2024-06-26
Letta arruola la Scienza per una poltrona
L’ex premier, in pista per una nomina europea, si intesta una nuova battaglia. I nemici sono i «negazionisti climatici» e i no vax, rei di imporre teorie non suffragate dalla realtà. Proprio ciò che avvenne coi diktat sanitari e si ripete adesso coi dogmi green cari all’Ue.Enrico Letta non riesce a rassegnarsi: l’idea di fare soltanto il professore proprio non gli va giù. Qualche giorno fa è uscita la notizia del suo addio a Sciences Po, il prestigioso istituto francese in cui era docente, e subito hanno cominciato a circolare i retroscena su un suo possibile rientro in gioco nella grande partita delle nomine europee. Per l’occasione, il nostro eroe sembra aver preparato addirittura un programma. Più precisamente, un libro manifesto che sarà pubblicato dal Mulino il 2 luglio con il titolo Molto più di un mercato. Viaggio nella nuova Europa. Pubblicizzato ieri con grande enfasi dalla Stampa, si tratta di un volume senz’altro importante. Se non altro, perché ci ricorda quale sia il pensiero prevalente presso le élite liberal-progressiste europee. Una visione del mondo da cui Letta si fa avvincere con gusto, quasi con voluttà.Niente di inedito, per carità. Tuttavia le sue considerazioni in questo frangente sono particolarmente suggestive, poiché il dolce Enrico ha deciso di intestarsi una battaglia di tutto rilievo: quella a favore della Scienza (e la maiuscola è rilevantissima). Dopo essersi qualificato, all’inizio del conflitto in Ucraina, come uno dei più arditi guerrafondai con la pelle degli altri, l’ex segretario del Pd ha deciso di lanciarsi in una nuova battaglia: la lotta al «populismo antiscientifico», nientemeno.Secondo Letta, viviamo in una epoca in cui «il metodo scientifico viene costantemente messo in discussione. In tante, troppe occasioni, infatti, le evidenze scientifiche sono stigmatizzate non sulla base di controevidenze, ma per il perseguimento bieco dei propri immediati interessi, di parte o di gruppo. Il caso più eclatante è ovviamente il negazionismo climatico, sempre più diffuso e corrosivo». Ecco i primi nemici del bellicoso Enrico: i negazionisti climatici. Costoro, spiega, «scartano la scienza perché non fa il loro gioco, loro parlano non alla testa ma agli istinti delle persone e sfruttano i bachi del sistema della comunicazione globale e dei social media per imporre come verità rivelate teorie non suffragate da alcun elemento inconfutabile».Una volta lette queste parole, s’affaccia alla mente un curioso pensiero. Se le frasi di Letta fossero tolte dal contesto in cui egli le colloca, sarebbero perfettamente condivisibili. Tradotto: se queste intemerate egli le rivolgesse non ai presunti negazionisti, ma ai suoi compagni di partito e di ricevimenti nei circolini europeisti, non potremmo non concordare completamente con lui. In effetti è del tutto evidente: il metodo scientifico da qualche tempo è maltrattato e vilipeso. Calpestato per sostenere interessi particolari e privati. Il problema è che questi interessi sono esattamente quelli che Letta intende difendere.Egli ha di nuovo ragione quando scrive che ci troviamo su «un piano inclinato sul quale le nostre democrazie rischiano di scivolare ancora di più se la scienza non recupera la propria incontrovertibilità dialettica». Ha ragione anche quando rimarca che «bisogna che le decisioni di chi governa siano prese sulla base di evidenze scientifiche accettate anche da chi è all’opposizione: serve su questo un approccio rigorosamente bipartisan. Perché la scienza non è né di destra né di sinistra. La scienza fornisce dati a supporto di chi decide, indipendentemente dall’orientamento politico e dal momento contingente».Eppure, guarda un po’, questi comportamenti che Letta stigmatizza sono proprio quelli che il suo partito e la sua intera area politica hanno assunto e continuano ad assumere, ad esempio sui temi della pandemia e del cambiamento climatico. Non a caso, quando deve parlare della «medicina durante l’emergenza Covid», il bravo Enrico non trova di meglio che prendersela con i soliti no vax e terrapiattisti. «Quante battaglie, quanti scontri, quanti improbabili ma pericolosi discorsi affabulatori», scrive. E subito dopo, ancora una volta, dice una cosa sacrosanta: «Sembrano tempi lontani, eppure sono vicinissimi». Davvero incredibile: Letta ha sempre le diagnosi giuste, ma per la malattia sbagliata.Egli, smentendo la quasi totalità dei suoi colleghi, spiega che l’oscurantismo del Covid sembra cosa antica ma è ancora estremamente attuale. E, come per ribadirlo, subito dopo fornisce un clamoroso esempio di cancellazione della ragione e del metodo scientifico. Letta scrive che negazionismo climatico e scetticismo pandemico sono «fenomeni con una caratteristica comune in tutta Europa, forse nell’intero Occidente: le soluzioni proposte in alternativa a quelle ufficiali sono, guarda caso, puntualmente, quelle più facili e più comode. In sintesi, sono sempre e solo delle scorciatoie. Controproposte confortate anch’esse dalla scienza non se ne sono viste, naturalmente». Già, peccato che - nell’era pandemica - i critici dei divieti e degli obblighi di proposte alternative confortate da dati scientifici ne avessero fatte parecchie. Solo che non venivano prese in considerazione proprio perché la Scienza farlocca che Letta celebra le censurava.Comunque sia, l’ex leader dem si propone in Europa come cavaliere bianco della Ragione. «La difesa e il rilancio del metodo scientifico rappresentano un valore fondante dell’Unione Europea, un pilastro della nostra vita associata. A partire da queste riflessioni», dichiara, «ho pensato alla necessità di ancorare il futuro del Mercato unico alla centralità del rigore empirico e all’indipendenza della scienza. Covid e cambiamento climatico devono rappresentare una cesura: l’Unione Europea del futuro non può che essere impermeabile al populismo antiscientifico». La formulazione è vagamente delirante, ma ha un pregio: è molto onesta, e di questo dobbiamo ringraziare Letta. Perché ci mostra quel che ci aspetta se dovessero ancora una volta prevalere le élite che egli rappresenta.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)