2020-09-15
L’esecutivo ha paura che si sappia come intende spendere i fondi Ue
Il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola (Ansa)
Diffusa una bozza delle linee guida per l'utilizzo dei soldi del Recovery fund. Ma il ministro Vincenzo Amendola tuona: «Fuga di notizie, vado in Procura». Hanno paura di far vedere che in realtà decide tutto Bruxelles?Nel testo mezzo rinnegato dal governo trovate assurde e fondi a pioggia su temi come l'empowerment femminile. Il rilancio di Taranto? Un acquario da 50 milioni.Lo speciale contiene due articoli.Serviva proprio un tocco di thrilling poliziesco per ravvivare le lunghe settimane che separano il governo dall'inizio dell'anno prossimo quando, sperabilmente, potrà cominciare ad avvenire la formale presentazione alla Commissione Ue del piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Senza quel piano non si potrà accedere alle risorse del dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) da 672,5 miliardi, che è la parte più corposa del Next Generation Eu da 750 miliardi per tutti gli Stati membri. Da quel momento ci vorranno ancora 12 settimane per consentire a Commissione e Consiglio, rispettivamente, di valutare e decidere l'assegnazione delle risorse.Nel frattempo l'esecutivo scalpita - probabilmente anche per motivi di equilibri politici interni alla maggioranza, in cui il M5s si è arroccato intorno a quei fondi e a quei progetti per resistere alle pressioni del Pd a favore della richiesta del prestito del Mes - per definire un piano che viene dipinto come il sol dell'avvenire. Da qui l'inutile passerella degli Stati generali a giugno a Villa Pamphili e gli annunci sapientemente affidati al megafono dei media: il 27 agosto ci ha pensato il Mise a farci avere il suo pacchetto di slide inviate al dipartimento per le politiche europee presso Palazzo Chigi, il 9 settembre il Ciae non è stato da meno nel licenziare un corposo documento con le linee guida per la definizione del piano. Ieri ha cominciato a circolare su siti e giornali uno sterminato foglio elettronico in cui ben 677 miliardi di spesa sono disseminati in 577 progetti riguardanti tutto quanto è stato impossibile fare nel nostro Paese negli ultimi 25 anni a causa del dogma dell'avanzo primario del bilancio pubblico. Questo documento però è stato prontamente definito dal ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, come «fuga di notizie indecorosa» per la quale ha sporto denuncia alla Procura.Tali schede, secondo il ministro, hanno «l'unico intento di creare confusione e disinformazione e sono risalenti a uno stadio iniziale dei lavori con ipotesi e proposte già ampiamente superate». Ora, è appena il caso di notare che si fa fatica a comprendere quale possa essere la fuga di notizie, considerato che non appare materiale in qualche modo segretato; anzi si tratta di progetti di cui si parla da settimane su tutti i giornali. Ma il punto non è il merito di quei progetti, considerati superati ma veri, piuttosto il fatto che siano usciti. E appare proprio questo il probabile motivo della reazione del ministro. Infatti, fino a quando la Commissione Ue non renderà note le vere linee guida che determineranno la valutazione dei piani nazionali, l'esercizio del nostro governo è simile a poco più di un allenamento per scaldare i muscoli in attesa della gara. E sarebbe un grave smacco per Palazzo Chigi che si sappia - dopo il 15 ottobre, quando avrà inizio il confronto informale e dopo il 1° gennaio 2021, quando ci sarà l'invio formale del piano - che il governo italiano ha fatto i conti senza l'oste e la Commissione ha falcidiato i progetti. A nessuno piacerebbe vedere quel foglio dati pieno di segni rossi e blu di correzione ad opera dell'arcigno commissario Valdis Dombrovskis. Ritorna prepotentemente il tema sollevato su queste colonne sin da luglio: siamo sicuri che il perimetro dei progetti necessari per lo sviluppo dell'Italia, disegnato dalla Commissione senza possibilità di contraddittorio, sia proprio confacente a un Paese che ha attraversato due recessioni a inizio del decennio (di cui la seconda provocata da fallimentari scelte della Ue) ed è nel pieno della terza?Tale perplessità trascina con sé un'altra. Pochi di quei progetti sono già presenti nelle leggi di spesa attualmente in vigore (il cosiddetto quadro tendenziale o a legislazione vigente), quindi devono prima entrarci, votati ovviamente dal Parlamento, e poi trovare la fonte di finanziamento nel Recovery fund, anziché in un normalissimo Btp.È la stessa storia del Mes: richiedere quel prestito, necessita una preventiva attività legislativa di spesa, a meno che nel tendenziale ci siano già spese finanziabili dal Mes, ma così non è.Queste leggi di spesa determinano una crescita dell'indebitamento netto, aggiuntiva rispetto ai 100 miliardi già approvati dal Parlamento negli ultimi mesi e questo è un tema delicatissimo, considerato che il rapporto debito/Pil è già proiettato verso il 160%. Non va dimenticato che l'analisi di sostenibilità del debito è una spada di Damocle che ricomincerà presto a pendere sul Belpaese e, da lì, il passaggio verso l'adozione di misure macroeconomiche correttive diventa brevissimo.Quindi ci troviamo in una paradossale situazione: il governo passa le giornate a delineare piani la cui ammissibilità non è ancor nota e dà in escandescenze alla notizia della loro pubblicazione, mentre le leggi di spesa già approvate dal Parlamento stentano a generare flussi finanziari verso il settore privato e, come conseguenza, la cassa del Tesoro ad agosto è salita al record di 100 miliardi ed è pure stata annullata un'asta di titoli di Stato.Viene in mente la battuta con cui Checco Zalone liquidò una zelante funzionaria ministeriale in un suo film di successo: «Ma questa è del mestiere?».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lesecutivo-ha-paura-che-si-sappia-come-intende-spendere-i-fondi-ue-2647648955.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lista-di-sogni-e-spese-per-667-miliardi" data-post-id="2647648955" data-published-at="1600124050" data-use-pagination="False"> Lista di sogni e spese per 667 miliardi Un Recovery plan italiano all'insegna degli acquari e delle piattaforme di e-commerce locali. Per fortuna che la lista dei sogni è già stata smentita dal ministro Enzo Amendola, perché se l'Italia la presentasse a Bruxelles per utilizzare i fondi messi a disposizione dal Recovery fund arriverebbe alla stratosferica cifra di 667 miliardi. Mentre il budget supera di poco i 200. Senza contare che grande parte dei 557 progetti stilati nella bozza sarebbero il più grande spreco di denari della storia della Repubblica. Tra questi si può trovare sia la realizzazione di un acquario green nell'area portuale di Taranto, con l'obiettivo di incentivare la creazione dei posti di lavoro, sia la creazione di piattaforme di e-commerce locali su tutto il territorio nazionale per aiutare l'imprenditoria italiana. Lo stanziamento in questo caso sarebbe di 2 miliardi. Accanto a queste troviamo una serie di iniziative per le donne che hanno tutte lo stesso scopo. E dunque abbiamo percorsi di empowerment femminile (4 miliardi) che hanno come obiettivo quello di far aumentare l'occupazione femminile attraverso programmi di assunzioni. Un altro miliardo per liberare l'energia al femminile, che punta incredibilmente a raggiungere una maggiore partecipazione nel mondo del lavoro da parte delle donne. E 10 milioni per risolvere il problema del gender-gap. Come? Con un sistema nazionale di certificazione sulla parità di genere. Ovviamente anche questo progetto mira a promuovere l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro. A fianco a questi ci sono altre ipotetiche misure come i mezzi di trasporto gratis per chi non ha la possibilità di pagarsi un biglietto in modo da «conferire uguali opportunità di lavoro e istruzione» e il potenziare un'iniziativa per la promozione della cultura e della lingua italiana all'estero (8 milioni). Seguendo la lista dei sogni si passa dall'idea di voler dar vita ad un modello economico per stimare l'effetto che il Covid-19 ha avuto sulle performance delle imprese italiane, e che indichi anche il loro fabbisogno di liquidità, al voler dotare il personale che lavora presso l'amministrazione centrale e la rete estera di 7.500 pc per usarli da remoto. Sempre in tema tech si vorrebbero spendere 11 milioni per dotare le postazioni di lavoro di computer che includono in un unico blocco: webcam, casse audio, microfoni ecc per ridurre i costi energetici. Su questa onda, poi, Sogei propone il «WorkingSmart» (55 milioni) che ha l'obiettivo di introdurre importanti cambiamenti nelle modalità lavorative dei dipendenti «adottando un paradigma che si basa su metodologie e organizzazione del lavoro innovative supportate da tecnologie avanzate». Segue sul tema lavoro agile Poste Italiane che richiede (50 milioni) in ottica smart working e green all'interno dell'edificio. E sempre loro richiedono uno «smistamento 2.0» per 180 milioni di euro: «il programma prevede l'installazione di impianti di nuova generazione per lo smistamento di posta e pacchi». E infine anche il ministero dell'Economia e delle finanze propone il «WorkingSmart: la modalità intelligente di lavorare nel dipartimento delle finanze». La bizzarria di alcune proposte è forse il motivo del palese imbarazzo del ministro Vincenzo Amendola rispetto alla loro divulgazione? O forse più facilmente la fuga di notizie ha fatto temere al governo di non poter organizzare spese distribuite a pioggia.