2025-06-06
Libero Brusca, pentito opportunista che fece saltare in aria Falcone
L’ex boss mafioso che azionò il telecomando a Capaci ha finito di scontare la sua pena grazie ai benefici per i collaboratori. Ma è la legge che forse ha fatto il suo tempo. Sdegnati i parenti delle vittime delle stragi.O’ scannacristiani è libero e magari vota ai referendum per ribadire che lui è un pentito a denominazione di origine garantita. Non è una boutade; lo hanno sostenuto in tanti, ad esempio Alessio Festi, responsabile politiche della legalità Cgil nazionale: l’8 e 9 giugno un sì per liberarci dalle mafie. Che paradosso sarebbe: manca solo che Giovanni Brusca - 150 omicidi: ha fatto sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, ha fatto saltare in aria Giovanni Falcone a Capaci, ha ammazzato il giudice Rocco Chinnici per il dossier contro Michele Greco detto ’o Papa - si è recato alle urne per difendere la legalità, la democrazia e i diritti dei lavoratori. Chissà se il suo difensore l’avvocato Luigi Li Gotti divenuto famoso per la denuncia contro Giorgia Meloni e altri esponenti del suo governo al tribunale dei ministri sul caso Al-Masri potrebbe sostenere questa tesi. Non accadrà: il capomafia di San Giuseppe Jato è sottoposto a regime di protezione. Lascerà la Sicilia, gli daranno un altro nome e forse anche un lavoro come impiegato pubblico. Giovanni Brusca, almeno per la giustizia, è mondo dalle sue colpe in virtù della legge voluta da Giovanni Falcone che U’Verru (altro soprannome di questo assassino spietato, corpulento di costituzione) fece saltare in aria con la moglie, Francesca Morvillo, e gli uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La carriera criminale di Brusca mette i brividi. Figlio del boss Bernardo e fratello del killer Enzo Salvatore che ha strangolato materialmente il piccolo Giuseppe Di Matteo, dal carcere Giovanni dopo 799 giorni di prigionia del bimbo ordinò: «scannate u’ cannuzzu» (ammazzate il cagnolino), Giovanni Brusca comincia a 13 anni. Poi sale ammazzando chiunque nelle gerarchie mafiose. Dopo la strage di Capaci alcuni uomini del commando si pentono e lui per mostrare alla cupola la sua fedeltà fa fuori Di Matteo (il padre Santino si era pentito e ucciso il figlio ritrattò le accuse sull’omicidio di Ignazio Salvo l’esattore democristiano) dà corso alle stragi di via dei Georgofili a Firenze e intensifica gli omicidi di mafia. Lo catturano nel 1996, il 20 maggio ad Agrigento. Inizia a collaborare poi ritratta; alla fine parla. La Pm di allora Franca Imbergamo raccolse le sue confessioni: «Mi rifiutai di stringergli la mano, il suo percorso di collaborazione non fu lineare, ma il suo racconto ha dato un grande contributo processuale». Il pentimento si palesò al processo Capaci, disse: «Ho pigiato io il bottone per ammazzare Falcone, ma avevo già adoperato l’autobomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici». Nel 2021 dopo 25 anni di carcere è stato ammesso alla libertà vigilata e da ieri, passati 4 anni, Brusca è di nuovo libero anche se sotto scorta. Giovanni Falcone perorando la legge sui pentiti disse: «È fin troppo facile prevedere che, senza un intervento legislativo che preveda effetti favorevoli per il «pentito», il fenomeno della collaborazione con la giustizia degli imputati è destinato ad esaurirsi in breve tempo». Aveva ragione? Probabilmente sì, ma era il 1991. Oggi forse quella legge andrebbe cambiata. La mafia s’infiltra nell’economia, fa affari globali, spaccia quantità enormi di droga, controlla senza apparire i territori. Con i trojan, le intercettazioni, i sistemi di controllo in rete dove viaggiano gli affari mafiosi si può forse ottenere di più che con i pentiti. Un insegnamento di Giovanni Falcone resta un caposaldo: seguite i soldi. Ma quella legge c’è. Anche se la storia giudiziaria è piena di falsi pentiti. I più clamorosi sono Vincenzo Scarantino autore di un vero depistaggio per la strage di via d’Amelio dove a Palermo morì Paolo Borsellino, Oreste Basco e Pasquale Pagano autisti di Michele Zagaria, Carmine Schiavone, Gaspare Mutolo, Antonio Iovine e Oreste Spagnuolo tutti del clan dei Casalesi. La mafia ha usato falsi pentiti per «mascariare» i boss scomodi. Si sospetta che così sia avvenuto per Totò Riina, ma anche per Matteo Messina Denaro. I magistrati devono fare continui riscontri perché al beneficio per il pentito - lo Stato ne gestisce 944 sopportandone il costo - deve corrispondere un vantaggio più che proporzionale per la giustizia. Santino Di Matteo - anche lui pentito che oggi vive a Roma - ha detto di provare rabbia. Maria Falcone, sorella di Giovanni, commenta: «Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza. Ma sento anche il dovere di affermare questa è la legge sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare la mafia dall’interno». Tina Montinaro, la moglie del caposcorta di Falcone, commenta: «Non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali. Non sono diventate persone per bene E noi familiari delle vittime non ci sentiamo rispettati. Mi aspetto che Palermo si faccia sentire». Giuseppe Costanza, l’autista di Falcone che scampò alla strage: «Queste persone che hanno ucciso anche bambini non dovrebbero uscire più di prigione. Sono molto amareggiato». Pare rispondergli Pietro Grasso - già procuratore antimafia- «La prima reazione è provare rabbia e indignazione. Ma la legge Falcone che oggi libera Brusca ci ha consentito di radere al suolo la cupola mafiosa e ha evitato altre stragi.» Nel 2021 quando Brusca uscì dal carcere da Matteo Salvini a Giorgia Meloni tutti dissero: cambiamola. Oggi però O’ scannacristiani è libero e con Humphrey Bogart in «L’ultima minaccia» viene da dire: è la legge bellezza e tu non puoi farci nulla.
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