tema su cui peraltro questo giornale insiste da anni.Il compromesso interno alla coalizione tedesca si appoggia anche sul tema assai spinoso della riforma delle pensioni. Il progetto del governo prevede il mantenimento del rapporto tra la pensione standard e il salario medio al 48% anche dopo il 2031, mentre la legge attuale stabilisce un calo progressivo. Il costo di questa manovra è stimato in oltre 100 miliardi in 15 anni e, di fronte a questo, buona parte della Cdu (i giovani soprattutto) sono insorti accusando Merz e i vertici del partito di gerontocrazia. La misura è fortemente voluta dalla Spd, che vede scricchiolare sempre di più il suo già fragile consenso. La situazione politica in Germania è assai confusa, con Afd in costante crescita, il ministro del Lavoro Barbel Bas (Spd) che si sta inimicando le imprese e l’ultimo dato sul Pil che vede una Germania ancora in stagnazione nel terzo trimestre 2025. Ora che in apparenza c’è stato un riequilibrio del compromesso di governo, Merz ha passato la palla (avvelenata) a von der Leyen, che dovrebbe presentare il 10 dicembre prossimo la proposta della Commissione sull’industria dell’automobile. Bruxelles ha già fatto sapere che «esaminerà attentamente» la lettera del governo di Berlino. È possibile però che la nuova posizione tedesca faccia slittare la presentazione, forse, a gennaio. Le anticipazioni su questo pacchetto non sono entusiasmanti: si parla di un obbligo di auto elettrica per le flotte aziendali anticipato al 2030, di una iniziativa per auto piccole e convenienti e della apertura ai biocarburanti ma sulla data del 2035 si sa ancora poco.Sul piano industriale, intanto, le reazioni sono immediate. Antonio Filosa, amministratore delegato di Stellantis, ha definito «urgentemente necessarie» le revisioni chieste dalla Germania, dicendo che «ora abbiamo una grande opportunità per ripensare le regole e conciliare i tre obiettivi chiave dell’Europa: decarbonizzazione, resilienza industriale e accessibilità economica». Filosa sottolinea che la posizione tedesca si inserisce nel pacchetto di proposte avanzato dall’Acea, l’associazione dei costruttori europei. La direttrice generale dell’Acea, Sigrid de Vries, ha scritto ieri che «gli obiettivi di CO2 per auto e furgoni per il 2030 e il 2035 non sono più realistici». Il settore chiede che venga considerato l’intero ciclo di vita nel calcolo delle emissioni, oltre a nuovi incentivi per sostenere la domanda. Non c’è intenzione di arretrare però: «Denunciare questo problema non significa fare marcia indietro, ma chiedere un approccio più intelligente e pragmatico», dice nel suo articolo de Vries. Gli industriali tedeschi dell’auto (Vda) hanno accolto con favore la richiesta di modifica avanzata dal governo, mentre la lobby green Transport & Environment ha criticato la mossa, come è ovvio. L’apertura della Germania rappresenta uno snodo rilevante nel contesto politico europeo. Il Parlamento Ue dovrà pronunciarsi su una possibile revisione della normativa, con effetti sulla maggioranza. Il Ppe, rafforzato dal governo Merz, potrebbe spingere la revisione con il sostegno di diversi Paesi e del gruppo dei Patrioti, assai critici verso il bando. Sarà dunque interessante capire come reagirà il gruppo dei socialisti europei, visto che il principale governo nazionale di cui fanno parte, quello tedesco, sostiene ora un allentamento delle regole. Come da copione, una parte della sinistra e i Verdi hanno già espresso opposizione, avvertendo che ogni deroga aumenta il rischio di rallentare gli obiettivi climatici. Obiettivi palesemente in rotta di collisione con il lavoro e l’economia degli europei.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 2 dicembre con Carlo Cambi