2024-01-08
Le lenticchie portano molta fortuna ma non mangiamole soltanto a Natale
Fin dal tempo dei Romani, che le importarono dall’Egitto, si regalavano all’inizio del nuovo anno per augurare ricchezza. La loro pianta, però, fiorisce tra maggio e luglio e il suo prodotto va gustato tutte le stagioni.Le lenticchie sono un po’ come certi dolci che si vedono solo nel periodo natalizio: in combinazione - esemplare - col cotechino, qualcuno le mangia esclusivamente la notte di Capodanno. Noi no e perciò vogliamo dedicare a questo piccolo legume che esiste oltre Natale un approfondimento proprio adesso che le festività sono terminate, augurandoci che vi invogli a mangiarle tutto l’anno. Come facevano i nostri antenati. Sapete, infatti, che la lenticchia è una delle prime leguminose addomesticate dall’uomo? Sono state ritrovate tracce di lenticchie dell’8000 a.C. a Gerico, risalenti al periodo tra il 13.000 e l’11.000 a.C. nella grotta di Franchthi in Grecia, a Mureybet e Tell Abu Hureyra in Siria, nelle tombe della necropoli egizia di Tebe. Proprio dall’Egitto importavano le lenticchie i Greci, che le amavano molto, tanto che Aristofane scrisse che la zuppa di lenticchie era «la più dolce delle prelibatezze». E sempre da lì le importavano anche i Romani, che ne furono grandi estimatori. Sono tante le occorrenze nei testi artistici, medici e culinari: Ovidio scrisse di un impacco fatto con lenticchie, orzo, uova, bulbi di narciso, spelta, miele e corna triturate di cervo che «ogni donna che tratterà il volto con tale cosmetico risplenderà più liscia del suo specchio», Plinio il Vecchio le definì alimento capace di nutrire bene ma anche di, codificando ben prima di oggi il concetto di comfort food, donare pace agli animi tormentati, molte le ricette con lenticchie di Apicio. L’obelisco egizio detto Obelisco Vaticano che si trova in Piazza San Pietro a Roma fu fatto trasportare via mare da Caligola dall’Egitto proprio protetto da un carico di lenticchie e sempre nella Roma dei nostri avi nacque l’abitudine di donarle nel passaggio al nuovo anno, in una borsettina di cuoio chiamata scarsella che si attaccava alla cintura, a mo’ di portafortuna, a simboleggiare la prosperità di monete che si augurava a chi si donavano. Attenzione, il capodanno dei Romani era a marzo, quando si rinnovava il sacro fuoco nel tempio di Vesta e si celebrava Marte, il dio della guerra ma anche il difensore della terra dalle calamità, poi nel 191 a.C. Publio Licinio Crasso lo spostò con la lex Acilia de intercalatione al 1° gennaio e poi subentrò il calendario giuliano, così detto perché introdotto da Giulio Cesare, ancora in essere, che confermò l’inizio dell’anno il primo giorno del mese di gennaio. Dalla scarsella piena di lenticchie degli antichi Romani deriva il nostro uso di mangiare lenticchie a Capodanno, quelle lenticchie tonde come le monete che, con questo «rituale», speriamo di ricevere nell’anno che verrà. Le lenticchie si prestano alla metafora danarosa anche perché sono i legumi più piccoli e augurare tante monete quante lenticchie nel piatto garantisce che le monete augurate siano il massimo possibile perché per riempire un piatto occorrono molte lenticchie, di ceci o fagioli ne basterebbero molti meno. Le lenticchie sono citate più volte anche nella Bibbia: in Samuele 17:28, «portarono dei letti, dei catini, dei vasi di terra, del grano, dell’orzo, della farina, del grano arrostito, delle fave, delle lenticchie, dei legumi arrostiti», in Samuele 23:11, «Dopo di lui veniva Samma, figlio di Aghè, l’Ararita. I Filistei si erano radunati in massa. In quel luogo c’era un campo pieno di lenticchie», in Ezechiele 4:9, «Prendi anche frumento, orzo, fave, lenticchie, miglio, spelta, mettili in un vaso, fattene del pane sufficiente per tutto il tempo che starai sdraiato sul tuo lato; ne mangerai per trecentonovanta giorni» e, soprattutto, in Genesi 25:34, la vicenda di Esaù e Giacobbe, primo e secondo figlio di Isacco e Rebecca: «I due bambini crebbero; Esaù divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna, e Giacobbe un uomo tranquillo che se ne stava nelle tende. Isacco amava Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto. Rebecca invece amava Giacobbe. Or mentre Giacobbe faceva cuocere una minestra, Esaù sopraggiunse dai campi, tutto stanco. Esaù disse a Giacobbe: “Dammi per favore da mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché sono stanco”. Perciò fu chiamato Edom. Giacobbe gli rispose: “Vendimi prima di tutto la tua primogenitura”. Esaù disse: “Ecco, io sto morendo; a che mi serve la primogenitura?”. Giacobbe disse: “Prima, giuramelo”. Esaù glielo giurò e vendette la sua primogenitura a Giacobbe. Allora Giacobbe diede a Esaù del pane e della minestra di lenticchie. Egli mangiò e bevve; poi si alzò, e se ne andò. Fu in questo modo che Esaù disprezzò la primogenitura». Da questo episodio deriva il modo di dire «vendersi per un piatto di lenticchie», intendendo dire che si è realizzato uno scarso guadagno a fronte di quanto si è ceduto. E deriva anche la prassi ebraica di mangiare lenticchie durante un lutto per ricordare la grande perdita di Esaù, che rinunciando alla primogenitura cedette a suo fratello il ruolo di patriarca dell’Ebraismo e capostipite degli Israeliti. Anche la rotondità della lenticchia si presta a simboleggiare un ciclo che inizia, procede e poi si conclude, come è quello della vita interrotta dalla morte. Per lo stesso principio, infatti, è uso ebraico mangiare anche uova, anch’esse con forma continua e chiusa utile a simboleggiare il viaggio esistenziale e le sue fasi. Nonostante ne facciamo grande consumo in inverno e in particolar modo a Capodanno, la lenticchia è una pianta primaverile-estiva: si semina in primavera, fiorisce tra maggio e luglio, si raccoglie a luglio, si fa seccare, ad agosto si trebbia e a settembre è pronta. Pianta dicotiledone della famiglia delle Fabacee o Leguminose, il nome botanico del genere è Vicia e quello della specie Lens. Ciò che noi mangiamo di questa bella pianta sono i semini rotondi, piani, solo leggermente bombati, contenuti in baccelli corti e piatti, ce ne sono circa 2 per baccello (possono essercene pochi di più, ma non meno). I fiori sono di diverso colore a seconda della varietà, possono essere bianchi, blu ecc., anche il colore dei semi cambia in base alla varietà e le cultivar in sede commerciale sono raggruppate in base al colore: ci sono le lenticchie verdi, quelle gialle, quelle rosse, quelle marroni. Poi, in base alla taglia, dalle piccole alle grandi. Poi, possono essere non decorticate oppure decorticate, cioè private della scorza. Decorticare i legumi (ma anche i cereali) serve a rimuovere la buccia. Ciò priva il seme di una quota di fibre e di zuccheri, rendendolo quindi più facilmente e più velocemente digeribile. Il dahl indiano, che viene usato come antipasto e contorno, si prepara tipicamente con lenticchie decorticate perché il legume deve svolgere la sua funzione di accompagnamento di altre pietanze protagoniste del pasto con più leggerezza possibile. Ed ecco anche perché preferibilmente anziani, bambini e in generale chi ha problemi di digestione dovrebbe mangiare lenticchie decorticate. Le cultivar di lenticchie in tutto il mondo sono decisamente molte perché nel mondo si mangiano molte lenticchie, si pensi alla rilevanza delle lenticchie nella cucina indiana, per esempio, magnificata da piatti come il dahl con curcuma e zenzero. Se ci localizziamo in Italia, abbiamo lenticchie Igp come quelle sarde di Altamura e quelle umbre di Castelluccio di Norcia, lenticchie Pat come quelle di Ventotene, quelle nere di Leonforte, quelle di Colfiorito e quelle che sono sia Pat sia presidio Slow Food come quelle di Ustica o di Onano. Le lenticchie sono sicuramente alleate della nostra alimentazione e vi raccomandiamo di non relegarle al solo periodo natalizio. Un etto di lenticchie secche contiene 367 calorie, 2,5 g di grassi di cui solo 0,3 g saturi, 54 g di carboidrati di cui 2,4 zuccheri, 14 g di fibre, 25 g di proteine e 0,02 g di sale. Come si vede, il rapporto tra proteine e carboidrati è di 1 a 2, quindi diffidate quando sentite parlare di lenticchie e in generale di legumi come proteine vegetali alternative in tutto e per tutto alle proteine animali, perché non lo sono e abbiamo bisogno di entrambe. In primo luogo, anche i cereali contengono proteine vegetali, non le contengono soltanto i legumi. Quando si lascia intendere che la proteina animale può essere sostituita perfettamente da quella vegetale leguminosa si disinforma e non si spiega la reale situazione proteica che il mangiatore ha a disposizione e della quale deve usufruire, perché abbiamo bisogno di proteine, sia animali, sia vegetali, ogni giorno. Secondo i Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana elaborati dalla Sinu, Società italiana di nutrizione umana), abbiamo bisogno di tutti i macronutrienti: il 45-60% circa delle calorie giornaliere deve provenire dai carboidrati, di cui zuccheri semplici cioè monosaccaridi e disaccaridi inferiori al 15%, carboidrati complessi per il restante 30-45%, in parte integrali, sono consigliati, infatti, almeno 25 g/die di fibre. Per quanto riguarda i grassi, dal 20 a massimo il 35%, ancor meglio se massimo il 30%, di grassi sull’introito calorico quotidiano totale (di cui massimo 10% sul totale calorico quotidiano di acidi grassi saturi, tra 5 e 10% di acidi grassi polinsaturi - 4-8% come omega-6 e 0,5-2% come omega-3 - e 10-15% di acidi grassi monoinsaturi) e colesterolo inferiore 300 mg al giorno. Per quanto concerne le proteine, necessitiamo di circa 0,9 g di proteine per chilo di peso corporeo al giorno, più o meno siamo intorno al 15-20% dell’introito calorico giornaliero (per esempio, per l’adulto di età media e peso di 70 kg, 63 g al giorno). Di queste proteine, 2/3 devono essere di origine animale e 1/3 di origine vegetale. Questo ci fa capire come le pietanze animali (carne, pesce, uova, latte e derivati) da cui traiamo le proteine animali si possano ben affiancare alle proteine vegetali che troviamo nei legumi come le lenticchie (e nei cereali) e non debbano, invece, farsi sostituire da esse. E ci spiega anche perché molti piatti della tradizione siano basati proprio su questa combinazione, lenticchie come contorno di proteine animali, come nel caso di cotechino e lenticchie, e lenticchie come «companatico» come nel caso di pasta e lenticchie o un bel panino con polpette di lenticchie. Le proteine animali sono anche dette nobili o complete perché contengono tutti gli aminoacidi detti essenziali che l’organismo deve assumere con la dieta, quelle vegetali sono invece dette incomplete proprio perché né i cereali, né i legumi li presentano tutti. Ecco perché spesso i legumi vengono abbinati ai cereali, perché in questo modo tutti gli aminoacidi, quali apportati dai cereali, quali dai legumi, sono presenti nel piatto. Si tratta però sempre di una combo che non può sostituire perfettamente la carne, primo perché rispetto alla carne presenta grassi, fibre e calorie che quella non ha, secondo perché le proteine vegetali sono meno facilmente digeribili rispetto a quelle animali, terzo perché non contiene altri elementi presenti nella carne, come il ferro eme, così detto perché presente laddove è presente emoglobina. Curiosità: nel Museo de Vestigios Insolitos situato a Barcellona e visitabile on line sono conservate le Lentejas de la S. Ultima Cena, una piccola campana di vetro che racchiude due lenticchie che apparterrebbero alla reliquia delle 13 lenticchie avanzate dell’Ultima Cena inventariate nel Sancta Sanctorum di San Giovanni in Laterano a Roma. Ecco il link: http://museodevestigiosinsolitos.org/sec_a09/sec_a09.htm