Ecco #DimmiLaVerità del 12 novembre 2025. Il nostro esperto di economia Tobia De Stefano spiega il paradosso dei tassi di interesse che scendono ma il costo dei mutui sale.
L’Abi: ad agosto l’interesse medio sui prestiti per l’acquisto della casa sale al 3,31% nonostante i tagli dei tassi Bce. Sileoni (Fabi): «Si è inceppata la trasmissione della politica monetaria». Pesano l’aumento del costo del debito transalpino e le maxi spese di Merz.
Ad agosto 2025, le famiglie italiane hanno ricevuto una sorpresa amara. Il tasso medio sui mutui, secondo le statistiche dell’Abi (la Confindustria delle banche) è tornato a salire. Ha raggiunto il 3,31%, in aumento rispetto al 3,20% del mese precedente. Un incremento apparentemente piccolo, ma sufficiente a suscitare qualche interrogativo sul futuro. Si tratta infatti di un segnale chiaro: la discesa dei finanziamenti immobiliari iniziata a gennaio 2024 si è fermata, interrotta da forze che non dipendono dalle famiglie italiane, né dalle loro scelte di spesa.
Il primo fattore è l’Irs a dieci anni, indicatore di riferimento per i mutui a tasso fisso, che nei primi dieci giorni di settembre 2025 si è attestato a 2,67%, con un aumento di 44 punti base rispetto al minimo di dicembre 2024 (2,23%). Sul fronte variabile, l’Euribor a tre mesi ha registrato 2,05%, in rialzo dai minimi di giugno 2025 (1,98%). Questi numeri, pur contenuti, si traducono in centinaia di euro in più ogni anno per le famiglie italiane.
Come spiega Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, «l’acquisto della casa, soprattutto per i giovani, sembra ormai un miraggio: tassi più alti, accesso difficile, condizioni poco favorevoli».
Ma perché Irs ed Euribor salgono? Perché l’aumento dei tassi non è un fenomeno isolato: è l’effetto della turbolenza dei mercati, che riflettono l’instabilità politica e fiscale dei giganti europei. I Bund tedeschi decennali sono passati dal 2,10-2,15% di gennaio a circa 2,70-2,75% oggi, un aumento di 60-65 punti base. I decennali francesi sono cresciuti da 3,31-3,32% a gennaio a circa 3,50%, guadagnando 18-20 punti base. In altre parole, la crisi altrui si traduce in un aumento immediato dei tassi in Italia: chi vive tra Roma, Milano o Napoli paga la fragilità politica e fiscale di Parigi e Berlino.
La Francia è al centro di un vero terremoto politico: il governo Bayrou caduto perché incapace di approvare la legge di bilancio, con la pressione dei mercati che fa salire rendimenti e costi del denaro. Il successore Sebastièn Lecornu dovrà affrontare problemi simili e il rischio di elezioni diventa sempre più vicino. La Germania non è da meno: il governo Merz, instabile e costretto a governare a stento, ha eliminato il tetto al deficit («Schuldenbremse») per finanziare spese militari e piani infrastrutturali pluriennali. Due decisioni che, pur legittime sul piano nazionale, fanno salire i rendimenti dei Bund e, di riflesso, i mutui italiani.
Il paradosso è evidente: lo spread fra i Btp e i decennali francesi e tedeschi si restringe, non solo perché l’Italia è diventata virtuosa, ma perché Francia e Germania sono peggiorate. Il rendimento dei Btp decennali italiani si attesta oggi intorno al 3,50%, praticamente alla pari con gli Oat. Lo scenario è grottesco: l’Italia appare più solida solo perché i «virtuosi» d’Europa vacillano, ma la realtà quotidiana per le famiglie è opposta: più alta la rata, più difficile comprare casa, più complicata la gestione del bilancio familiare.
Ma non finisce qui. Sileoni chiama in causa le banche che hanno fatto salire il costo del credito nonostante il taglio dei tassi Bce più che dimezzati a partire dall’anno scorso: «Le famiglie italiane vivono in un equilibrio precario. La trasmissione della politica monetaria si è inceppata: i tassi ufficiali calano, ma le condizioni praticate dalle banche restano elevate. Il sogno della casa è un miraggio per molti giovani. Il credito deve tornare a essere una leva di emancipazione sociale e non un cappio che soffoca le possibilità di crescita».
E allora il quadro diventa oscuro: i mutui italiani salgono per diversi ragioni. Perché le banche proteggono i loro margini. Perché la Francia crolla politicamente. Perché la Germania allenta le regole sul debito Perché i mercati reagiscono ai rischi esteri scaricandoli sulle tasche delle famiglie italiane. Il tutto in un contesto in cui lo stock dei mutui, dopo la crisi del 2022-2024, ha ripreso quota fino a 435 miliardi di euro, ma senza reale sollievo per chi deve sottoscrivere una nuova casa.
In fondo, il messaggio è chiaro: ad agosto 2025, le famiglie italiane pagano il conto della politica francese e tedesca, la speculazione dei mercati e l’immobilismo delle banche. Ogni taglio dei tassi della Bce arriva in ritardo, diluito e parziale. E la cinghia di trasmissione tra politica monetaria e vita reale resta inceppata, trasformando un diritto, quello all’abitazione, in un lusso per pochi. Servono risposte concrete, come chiede Sileoni: trasparenza bancaria, interventi legislativi che obblighino le banche a trasferire i benefici della politica monetaria, garanzie statali mirate per le famiglie, strumenti per sostenere i giovani e chi ha redditi medi. Altrimenti, l’illusione di tassi più bassi sarà solo un miraggio: un numero sui giornali, lontano dalle case, lontano dalle famiglie, lontano dalla realtà.
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Le offerte bancarie vedono il variabile in vantaggio sul fisso, spinto dai tagli Bce. Gli esperti raccomandano di valutare profilo e reddito prima di scegliere: la rata fissa costa di più ma tutela dalle oscillazioni.
Nel mese di luglio 2025, il mercato dei mutui in Italia continua a offrire soluzioni competitive sia a tasso fisso che variabile, con condizioni particolarmente vantaggiose per chi ha un buon profilo creditizio e un loan-to-value (Ltv) contenuto, il rapporto tra il denaro finanziato dalla banca e il valore dell’immobile. Le simulazioni sono state effettuate per clienti con più di 36 anni, con classe energetica compresa tra C e G.
Per un mutuo da 126.000 euro della durata di 25 anni e Ltv al 70%, tra i tassi fissi spicca l’offerta di Crédit Agricole Italia con un Tan (Tasso annuo nominale) del 2,92% (Irs25a + 0,15%), Taeg (Tasso annuale effettivo globale) al 3,23% e una rata mensile di 592,28 euro. Seguono Webank con Tan al 3,09% e rata di 603,42 euro, Intesa Sanpaolo con TAN al 3,06% e rata di 601,45 euro, Banca Sella con TAN al 3,10% e rata di 604,08 euro, e BCC Milano con TAN al 3,05% e rata di 600,79 euro.
Per chi opta per la surroga a tasso fisso, Crédit Agricole Italia propone un Tan del 3,02% (Irs25a + 0,25%) con rata di 598,82 euro. Webank offre un Tan del 3,19% con rata di 610,03 euro, mentre BCC Milano mantiene il Tan al 3,05% con rata di 600,79 euro.
Passando ai tassi variabili, Monte dei Paschi di Siena si distingue con un Tan del 2,33% (Euribor1m + 0,40%) e rata di 554,53 euro. ING propone costi del 2,57% con rata di 569,71 euro, Banca Sella del 2,65% con rata di 574,82 euro e Crédit Agricole Italia del 2,69% per 577,39 euro.
Per la surroga a tasso variabile, Monte dei Paschi di Siena conferma il Tan al 2,33% con rata di 554,53 euro. Crédit Agricole Italia del 2,59% con rata di 570,99 euro, CheBanca! del 3,03% con rata di 599,47 euro, e ING 3,07% con rata per 602,10 euro.
Per un mutuo da 250.000 euro della durata di 30 anni e Ltv al 50%, tra i tassi fissi si segnalano Credem e BNL con TAN al 2,90% e rata mensile di 1.040,57 euro. Crédit Agricole Italia propone un Tan del 3% con rata di 1.054,01 euro, mentre Webank si attesta al 3,16% con rata di 1.075,71 euro.
Infine, tra i tassi variabili per lo stesso importo e durata, Monte dei Paschi di Siena offre ancora il valore più basso al 2,33% con rata di 965,85 euro. Seguono Credem con un 2,56% e rata di 995,62 euro, ING al 2,52% e rata di 990,40 euro, e Banca Sella al 2,65% e rata di 1.007,41 euro.
«I tagli effettuati nell’ultimo anno dalla Bce hanno fatto calare l’Euribor e oggi, se guardiamo alle migliori offerte disponibili online, vediamo che i mutui a tasso variabile risultano mediamente più convenienti rispetto a quelli fissi», spiega Yuri Griggio, direttore comunicazione di Facile.it. «Quando sì è alle prese con la richiesta del finanziamento, però, è importante fare una valutazione a 360 gradi e non limitarsi a guardare il tasso. I finanziamenti variabili, seppur più convenienti, sono soggetti alle oscillazioni del mercato e quindi più indicati per chi ha una capacità reddituale tale da poter affrontare in serenità eventuali aumenti di rata. I fissi, invece, a fronte di un tasso più elevato, garantiscono una rata stabile per tutta la durata del finanziamento e sono più adatti a chi ha una bassa propensione al rischio. Il consiglio, quindi, è di confrontare con attenzione le diverse offerte sul mercato per identificare, magari con l’aiuto di un consulente esperto, quella più adatta alle proprie esigenze».
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2025-05-13
Le banche raccolgono i frutti della propaganda ecologista: mutui green saliti del 400%
Ursula von der Leyen (Ansa)
Rilevazione di Bnp Paribas: un italiano su due ha previsto interventi sulla casa. E Bruxelles dà alle Ong la possibilità di contestare i sussidi nazionali «inquinanti».
I verdi hanno perso le elezioni ovunque, non sono più nella maggioranza a Strasburgo, Greta Thunberg la cercano con Chi l’ha visto? ma Ursula von der Leyen tira dritto sul green come un carro armato, che peraltro su di lei ha un forte appeal. La ragione? Biechi soldi. La propaganda è stata così penetrante che gli italiani si sono convinti che devono mettere mano al portafoglio per far diventare ecologiche le loro case. Bnp Paribas, uno dei colossi bancari europei che ha molto da guadagnare con i mutui green, ha condotto in Italia, Francia, Spagna, Germania, Belgio, Lussemburgo, Polonia e Gran Bretagna un sondaggio che rivela come la finestra di Overton – affermare ossessivamente un’idea sgradita per farla diventare accettabile – abbia funzionato alla grande. L’83% degli italiani (quindi la totalità dei proprietari di casa, visto che il 77% dei concittadini possiede la propria abitazione ancorché gravata da mutuo) è convinto che la casa più è verde e più ha valore, e il 77% pensa di dover investire nella ristrutturazione per evitare di dover svendere un domani il proprio immobile anche se mettere mano alle case comporta una spesa ingentissima.
Da questo sondaggio emergono altri dati significativi che rivelano il profilo oppressivamente burocratico dell’Ue. Ieri ne hanno fatta un’altra cercando di favorire le Ong ambientaliste, partorendo un mostro giuridico. Il mostro dei mostri resta però la direttiva sulle case green. Adottata lo scorso anno è pienamente in vigore e all’Italia è rimasto ormai solo un anno per presentare il suo piano di adeguamento delle case. Entro il 2030 tutte le nuove costruzioni dovranno essere a emissioni zero, entro il 2050 tutte le case non dovranno più emettere nulla. Il patrimonio edilizio italiano è per il 54% nelle più basse classi di merito ambientale. Nomisma sostiene che per stare al passo con la direttiva europea le famiglie italiane dovranno sborsare nei prossimi quattro anni 84,3 miliardi per circa 5 milioni di edifici. La stima peraltro pare approssimata per difetto visto che il Superbonus che ha provocato una voragine nei conti pubblici – sin qui lo Stato ha speso 122 miliardi – ha riqualificato meno dell’8% del patrimonio edilizio.
È un salasso senza precedenti quello che si annuncia: impatterà pesantemente oltreché sui risparmi privati sui bilanci pubblici, visto che tutti gli immobili di Stato ed enti locali devono essere riqualificati entro il 2030. Entro il 2030 deve anche diminuire del 16% il consumo di energia delle abitazioni. Sempre col conto di Nomisma a fronte degli 84 e passa miliardi da spendere da qui ai prossimi 4 anni si avrà un risparmio del 36% sulle bollette, ma la riduzione dei consumi energetici entro il 2030 comporta un costo medio per unità immobiliare di 24.846 euro (15.000 euro per gli appartamenti in condominio a 42.000 euro per le abitazioni unifamiliari). Viene da chiedersi se chi ha risposto al sondaggio di Bnp Paribas si sia fatto questi conti perché il 47 % degli italiani ha previsto interventi sulla casa per proteggerla dai rischi climatici. Gli italiani sono convinti al 79% (più 3 punti rispetto alla media europea) che gli interventi di adeguamento energetico sono troppo cari e troppo complicati (74%) anche se più degli europei (78% contro il 74) sono propensi a difendere le proprie case dai danni ambientali. Un terzo degli italiani è pronto a traslocare nei prossimi 5 anni perché vive in una casa non green o troppo esposta al rischio. Però per contrastare il cambiamento climatico il 48% vuole un contributo pubblico. Il 57% dice che non potrà fare nulla se lo Stato non copre almeno il 70% dei costi che a dirla tutta è assai meno del «favoloso» e rovinoso 110%.
E qui lavorano le lobby: si stanno facendo avanti i partner finanziari per concedere mutui green – in un anno sono cresciuti del 400% e rappresentano ormai il 16% delle nuove erogazioni, con un importo del 7% superiore alla media – ma sono anche in netto aumento le transazioni di nuda proprietà. Nel 2024 sono aumentate del 20%: circa 97.000 pensionati hanno venduto i muri per paura di non farcela. È una sorta di esproprio verde. Le case green hanno avuto aumenti di prezzo fino al 40% superiori rispetto alle case di classe energetica più bassa che si sono svalutate dell’8,8%.
Parlando di soldi ieri la Commissione ha dato alle Ong ecologiste la potestà di contestare le decisioni con cui Bruxelles approva i sussidi concessi dai governi nazionali, se sospettano che violino il diritto green comunitario. È un’ulteriore favore alla lobby verde, ma è anche la riprova del groviglio burocratico in cui vive Bruxelles perché le Ong dovranno dimostrare che l’aiuto approvato dall’Ue viola norme specifiche del diritto ambientale. La richiesta va presentata entro 8 settimane dalla pubblicazione della decisione. Bruxelles ha poi 16 settimane per rispondere, prorogabili a 22 in casi eccezionali. Le richieste e le risposte saranno pubblicate online. Le Ong potranno impugnare la risposta della Commissione alla Corte di giustizia Ue. Gli Stati membri dovranno comunque confermare che le misure notificate rispettano il diritto ambientale. Come dire; se un verde ti contesta hai solo una via d’uscita: dargli ragione a prescindere.
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2025-05-12
I tagli della Bce e il vento a favore dei mutuatari: come cambiano le prospettive
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In un contesto di allentamento monetario da parte della Banca Centrale Europea, che a metà aprile ha confermato un ulteriore taglio dei tassi di riferimento per sostenere l’economia (e se ne attende un altro a giugno), il mercato dei mutui risponde con offerte più competitive, soprattutto sui tassi variabili.
La riduzione del costo del denaro, infatti, ha contribuito a comprimere l’Euribor, l’indice a cui sono agganciati molti mutui a tasso variabile, rendendo queste soluzioni più attraenti per chi punta a sfruttare un contesto di tassi bassi o in discesa. Tuttavia, le simulazioni di Facile.it per la Verità aggiornate a maggio 2025 mostrano che anche i tassi fissi restano vantaggiosi, grazie alla stabilizzazione dei rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine e alla crescente concorrenza tra istituti di credito.
“Nelle ultime settimane il gap tra tasso fisso e variabile si è assottigliato sempre di più e sono arrivate le prime offerte in cui quest’ultimo è addirittura più conveniente del primo”, spiegano gli esperti di Facile.it. “Oggi più che mai, quindi, è bene ricordare che, quando si è alle prese con la scelta del tasso, non esiste una decisione giusta o sbagliata in assoluto e la decisione va presa sulla base di diversi fattori quali, ad esempio, le caratteristiche del mutuatario, quelle dell’immobile e la propensione al rischio di ciascuno”, spiegano gli esperti. “Chi vuole essere certo dell’importo da pagare ogni mese deve orientarsi verso il fisso; chi invece è disposto a ‘sopportare’ l’eventuale variazione di tasso allora può orientarsi verso il variabile che, storicamente, ha sempre dimostrato di essere, nel lungo periodo, più conveniente. Ultimo, ma non meno importante, è bene ricordare che la scelta non è necessariamente definitiva e, se le condizioni di mercato lo consentono, si può sempre rinegoziare il finanziamento”.
Del resto, le proposte analizzate rivelano un mercato in trasformazione, dove gli effetti della politica Bce si intrecciano con strategie bancarie mirate a catturare clienti attraverso sconti legati a prodotti assicurativi e incentivi green. Ecco come si posizionano le principali banche. I dati, suddivisi per importo, durata e tipologia di tasso, rivelano opportunità differenziate per chi cerca finanziamenti con importi di 126.000 euro e 250.000 euro, oltre a condizioni agevolate per gli immobili in classe energetica A (la migliore).
Per un mutuo di 126.000 euro su 25 anni (in cui viene prestato il 70% del valore dell’immobile), Crédit Agricole Italia si distingue con un Tan del 2,19% (tasso finito) e una rata mensile di 545,79 euro, grazie alla sottoscrizione di una polizza vita che riduce il costo. Seguono Intesa Sanpaolo (2,49% Tan, rata 564,62 euro) e Banco Desio (2,50% Tan, rata 565,26 euro). Chi opta per un immobile in classe A beneficia di condizioni vantaggiose, mentre per le classi C-G le rate salgono leggermente, come nel caso di Webank (2,91% Tan, rata 591,63 euro).
Per importi maggiori (250.000 euro, durata 30 anni, finanziando il 50% del valore dell’immobile), Crédit Agricole Italia mantiene il primato con un Tan del 2,59% e una rata di 999,54 euro, seguita da Credem (2,75% TAN, rata 1.020,60 euro) e Banco Bpm (2,84% Tan, rata 1.032,56 euro). La simulazione conferma che tassi più bassi sono spesso legati a prodotti accessori, come le polizze vita.
Nella categoria “variabile” per 126.000 euro, spicca Monte dei Paschi di Siena con un Tan al 2,43% (Euribor 1 mese + 0,30%) e rata di 561,08 euro, mentre Ing propone il 2,59% (Euribor 3 mesi + 0,40%) per una rata di 570,99 euro. Le banche come Banca Sella e Banco Bpm presentano tassi più elevati (fino al 2,90%), riflettendo una maggiore esposizione all’andamento dell’indice Euribor.
Per chi chiede 250.000 euro, le proposte sono più contenute: Monte dei Paschi offre il 2,53% (Euribor 1 mese + 0,40%, rata 992,23 euro), seguito da Ing (2,74%, rata 1.019,28 euro). Anche qui, la sottoscrizione di polizze vita permette di accedere a condizioni migliori.
Un elemento chiave è il ruolo della classe energetica: gli immobili in classe A (mutui green) godono di tassi più competitivi, mentre quelli in classi C-G presentano spread leggermente superiori. Questo divario sottolinea l’orientamento delle banche verso la sostenibilità, allineato agli incentivi governativi.
Il Taeg, che include spese accessorie, varia dallo 0,0238% di Crédit Agricole Italia (per il mutuo green) fino allo 0,0338% per i tassi variabili meno vantaggiosi. Per i mutuatari con oltre 36 anni, le condizioni sono uniformi, ma la scelta tra fisso e variabile rimane critica: il primo offre sicurezza, il secondo possibilità di risparmio in scenari di calo dell’Euribor.
In sintesi, le simulazioni di Facile.it delineano un mercato competitivo, con banche pronte a scontare tassi in cambio di prodotti assicurativi aggiuntivi. La tendenza green e l’attenzione alla stabilità finanziaria guidano le scelte, mentre l’orizzonte temporale (25 o 30 anni) incide sulla pianificazione a lungo termine.
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