2019-06-27
L’etichetta Nestlé danneggia il made in Italy
La multinazionale lancia in Francia, Belgio e Svizzera un test sul Nutriscore, una sorta di semaforo che dovrebbe indicare quali cibi sono salutari e quali no. Peccato però che il sistema favorisca gli alimenti chimici di sintesi a scapito di quelli freschi.2.200 marchi tra i quali Nescafé, ma anche Purina che sfama Fido, Jenny Craig per la perdita di peso, Novartis (sì, le medicine) medical nutrition, Vitaflo (alimenti per chi soffre di disturbi alimentari) - ci ha provato per quella strada. Ma ora ha deciso di passare alle vie di fatto e di condizionare, loro dicono informare, il mercato globalizzato con un'etichetta a semaforo molto semplificata. Si chiama Nutriscore, ed è stata creata dal gruppo di ricercatori francesi Eren. Le big dell'alimentazione (oltre a Nestlé, Unilever, Pepsi e Coca Cola, Mars e Mondelez, un trust da 500 miliardi di dollari) avevano chiesto delle modifiche all'Europa, che sta valutando il progetto, ma ora Nestlé ha deciso di mettere il turbo e di iniziare una sperimentazione in alcuni Paesi Ue.Sulle confezioni ci saranno dei colori dal verde al rosso e delle lettere dalla A alla E, come capita per gli elettrodomestici, che invitano a consumare o meno un prodotto in rapporto alla presunta incidenza o insorgenza di malattie quali il diabete, patologie cardiovascolari o del fegato. A proposito dell'adozione del Nutriscore da parte di Nestlé in un'area test composta da Belgio, Francia e Svizzera, sede della multinazionale, Marco Settembri, che è il capo di Nestlé Europa, spiega: « Gli europei vogliono sapere cosa c'è negli alimenti e nelle bevande che consumano e noi vogliamo fornire loro queste informazioni rapidamente e facilmente». Il Nutriscore però non dice quali succedanei sono stati utilizzati e da dove arrivano i diversi ingredienti (mentre in Europa l'etichetta d'origine sta per arrivare come chiesto dall'Italia), se ci sono e quanti prodotti di sintesi. E per interpretarlo davvero ci vuole una laurea in scienza della nutrizione. Un esempio? Se una bibita non contiene zucchero, ma è piena di edulcoranti di sintesi e di caffeina, per il Nutriscore è sana, mentre una spremuta di arance con il miele potrebbe avere semaforo rosso. Volete sapere qual è la differenza? Che le arance costano e il miele pure, mentre la chimica e i coloranti no, ma l'illusione di rimanere in forma può fruttare un sacco di quattrini. Anche perché la verifica sulla verità di quanto affermato dal Nutriscore non è nelle mani del consumatore. E se state dietro alle direttive dell'Oms rischiate di perdere la testa. Ogni giorno c'è un contrordine compagni. È una battaglia costante contro i prodotti di origine agricola, contro la dieta mediterranea che assicura agli italiani la vita più lunga (abbiamo il record con i giapponesi) e che l'Onu ha dichiarato patrimonio dell'umanità. Da domani La Verità comincierà un'inchiesta per raccontare come il mercato globale stia mettendo in ginocchio la nostra agricoltura: partiamo dall'extravergine che dal Nutriscore sarà - in maniera menzognera - il prodotto più penalizzato. Abbiamo perduto da anni il primato produttivo, oggi a comandare sono gli spagnoli e i tunisini che hanno rieletto al vertice del Comitato oleicolo internazionale un loro rappresentante. E l'Italia è fuorigioco. Ma è ormai chiaro che si vuole avere un'agricoltura che produce solo quantità di sostanze indifferenziate: per questo è stata lanciata l'offensiva vegana e vogliono nutrirci con cavallette o integratori. La storia dell'etichetta a semaforo è lunga come la voglia di questi signori di farci mangiare tutti le stesse cose, possibilmente di derivazione chimica perché l'agricoltura è una gran rottura per loro. Hanno cominciato gli inglesi con le etichette per i grassi dove l'extravergine di oliva che gli americani etichettano addirittura come alimento curativo si beccava il semaforo rosso, poi i nordici con il Keynote che segnala solo gli alimenti che loro ritengono sani. Ora i francesi -quelli che hanno raccontato al mondo che nonostante si rimpinzino di formaggio e lardo non hanno il colesterolo alto grazie ai vini rossi - vogliono il Nutriscore. Vediamo se i produttori di foie gras, camembert o champagne saranno d'accordo. Entro l'autunno la Commissione europea dovrà dire se il Nutriscore è adottabile o no. Ma applicarlo vuol dire mettere fuori mercato la quasi totalità dei prodotti Dop e Igp. A capirlo aiuta il bilancio Nestlé che ha chiuso il 2018 con 91,4 miliardi di franchi svizzeri di fatturato e un utile di 15,5 miliardi. Pensate che siano la cioccolata, l'acqua minerale, il latte condensato a farla ricca? Non solo: tirano il cibo per animali, gli integratori, gli alimenti dietetici, quelli per i malati o presunti tali e anche il caffè, che se uno lo piglia amaro o con il micidiale aspartame per il Nutriscore va benissimo. Sulla strada di Nestlé si è incamminato da anni il vero colosso del mercato globalizzato: Unilever, che si sta trasformando in una healthy company. Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, associazione che riunisce i migliori marchi del nostro agroalimentare, denuncia: «Nutriscore è un sistema che va contro una dieta sana ed equilibrata, penalizza prodotti di eccellenza come l'olio d'oliva e premia invece prodotti artificiali e di sintesi. Fa il gioco di poche multinazionali che decidono di adottarlo per andare sempre più verso l'omologazione dell'alimentazione. Le aziende italiane sono contro tale sistema che carpisce la buona fede del consumatore e fa solo il gioco delle multinazionali estere lontane dal nostro modello alimentare». A una mobilitazione in sede europea chiama il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «Con l'inganno delle etichette a semaforo si rischia di sostenere modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo non solo la salute dei cittadini, ma anche il sistema produttivo di qualità del made in Italy». E i cuochi stellati sponsorizzati dalla San Pellegrino? Ah no quelli sono cose per ricchi. Per il resto todo es chimica!
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