2019-09-05
«L’ideologia gender deve rimanere fuori dalle classi»
L'ex ministro dell'Istruzione Marco Bussetti: «Se il nuovo governo bloccherà il Decreto scuola non danneggerà la Lega, ma tutti i cittadini». Marco Bussetti, quando facciamo l'intervista, è ancora ministro dell'Istruzione in quota Lega. Ma per poco: si appresta a lasciare il posto a Lorenzo Fioramonti dei 5 stelle. È stato formato il nuovo governo e la sua esperienza è ormai giunta al termine. Il punto è: come si muoverà il suo successore? Quali sono i temi più caldi rimasti sul tavolo? Partiamo da un argomento centrale: che cosa ne sarà della stabilizzazione dei precari storici della scuola e dello sblocco del Decreto scuola?«Sono stati mesi molto intensi quelli al ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca. Li ho vissuti con grande responsabilità, mettendo sempre al centro le esigenze delle persone che compongono questi settori. In poco più di un anno abbiamo ottenuto risultati importanti. Frutto sempre di condivisione con docenti, studenti, famiglie, con tutto il personale e le organizzazioni sindacali. Li porterò sempre nel mio cuore. Al ministro Fioramonti auguro buon lavoro. Quello di viale Trastevere, come lui ben sa, è un Dicastero articolato e complesso da gestire, con circa un milione di dipendenti. E da questo passa il futuro del Paese. È necessario avere cura di ogni giovane e di ogni professionista. Investire sulle nostre istituzioni scolastiche, sugli atenei e sui centri di ricerca. Bisogna dare ossigeno a questi ambiti e liberare le straordinarie risorse che l'Italia possiede. Il mio auspicio è che si prosegua sulla strada dell'attenzione e della responsabilità. E questo vale anche per lo sblocco del Decreto scuola. È l'esito di una collaborazione proficua. Approvarlo vuol dire fare il bene del sistema di istruzione, garantire insegnanti di ruolo ai nostri ragazzi e programmazione della didattica. Non farlo non è uno sgambetto alla Lega, è un danno ai cittadini». Un altro argomento spinoso sono i concorsi. Che cosa ci si deve aspettare a riguardo? «Abbiamo stabilito con chiarezza che il concorso deve essere l'unica strada per entrare a pieno titolo nella scuola. Come ho già detto, abbiamo a cuore il futuro dei nostri studenti e di chi lavora giorno dopo giorno al loro fianco. Dobbiamo quindi costruire un sistema solido, basato su principi chiari. Che consenta di progettare per tempo le attività didattiche, garantisca continuità e permetta a chi vuole insegnare di programmare al meglio la propria vita. Di concorsi in questi mesi ne abbiamo banditi diversi. Molti sono già partiti. Di alcuni abbiamo accelerato le procedure per assicurare un ordinato avvio dell'anno scolastico. Abbiamo fatto uno sforzo straordinario per far funzionare al meglio i nostri istituti». Per questo il Decreto scuola è importante...«Il Decreto scuola, di cui parlavo prima, andava proprio in questa direzione. Nasceva dalla volontà di dare risposte attese da anni a chi insegna nei nostri istituti e di assicurare la migliore formazione possibile ai nostri studenti. Mi auguro che quel prezioso lavoro non venga disperso e si vada avanti nella stessa direzione. La discontinuità serve laddove qualcosa non ha funzionato. Bisogna guardare al bene dei nostri giovani, mai a interessi di parte». Vi siete mossi per potenziare l'autonomia scolastica, durante la vostra permanenza al ministero. Si continuerà a seguire questa strada? «L'autonomia scolastica c'è già da quasi 20 anni ed è un principio che ritengo sacrosanto. Che va, anzi, potenziato nell'interesse dei nostri studenti. Abbiamo lavorato in tal senso nei mesi scorsi. L'Italia è un Paese eterogeneo. E la ricchezza della nostra cultura deriva proprio dalla varietà dei contesti. Pensiamo a quanto possano essere diverse le scuole delle aree montane o quelle delle piccole isole. Tutte realtà straordinarie nelle loro specificità. Dobbiamo dare spazio ai territori. Mettere le istituzioni scolastiche nelle condizioni di definire al meglio la propria offerta formativa. In linea con le esigenze dei giovani e con le caratteristiche dei territori. Un Paese cresce se ciascuna realtà è sostenuta e incoraggiata a dare il meglio di sé». Una delle eredità che lei lascia è l'introduzione della Educazione civica. Glielo dico sinceramente: il rischio è che diventi il grimaldello per introdurre - per esempio - corsi di «educazione all'affettività» o i cosiddetti «corsi gender»?«La reintroduzione dell'insegnamento obbligatorio dell'Educazione civica nel nostro sistema di istruzione, dalla scuola dell'infanzia fino alla fine degli studi, è un traguardo del quale sono molto fiero. E sono orgoglioso, anche, di aver lavorato per far sì che questo cambiamento potesse partire già da quest'anno scolastico. C'è stata una pubblicazione tardiva in Gazzetta che stava mettendo a rischio l'entrata in vigore della norma, ma mi sono impegnato per sbloccare la situazione e partire subito. Per il bene dei nostri giovani. Si tratta di una novità importante: stiamo rilanciando la partecipazione alla vita civica, culturale e sociale dei nostri ragazzi, promuovendo il rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri. I nostri studenti hanno bisogno di approfondire la conoscenza della nostra Costituzione ma anche temi di educazione stradale e ambientale, per esempio. Di acquisire competenze di cittadinanza digitale. Prendiamo questa misura per quello che è: un investimento per la crescita consapevole e attiva dei nostri studenti». Quanto al gender e simili?«Non dobbiamo avere timore che l'educazione civica possa essere utilizzata per secondi fini. Le ideologie devono rimanere sempre fuori dalla nostra scuola. E non dimentichiamo, poi, che abbiamo ristabilito un principio fondamentale nei mesi scorsi: non potrà accadere che negli istituti vengano introdotti percorsi educativi extracurricolari su temi eticamente sensibili senza l'esplicito e informato consenso dei genitori. La collaborazione con le famiglie è fondamentale». Sull'edilizia scolastica, invece, a che punto siamo?«Abbiamo fatto dell'edilizia scolastica una delle priorità della nostra azione di governo. Le scuole sono una seconda casa per i nostri studenti. Devono essere sicure. Abbiamo liberato 7 miliardi di euro che l'esecutivo precedente aveva immotivatamente lasciato nel cassetto. Abbiamo reso più trasparente e accessibile l'anagrafe che contiene informazioni dettagliate su ogni istituto: un passo importante non solo per le famiglie, ma anche per gestire in maniera strategica gli interventi. Ma soprattutto abbiamo lavorato sulle norme che riguardano questo settore, migliorando il sistema. Abbiamo snellito le procedure, sburocratizzato e velocizzato i passaggi. Tra lo stanziamento delle risorse e l'apertura di un cantiere adesso ci vogliono due terzi di tempo in meno. E perché lo abbiamo fatto? Per i nostri ragazzi. Perché non ci è mai importato di fare conferenze stampa pompose per attribuirci il merito di finanziamenti. Ciò che conta è la formazione dei nostri giovani. Sapere che quando entrano in classe per studiare sono al sicuro. Protetti. È per loro che abbiamo lavorato con dedizione e passione in questi 15 mesi».
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)