2022-11-20
Letta apre le primarie a chiunque: il capolavoro che regala il Pd a Conte
Con la modifica dello statuto, tutti potranno decidere il destino della segreteria del Nazareno. Pure gli avversari. Mossa che velocizzerà la scalata del capo grillino e pietra tombale per un partito sempre più a corto di consensi.Il Pd si avvia lentamente verso l’estinzione. Già i sondaggi più recenti lo danno in caduta libera, ormai distanziato dal Movimento 5 stelle, ma presto ciò che resta del Partito democratico potrebbe essere fagocitato, cioè inglobato e sminuzzato, proprio dai grillini. A consegnare nella mani di Giuseppe Conte e compagni ciò che resta dell’eredità di due grandi partiti della prima Repubblica - ossia Dc e Pci - rischia di essere proprio Enrico Letta, il segretario richiamato da Parigi per risollevare il Pd, mettendo fine alla lotta fra correnti, e che invece ha contribuito ad affossarlo. Vi sembra incredibile? Beh, se si legge il dispositivo approvato ieri dalla direzione del partito con cui si modifica lo Statuto negli articoli che regolano il percorso congressuale, si capisce invece che l’estinzione non solo è probabile, ma è assai prossima.Andiamo però con ordine, al fine di comprendere come quello che un tempo era il maggior partito della sinistra oggi sia ridotto a meno della metà del suo peso iniziale. Cominciamo col dire che Letta, in due anni da segretario, è riuscito a sbagliarle tutte. Invece di occuparsi di cose serie, fin dall’inizio si è dedicato a questioni secondarie, prima con la proposta di introdurre lo ius soli, poi impegnando il partito in una battaglia sul ddl Zan, infine tenendo a battesimo l’idea di una tassa patrimoniale per regalare 10.000 euro ai giovani. Gli italiani non potevano che voltargli le spalle, preferendo votare il centrodestra o i grillini, i quali almeno potevano intestarsi la battaglia in difesa del Reddito di cittadinanza. Solo ieri Letta si è accorto che i salari non crescono, mentre al contrario l’inflazione sale. Peccato che negli ultimi dieci anni, il Pd sia stato al governo e non si sia reso conto della drammatica riduzione del potere d’acquisto degli stipendi, preferendo inseguire altri argomenti. Una linea politica che una volta giunto a Largo del Nazareno, Letta non solo ha continuato, ma ha anche esasperata. Quale sia stato il responso delle urne è noto: nonostante l’alleanza con i fuoriusciti di Articolo uno, cioè Speranza e compagni, il Pd ha conseguito un risultato minimo. Chiunque, dopo una simile disfatta avrebbe fatto le valigie all’istante. Letta, al contrario, ha annunciato le dimissioni, ma è rimasto alla guida del partito per accompagnarlo verso il congresso. Il problema è che l’accompagnamento rischia di essere verso il camposanto. Alle elezioni del 25 settembre, il Pd ha incassato meno del 19 per cento, ma oggi i sondaggi non gli attribuiscono più del 16 per cento, mentre i grillini sono passati da poco più di 15 al 17. Insomma, i consensi si stanno travasando dal primo al secondo. Il che non stupisce: se nel mezzo di una crisi economica il Pd litiga per decidere chi debba sostituire Letta, è inevitabile che gli elettori decidano di voltargli le spalle.Ma non c’è solo il fenomeno dell’erosione di consensi. Ieri la direzione del partito ha votato a maggioranza una modifica allo statuto, per attuare «un processo di apertura del Pd attraverso una fase costituente» eccetera. A qualcuno potrà sembrare fuffa, ma in realtà è la pietra tombale. Infatti, con la decisione presa alla fase congressuale non parteciperanno solo gli iscritti, come sarebbe logico, ma anche gli iscritti di «altri partiti che aderiscano al processo costituente» e pure i cittadini che lo desiderino «sottoscrivendo un appello alla partecipazione, con adesione certificata anche online». In altre parole, il Pd è scalabile anche da chi non sia del Pd. Una genialità, che soltanto un perdente conclamato poteva partorire. Immaginate che cosa potrà fare Giuseppe Conte, il quale già si apprestava a lanciare l’Opa sul partito di Letta: con questa mossa, è lo stesso Pd a spalancargli le porte, lasciando via libera a una scalata ostile. Chiunque, anche il nemico, potrà decidere il destino della segreteria.Non è tutto. Dopo la batosta delle politiche, con la scelta di Pierfrancesco Majorino in Lombardia e di Alessio D’Amato nel Lazio, il partito di Letta si candida a perdere entrambe le regioni. Un risultato che, con il disastro di Roberto Gualtieri a Roma, darà via libera ai 5 stelle per intestarsi la guida della sinistra, tumulando definitivamente ciò che rimarrà del Pd.