2023-11-04
Le trote di Goethe deliziano ancora i palati
Johann Wolfgang von Goethe (Gettyimages)
Decantate dal poeta tedesco nel suo «Viaggio in Italia» quasi 250 anni fa, oggi continuano a risalire la corrente del fiume Sarca. Ma finiscono anche nei piatti dei ristoranti che si affacciano sul Garda. Un lago dove la pesca sta scomparendo. O forse no...Nel settembre del 1786 Johann Wolfgang von Goethe, nobiluomo tedesco, ministro del duca Carlo Augusto di Sassonia-Weimar ma, soprattutto, immenso poeta, scrittore, scienziato, intraprende un viaggio nell’adorata Italia. Il 12 è a Torbole, piccolo villaggio all’estremità settentrionale del lago di Garda. Quando Goethe finalmente vede il Garda s’illumina d’immenso e traduce l’incanto con un verso di Virgilio che paragona il Benàco al mare e alle sue ruggenti onde: «Fluctibus et fremitu resonans, Benace marino».Nella locanda in cui alloggia, l’oste gli propone per cena due trote stupende che erano state catturate nel Sarca, immissario del Garda proprio a Torbole. Il poeta, più rompiscatole di un giornalista, spara domande a raffica: vuol sapere tutto sul luogo in cui si trova e riporta le risposte nel diario che pubblicherà: Viaggio in Italia. Le trote, scrive, «si prendono dove il torrente scende dai monti e dove il pesce cerca di risalirlo. Hanno il corpo tutto ricoperto di punti rossicci fin sulla testa, il loro gusto sta fra quello della trota e del salmone e per dir vero sono di gusto delicatissimo e saporite».Dopo quasi 250 anni e mille difficoltà per gli sbarramenti che rendono ancor più difficoltoso il nuoto controcorrente, le trote risalgono ancora il Sarca per deporre le uova nelle zone di riproduzione. Le loro carni sono sempre gustose e si presentano ancora di color rosa salmone. Non passa anno, nella porzione del Garda trentino, che il genio e il palato di Goethe non vengano celebrati a tavola. In particolare nel corso del «Festival del pesce d’acqua dolce» che i tre Comuni trentini che s’affacciano sul lago (Arco, Nago-Torbole e Riva del Garda) organizzano in ottobre con la partecipazione di chef stellati, scrittori e giornalisti enogastronomici, allievi degli istituti alberghieri gardesani, tra convegni, cooking show e, momento più atteso, degustazioni: ghiotte fritture, aromatiche marinature e piatti della cucina povera benacense.«Oltre a questo», illustra Giulio Biasion, il giornalista ideatore del Festival, «abbiamo organizzato un concorso per le scuole alberghiere, valutando le competenze sia in sala sia in cucina. Vi hanno partecipato scuole preparate e giovani veramente bravi, professionali, che fanno ben sperare nel loro futuro e in quello della cucina del pesce di acqua dolce, che richiede capacità e cultura. Altri temi importanti hanno riguardato il benessere e la salute che il pesce di lago dona. Ne hanno parlato Evelina Flachi dietologa e volto della Rai, Orazia Danieli, cuoca, Giacomo Sacchetto, chef stellato».Un piatto fatto con eccellenze gardesane per celebrare Goethe lo ha preparato un altro cuoco stellato, Andrea Mantovanelli, chef del lussuoso hotel Villa Caratti a Garda, membro dell’associazione Fish&chef che riunisce i migliori cuochi di cucina gardesana, e consulente della Casa reale saudita. A dir la verità, più che a Goethe, Mantovanelli, con una punta di gossip, ha pensato alla poetessa, attrice e ballerina Marianne Jung, che del grande poeta divenne l’amante, 30 anni lei, 65 lui, un mese dopo aver sposato il banchiere Johann Jakob von Willemer il quale, ignorando quanto possono essere pericolosi i poeti in costante ricerca della musa, aveva invitato Goethe a trascorrere un periodo di relax nella sua dimora.Mantovanelli ha raccontato la storia dei due amanti con un piatto chiamato «L’orecchino della bella Marianne». Più che una pietanza, è un viaggio nell’alta dispensa gardesana. «Mi sono rifatto alla tradizione della terrina francese elaborando una vivanda assai decorativa. Sono convinto che i prodotti di qualità tra la valle del Sarca e l’alveo del Mincio si debbano tradurre in piatti gioiosi, ricchi di vita e di cultura. Ho pensato di trasformare il foie gras, il fegato è la parte più pregiata dell’anatra del Garda, la trota della valle del Sarca con le sue uova, il limone di Gragnano e l’olio Dop, in qualcosa che si legasse a Marianne, un gioiello che rappresenta l’amore tra lei e Goethe. È nata così la terrina con un girotondo di danzatrici fatte con frolle di Trentingrana e limone». Ci sono due pesci fantasma nel Garda: il carpione e l’alborella. Sono in via d’estinzione proprio come lui, Alberto Ranìa, 62 anni, l’ultimo pescatore del Garda trentino. La sua è stata una scelta di vita. Fino al 2015 lavorava in fabbrica: posto fisso, ben retribuito, ferie e malattie pagate. Il pescatore lo faceva fin da bambino, ma solo per divertimento. Poi il cambiamento. Ranìa ha lasciato la fabbrica per salire sulla Blubell, una barca di legno costruita sul Garda, di sei metri per due. Ora ogni sera prende il largo con la Blubell 3 per calare le reti. Un lavoro duro che si deve fare tutti i giorni, con il freddo o con il caldo, con la pioggia o il sole, con il vento o... con il vento. Perché quassù, nel fiordo del Benaco che si infila tra il Baldo e le Dolomiti di Brenta i venti soffiano sempre.Come ci si sente ad essere l’ultimo pescatore del Garda trentino? «Come un panda. Ma la passione è la passione. Ce l’ho da quando avevo otto anni. Me l’ha attaccata uno zio che era pescatore di professione. La scelta di mollare tutto è stata difficile. Mi hanno dato del matto tutti quanti. Cosa pesco? Tutti i pesci presenti nel Garda: persico, coregone, luccio, tinca, trote, sardine... Alborelle no, non esistono più dal 2000. C’è qualche carpione, ma rarissimo. Da quando pesco con le reti, ne ho presi due ma è un pesce protetto, va ributtato nel lago».Ivano Confortini, biologo, responsabile della sede di Verona dell’ufficio regionale di Caccia e pesca, non nasconde che in 100 anni il Benàco è completamente cambiato. Rispetto ai tempi di Goethe, poi, è tutto un altro pianeta. «Allora il turismo era elitario, ora è di massa. Le rive non sono più naturali, i canneti sono stati tolti: non si fa il bagno tra le canne. L’equilibrio dell’ecosistema non c’è più. Il Garda, oggi, è legato alle variazioni ambientali, all’utilizzo della sua acqua per fini agricoli. Sono cambiate le attività, abbandonate le tradizioni, tutto si è spostato verso il turismo. Anche la popolazione ittica è quasi totalmente cambiata. Il carpione una volta era abbondante, ora è quasi scomparso. E così l’alborella. Ci sono stati tentativi per farla riprodurre sistemando i letti di frega. Sono rimasti tentativi. Il lago è popolato da nuove specie: il lavarello prima del 1920 non c’era, il siluro è presente da pochi anni, l’agone è abbondante. È cambiata la pesca. Un tempo c’erano centinaia di pescatori ora ne è rimasto uno in Trentino e 78 in Provincia di Verona, il 50% dei quali sono cingalesi o romeni. C’è ancora richiesta di pesce, ma quello del pescatore è un mestiere che i giovani non vogliono fare. Occorre cambiare strategie».Il Garda trentino vanta un primato mondiale: gli ulivi che crescono alla latitudine più a Nord del Pianeta. «Grazie al lago che immagazzina d’estate il calore che rilascia d’inverno», spiega Mario Morandini fondatore di OlioCru, il centro ricerche sull’ulivo, «questa zona è mediterranea. In particolare dalla cultivar Casaliva si ricava un olio che si sposa perfettamente col pesce di lago, ma è particolarmente buono con mille altri piatti».
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Margherita Agnelli (Ansa)