2024-01-12
L’ex responsabile economico del Pd ora deve dirlo: l’Italia va bene
Il fu responsabile economico del Pd dell’era Renzi, che è passato dalla politica a Goldman Sachs, promuove l’Italia: «Ci aspettiamo che il differenziale rimanga piatto da qui alla fine del 2024». Dietrofront dopo anni passati ad attaccare le idee dei partiti rivali.Mister Corralito promuove l’Italia, ci sarà da preoccuparsi?». La domanda percorre la Rete e diventa la novità del giorno perché Filippo Taddei, responsabile economico del Pd nell’immaginifica stagione hollywoodiana di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, è tornato e lotta assieme a noi. Anzi, combatte a fianco di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti. Ne certifica il lavoro, ne loda implicitamente l’approccio. Spiega: «Ci aspettiamo uno spread che rimanga piatto da qui alla fine dell’anno, magari un po’ più alto di qualche punto base. Veramente dettagli a questi livelli».Dettagli. Ma come, non era in arrivo lo tsunami dei mercati? Lui e il suo partito non erano stati i teorici della bocciatura del governo «delle destre»? Della perdita di credibilità con la «non firma» del Mes? Del sempre possibile assalto dello spread in uscita dal canyon come gli indiani all’inseguimento della diligenza in Ombre Rosse? Vederlo con barba brizzolata (e l’incedere dialettico di una comparsa della serie Diavoli) patrocinare le mosse del governo alla tv specializzata Class Cnbc, ci lascia a bocca aperta, convinti di avere sbagliato pianeta. Eppure aggiunge: «Il 2024 vedrà il debito pubblico sufficientemente protetto». E sottolinea: «Del taglio dei tassi Bce beneficia direttamente il costo del debito pubblico italiano». Si rimane lì, smarriti e fuorviati. Alberto Arbasino avrebbe aggiunto: come quel pellegrino che ha perso gli amici e la corriera.È successo qualcosa. Adesso Taddei è nientemeno che senior european economist di Goldman Sachs, delegato per il Sud Europa. Perché il Pd è un taxi-limousine che non porta mai i silurati in periferia: o a Bruxelles, o a Parigi (Sciences Po) o a Lower Manhattan. Ora lui è in roadshow televisivo a spiegare lo studio della superbanca d’affari. Che pur avendo storiche aderenze progressiste planetarie, non ha potuto fare a meno di sancire nelle «Ten questions for 2024» la solidità italiana. Con un giudizio positivo dell’azione del governo sia sul piano economico sia su quello dei rapporti internazionali. Il taglio di due ordigni a orologeria come il Reddito di cittadinanza e il Superbonus 110% ha messo di buonumore investitori e mercati, lo spread è accucciato a 170 punti. E al sistema mediatico mainstream viene l’orticaria nel dover ammette che è di 60 punti più basso della media registrata durante il governo di Mario Draghi.Taddei ripete a nastro che tutto andrà bene, cambiata casacca in misto cachemire cambia facilmente anche la filastrocca. Che problema c’è? Trattasi pur sempre di sensibilità da economista à la carte che incidentalmente deve dire la verità a gente per lo più senza memoria. Lo osservi mentre discetta come un Luigi Marattin che ce l’ha fatta e ti rendi conto di come è cambiato il mondo; immagini quando mai un responsabile dell’economia del vecchio Pci si sarebbe riciclato da Goldman Sachs; ti accorgi che alla fine la narrazione economica della gauche ideologica è più impalpabile (e meno credibile) delle pipe disegnate da René Magritte.La storia del bolognese Taddei (47 anni) è molto curiosa. Laureato in economia politica all’università di Bologna cum laude e lanciato in politica da Pippo Civati, nel 2013 approdò alla corte renziana per evidenti affinità elettive con il monarca fiorentino. Prima come responsabile dell’economia del Pd, poi anche del Lavoro. È stato uno degli inventori del Jobs act che ha fatto il funerale all’articolo 18 e nelle frequenti apparizioni televisive non ha mai fatto mancare fremiti di orrore nei confronti del centrodestra prima berlusconiano, poi salviniano, infine meloniano. Le sue frasi celebri restano due, in perfetta sintonia con le bolle dialettiche del capo di allora. La prima romantica: «Il vecchio Pd si fermava a nutrire l’indignazione. Noi vogliamo nutrire la speranza». La seconda agghiacciante: «Tassare ciò che è immobile per favorire ciò che è mobile: rimettere l’Imu per ridurre l’Irpef». Negli anni ruggenti delle rottamazioni Taddei diventò famoso per due «sdeng» da Fonzie. Il primo quando fu bocciato all’esame del Miur per l’abilitazione da professore associato in politica economica. Era già giovane guru dei numeri al Nazareno, andò sicuro davanti alla commissione: su 417 candidati ne passarono quasi 300. Lui no. Il secondo è ancora un top di Youtube. Per spiegare l’impossibilità di uscire dall’euro, davanti a un Claudio Borghi prima perplesso e poi divertito raccontò l’esperienza dell’Argentina che «ruppe la parità col dollaro e passò dal peso al corralito, la nuova moneta». Inutile aggiungere che Buenos Aires non ha mai cambiato divisa monetaria, essendo il corralito una semplice restrizione temporanea alla disponibilità di denaro. Grandi risate in studio, una buca nella sabbia per nascondersi e un soprannome a vita per Taddei: mister Corralito. Ora è tornato con la maglietta di Goldman Sachs e spiega che nonostante il debito vinceremo la Champions league perché «lo spread resterà piatto». Il pallone lo porta lui.