2025-05-14
Dopo gli screzi con Bergoglio Leone prova a recuperare l’amicizia tra Chiesa ed ebrei
Prevost scrive a Di Segni: «Rafforziamo il nostro dialogo». Pizzaballa: «Un viaggio in Terra Santa è tra le priorità». Aria nuova pure nella gestione della diocesi di Roma.È un esercizio stucchevole passare al termoscanner Leone XIV, per stabilire se e quanto si discosti dal suo predecessore. Alcune evidenze, però, non si possono ignorare.Ieri, ad esempio, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha ricevuto un messaggio personale del nuovo Papa. Una formalità, in teoria: l’ormai ex cardinale Robert Francis Prevost comunicava al principale della comunità ebraica di essere stato eletto pontefice. Solo che la missiva conteneva un invito potente «a continuare e a rafforzare il dialogo e la cooperazione della Chiesa con il popolo ebraico nello spirito della dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II». Quel testo, vergato nel 1965 da Paolo VI, era esplicito nel rivendicare il legame spirituale dei cristiani «con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. […] La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici, ma da carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque».Leone XIV, nel giorno della sua elezione, aveva inviato una lettera anche al direttore degli affari interreligiosi dell’American jewish committe, il rabbino Noam E. Marans. Ieri, dall’associazione si sono detti «profondamente commossi» che il Papa abbia «ribadito il suo impegno per le relazioni cattolico-ebraiche». Certo, nel suo primo Angelus ha invocato sia la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas sia la cessazione delle ostilità, perciò dei bombardamenti di Israele a Gaza. Tuttavia, il ponte gettato con il popolo ebraico è un gesto molto significativo, visto il deterioramento dei rapporti tra la Santa Sede e Gerusalemme durante il pontificato di Francesco.Jorge Mario Bergoglio aveva adoperato persino la controversa definizione di «genocidio», per condannare l’operazione militare voluta da Benjamin Netanyahu; e costui, furibondo, aveva aspettato tre giorni prima di far pervenire al Vaticano le condoglianze per la morte del Papa argentino. Numerose, poi, sono state le occasioni di attrito del governo israeliano con monsignor Pierbattista Pizzaballa. Il quale, ieri, ha anticipato che la trasferta in Terra Santa sarà «una delle priorità nella lista dei viaggi» del pontefice statunitense.«Il rabbino capo di Roma, che sarà presente alla celebrazione dell’inaugurazione del pontificato, ha accolto con soddisfazione e gratitudine le parole a lui dirette dal nuovo Papa». La nota diramata dalla comunità ebraica della Capitale sembra chiudere un capitolo burrascoso e inaugurare una nuova era di cooperazione. A ben vedere, gli elementi di discontinuità nell’approccio dell’americano, nonostante non sia ancora trascorsa una settimana dalla fumata bianca, già sono parecchi. Il Financial Times ha interpretato la telefonata con Volodymyr Zelensky alla stregua di una rottura con l’atteggiamento di Bergoglio, così critico verso la politica dell’Occidente, da aver biasimato «l’abbaiare della Nato alle porte della Russia». Prevost, con ogni probabilità, eviterà di avventurarsi in sofisticate analisi storiche e appoggerà ogni sforzo per arrivare alla pace.La stampa, poi, sta speculando sui piani del pontefice yankee per risanare le disastrate finanze vaticane. È presto per capire quali misure adotterà il successore di Pietro. Di certo si sa che ha già preso in mano i dossier scottanti, che ha grande disponibilità all’ascolto, ma che è un uomo determinato, abituato a evitare gli annunci roboanti e a decidere con fermezza. Se ne stanno rendendo conto alla diocesi di Roma. Fonti ben informate riferiscono di uno scambio di idee con il vicario, monsignor Baldassarre Reina, nel quale il Papa ha sollecitato un cambiamento e un impegno missionario: Prevost, preoccupato dalla penuria di vocazioni, per le quali ha chiesto di pregare domenica scorsa, vede una Roma scristianizzata, da rievangelizzare.Al di là delle vecchie polemiche per lo stile confusionario e arbitrario che Francesco aveva adottato nel governo dell’Urbe, è interessante notare che Leone XIV, pur sensibile ai problemi dei Paesi poveri alla luce dell’esperienza in Perù, sta ponendo l’accento sulla crisi della fede nel primo mondo. Lo si era intuito quando, parlando ai cardinali, aveva deplorato i contesti laicisti, in cui la religione viene ridicolizzata e disprezzata. Una cura attenta della città centro del cattolicesimo confermerebbe questa sensibilità ratzingeriana per la resistenza al relativismo filosofico e morale. D’altro canto, nel 2023, quando era ancora un porporato, Prevost ammetteva di non essere sempre andato d’accordo con Francesco e, addirittura, di essersi convinto che la sua ascesa al soglio gli avrebbe precluso una nomina episcopale. Gli esperti di questioni ecclesiali suggeriscono che l’allora presule di Chiclayo non fosse nemmeno la prima scelta di Bergoglio per la guida del Dicastero dei vescovi: Bergoglio gli avrebbe preferito il brasiliano Ilson de Jesus Montanari, che si sarebbe tirato indietro, oppure Blase Cupich (di Chicago come Prevost ma parecchio più esposto a sinistra), o Robert W. McElroy, di San Francisco, favorevole a concedere la comunione agli abortisti. Leone è mite. Se no, uno così, potrebbe sbranarselo...
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.