2019-12-14
Lesso o bollito, ed è subito Natale in famiglia
Un piatto conviviale, sorta di rito pagano delle feste. La differenza la fa la temperatura dell'acqua in cui si immergono i vari pezzi. Il brodo è il migliore aperitivo e digestivo per lo stomaco e quando è fatto bene risana i malati. Le carni devono essere di eccellenza.Lesso o bollito per il pranzo di Natale in famiglia? Dipende. Se nel menu del 25 dicembre avete previsto un consommè d'entrée per preparare adeguatamente lo stomaco all'abbuffata successiva o un'ottima minestra di tortellini (agnolini, cappelletti, tagliolini, capelli d'angelo...) dovete puntare tutto sul brodo: dev'essere superlativo. Se, invece, intendete mettere in tavola uno spettacolare vassoio di varie carni - manzo, cappone, cotechino, lingua, testina... - giocate tutte le vostre carte sul bollito. La differenza sta nel metodo di cottura delle carni che, chiaramente, devono essere di primissima qualità. Per fare un brodo eccellente - e quello di Natale è il padre di tutti i brodi -, i tagli di manzo e il cappone (o gallina vecchia che fa sempre un buon brodo) devono essere immersi nell'acqua fredda della pentola. Solo successivamente l'acqua va portata a lenta ebollizione. Per un bollito indimenticabile, al contrario, le carni bovine e avicole devono essere tuffate nell'acqua già bollente della pignatta.Pellegrino Artusi ne La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1891) detta la ricetta: «Lo sa il popolo che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo preferiste un buon lesso (bollito) allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi». Ci spiega il perché Fabio Ferrarini, docente e autore de La carne bovina dalla produzione alla tavola: «Al contatto del calore la carne si restringe chiudendo immediatamente i pori. In questo modo conserva i succhi all'interno fino a completa cottura. Il lesso, invece, è il risultato della preparazione del brodo: la carne si mette nell'acqua fredda e la si scalda gradatamente in modo che si sciolgano le sostanze albuminose che vengono incorporate nel brodo».Fanatico del bollito era Riccardo Morbelli, giornalista, scrittore, goloso «viaggiatore intorno allo stomaco». Da buon piemontese confessò la sua passione sul Boccafina: «Il bollito è un piatto di carne che è qualcosa di più e di assai meglio del solito lesso, sottoprodotto della preparazione del brodo. Il bollito piemontese è un gigantesco pezzo di manzo, cotto con altre carni, cotiche, testina e zampetti di maiale o di vitello, pollo, tacchino, salsicce». Morbelli era talmente invaghito del piatto tipico della sua regione che svilì l'importanza del lesso. Il torto fatto al brodo, che quando è fatto bene risana i malati e fa risuscitare i morti, fu riparata da Cesare Marchi, altro giornalista scrittore e impenitente buongustaio. Autore del sapidissimo Quando siamo a tavola, opinionista e inviato di Il Giornale allora diretto da Indro Montanelli, Marchi rifiutò di trasferirsi da Villafranca di Verona, dove viveva con la famiglia del fratello, a Milano, come avrebbe voluto l'amico direttore: «E se mi ammalo chi mi prepara un brodo buono come quello che fanno a casa mia?».Quali sono i tagli da usare per lesso e bollito? Li suggerisce il veronese Costanzo Compri, macellaio e cuoco di Buttapietra, che da una vita prepara l'uno e l'altro: «Ideali per il lesso sono il taglio reale o punta di petto, la coda, la copertina, muscolo di spalla che a Milano chiamano cappello del prete perché ricorda il tricorno che una volta si mettevano in testa i sacerdoti. Insieme con i tagli di manzo si cuoce la gallina o, meglio ancora, a Natale, il cappone. Tutte le carni vanno messe in pentola in acqua fredda. Quando sono cotte si tolgono e si restringe il brodo che risulterà delizioso, ideale per il tradizionale piatto del Natale veronese: paparele con i figadini. Tagli di manzo nobili servono pure per il bollito: il codone, muscolo vicino alla coda, la copertina, la punta di petto. Cappone o gallina vanno cotti insieme, nell'acqua bollente. A parte va cotto il cotechino, che richiede altri tempi e rilascia un grasso che rovinerebbe il gusto del brodo. Anche lingua e testina si devono cuocere a parte. Il bollito veronese va rigorosamente servito con la pearà, salsa di pane raffermo, abbondante pepe e midollo bovino, cotta in brodo bollente».A Mantova un buon brodo caldo è il migliore «aperitivo» e «digestivo» per lo stomaco: lo prepara prima del pranzo e lo sistema dopo. I raffinati tradizionalisti iniziano col gonzaghesco sorbir d'agnoli, bollente minestra di grossi anelli di pasta ripiena. I più audaci la raffreddano versando nella scodella una generosa dose di lambrusco. In questo caso il sorbir d'agnoli diventa bevr'in vin. Nel '500 il poeta maccheronico Teofilo Folengo, in arte Merlin Cocai, raccomandava di cuocere la carne a fuoco basso, lentamente, in modo che rilasciasse tutti i succhi vitali e non far traboccare il brodo dalla pentola.Il bollito è un piatto sontuoso che si prepara in tutta Italia: Piemonte, Emilia, Veneto, Friuli, a Napoli, Palermo, Milano... Diverse le carni. Oltre a manzo, vitello, gallina, cappone, in alcune zone si usano maiale, tacchino, anatra. In Sardegna anche l'agnello. Il bollito non è completo senza la lingua di bue, la testina di vitello, il cotechino. A Padova si scrive con le iniziali maiuscole: Gran Bollito. Vanta un illustre estimatore: Galileo Galilei che insegnò nell'università patavina dal 1592 al 1610. Lo scienziato che rischiò di essere messo arrosto dalla Chiesa per aver sostenuto che la terra si muoveva intorno al sole, di fronte al bollito si toglieva i panni dell'astronomo per indossare quelli del gastronomo. Preparava il bollito anche per gli studenti che aveva a pensione, come si usava a quei tempi. Giuseppe Maffioli ne La cucina padovana riporta la nota spese del beccaio di Abano dove Galilei si serviva: 260 libbre di carne di manzo, 83 di sovranella, 54 di vitello. Una quantità di carne impressionante, soprattutto se si considera che la nota riguarda la spesa fatta dall'11 dicembre 1604 al 29 gennaio del 1605.Giorgio Borin, patron de La Montanella, sulle colline di Arquà Petrarca, studioso della cucina padovana, racconta che il Gran Bollito ha origini seicentesche: «Mattia Geigher, trinciante tedesco che operò in Padova, in un libro pubblicato nel 1639 consiglia per il bollito invernale lingua di bue, gallina padovana, carne bovina, testina di vitello, cotechino, lingua salmistrata. Facoltativi ossi e piedini di maiale, cappone, anatra, oca e faraona».Contorni per il bollito ce ne sono per tutti i gusti. Si accompagna, innanzitutto con il sale grosso e le verdure di cottura, cipolle, sedano, carote o altre a piacere. Tra le salse, oltre alla pearà veronese, sconosciuta fuori dalle mure scaligere, spiccano il cren (rafano) e la salsa verde. E la mostarda? Mondiale. Alessandro Tassoni nel 1622 cita quella di Carpi nella Secchia rapita, ma in tutta Italia si producono ottime mostarde con frutta, ortaggi o mosto cotto, dal Piemonte al Veneto, dalla Lombardia alla Romagna, dalla Puglia alla Calabria alla Sicilia.L'antropologo Claude Lévi-Strauss nel Trattatello di etnologia culinaria, contrappone l'arrosto al bollito, la cucina immediata, a contatto col fuoco a quella che tra carne e fuoco mette la pentola e l'acqua. In questi due modi di cuocere la carne, pur apprezzando il prodotto finito di entrambi, Lévi-Strauss vi legge un comportamento sociale: il bollito, preparato nel chiuso della pentola, è destinato al cerchio ristretto della famiglia; lo spiedo, la griglia che richiamano la cucina all'aria aperta, i banchetti, gli inviti, sono riservati agli amici, agli ospiti agli estranei. Nelle carni alle braci l'antropologo francese legge l'accoglienza, l'amicizia, nel bollito il calore domestico e gli affetti famigliari. Quelli che ci vogliono a Natale: condiscono la festa meglio di qualunque salsa.