2019-05-28
L’Euronazareno non basterà agli ultrà di Bruxelles per nascondere la sconfitta
I giornaloni provano a esorcizzare il tonfo inneggiando all'unione contro i barbari. Ma l'ammucchiata per difendere lo status quo non può funzionare. Per otto motivi.Persa - anzi: strapersa - la battaglia in casa, visto il successo leghista, il fronte eurolirico italiano cerca la riscossa in trasferta, cioè guardando all'Ue nel suo insieme. E così, come un balsamo per lenire le ferite, come un potente antidolorifico, da 36 ore sono in molti a compulsare i grafici della composizione del nuovo Parlamento europeo, illudendosi di trovare consolazione. Tra Bruxelles e Strasburgo, siederanno 751 neoeletti. La maggioranza semplice si raggiunge dunque a quota 376. Dicono gli eurolirici: ok, purtroppo non basterà più la vecchia coalizione tra Ppe e Pse (che oggi disporrebbe di 180 + 145 seggi teorici, e si arriverebbe solo a una somma di 325), ma si possono aggiungere i 109 seggi dell'Alde (la formazione guidata da Guy Verhofstadt, il tipetto che due anni fa voleva imbarcare i grillini per farsi eleggere presidente dell'assemblea, e ora si impanca a dare lezioni di liberalismo) per arrivare a 434, che è certamente una maggioranza. Di più: come ruota di scorta, come appoggio esterno, alla bisogna, si possono conteggiare pure i 69 seggi dei Verdi. Da un punto di vista strettamente numerico, si tratta di dati veri. Ma chiunque conosca la politica sa che l'aritmetica non basta affatto. Ecco dunque otto ragioni fondamentali per cui il ragionamento non tiene. 1 Ancora una volta, per rappattumare una maggioranza e uscire dal vicolo cieco, i vecchi partiti devono mettere in piedi una specie di «Nazareno europeo», questa volta addirittura in versione extralarge, a tre o a quattro gruppi. Un'unione sacra, o piuttosto un'Armata Brancaleone, che mette dentro tutto e il contrario di tutto. Altro che coesione programmatica: di tutta evidenza, sarebbe un'accozzaglia difensiva per contrapporsi a sovranisti e conservatori. 2 Nella scorsa legislatura europea, Ppe e Pse (senza neanche bisogno della stampella dell'Alde) disponevano di una maggioranza bulgara all'Europarlamento. Di più: avevano un controllo assoluto - attraverso i governi amici - del Consiglio Ue, e la quasi totalità dei membri della Commissione. In sostanza, gestivano direttamente tutti i gangli della macchina europea: condizioni irripetibili. Eppure, nonostante questo controllo assoluto della macchina Ue, non sono riusciti a combinare nulla sui dossier decisivi: immigrazione e riassetto dell'Unione. 3 Il governo più potente che agiva da burattinaio di Bruxelles, e cioè la Germania di Angela Merkel, vive da ieri la condizione proverbiale del gigante dai piedi d'argilla. La Cdu della Cancelliera uscente ha perso quasi 8 punti, rimediando uno dei suoi peggiori risultati in 70 anni di storia, mentre i socialdemocratici - alleati della Merkel nella grosse koalition - sono stati letteralmente schiantati. 4 L'altro governo (ex) forte era quello francese. Ma anche in questo caso, lo schiaffo subito da Emmanuel Macron è stato poderoso. Il presidente francese ha cercato per mesi il derby con i sovranisti, ha polemizzato con Matteo Salvini pensando a Marine Le Pen, sua avversaria domestica, immaginando di replicare il consueto schema del ballotaggio francese: quello dell'unione di tutti contro il «pericolo di destra». E invece è stato superato dalla Le Pen, le cui liste, in questo caso, erano guidate da un giovanissimo, Jordan Bardella: un ventitreenne che schianta il partito dell'inquilino dell'Eliseo. 5 Il Ppe, che tutti conteggiano automaticamente e in blocco come parte dell'euro-Nazareno, non è affatto un monolite compatto. Dentro c'è Viktor Orban, che si è ripetutamente dichiarato contrario a una nuova intesa con i socialisti. Lo stesso ha fatto, sia pure in una logica politica in parte diversa dal premier ungherese, Silvio Berlusconi. E sembra azzardato dare per scontato che pure il pur sfiduciato cancelliere austriaco Sebastian Kurz sia un fan della nuova intesa con la sinistra. 6 Da questo punto di vista, il Ppe è in una crisi strategica che appare difficilmente superabile. È esposto a perdere pezzi, come abbiamo visto. Ma quand'anche, con perdite limitate, scegliesse l'alleanza a sinistra, lascerebbe un'autostrada a destra - in termini di rapporto con l'opinione pubblica - a sovranisti e conservatori. Un suicidio politico. 7 Non ha solo un valore simbolico, ma è un fatto politico che in tre Paesi chiave il primo partito sia su posizioni sovraniste e conservatrici: si pensi al Brexit party di Nigel Farage nel Regno Unito, alla Lega di Matteo Salvini, e al Rassemblement national della Le Pen. Davvero la nuova Ue pensa di partire sfidando e provocando la maggioranza degli elettori britannici, italiani e francesi? Chiunque avesse in mente un progetto del genere sarebbe politicamente un folle. 8 Quand'anche la legislatura partisse secondo gli auspici degli eurolirici, e quindi trattando da classica minoranza parlamentare il fronte conservatore ed euroscettico, quest'ultimo potrebbe agire come opposizione di blocco. Pensate ai 29 o 30 parlamentari di Farage, solo per fare un esempio. In caso di provocazioni anti Brexit, sarebbero pronti a farsi politicamente esplodere contro Bruxelles. O pensate a un'eventuale decisione pro immigrazione, e al pandemonio che scatenerebbe tra gli eletti di Salvini e della Le Pen, senza citare Orban e i polacchi. Come al solito, quindi, la sensazione è che i mandarini di Bruxelles e i loro megafoni italiani siano abili a usare la calcolatrice, ma dimentichino i soliti «dettagli»: gli elettori, la politica, lo spirito del tempo, la delegittimazione di cui sono vittime, e la sabbia nella clessidra che scorre inesorabile.