
Sposando Maria Luisa sperava nella legittimazione delle teste coronate, ma Francesco I sacrificò figlia e nipote per trafiggerlo.«È l'inizio? La fine? Io credo che sia l'inizio della fine». Con queste parole, il cinico Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord accoglie le notizie sulla conclusione della campagna di Russia di Napoleone Bonaparte. È il 9 dicembre 1812 quando Napoleone, livido, rientra alla Tuileries. Per la prima volta, è stato drammaticamente sconfitto. La Grande Armée che faceva tremare l'Europa non esiste più, morta di freddo, fame e stenti fra i ghiacci del regno dello zar Alessandro. I resoconti della ritirata, delle efferatezze dei cosacchi, degli episodi di cannibalismo, dei cavalli uccisi per mangiare e riscaldarsi, stanno facendo il giro di tutte le corti. Il «generale Inverno» ha vinto, la strategia del generale Kutuzov, che consiste nel ritirarsi sempre più nelle immani steppe russe e non affrontare il nemico a viso aperto, nel fare terra bruciata lasciando solo rovine e fuoco, ha avuto la meglio sul genio di Napoleone e l'eroismo dei suoi soldati.In realtà, le radici di quel disastro vanno ricercate negli anni precedenti, e soprattutto nel 1809. Ha ragione Stefan Zweig quando dice che «il 1809 è un anno fatale per Napoleone». L'avventura spagnola gli sta costando carissima; il concordato con la Chiesa di Roma è stato rotto per colpa dei francesi; alcuni dei suoi uomini più vicini lo tradiscono - non a caso, Talleyrand viene «licenziato» il 28 gennaio, dopo una terribile scenata, ma Bonaparte continuerà a tenerselo accanto - ; le guerre contro tutta Europa sono ormai continue; il blocco continentale contro l'Inghilterra sta causando più danni che vantaggi; l'impero da lui voluto è diventato troppo grande e ha «i piedi di argilla». La Grande nation su cui regna, infatti, comprende 130 dipartimenti, fra cui il Belgio, l'Olanda, Amburgo, le città anseatiche, il Lussemburgo, la riva sinistra del Reno, Ginevra, il Piemonte, la Toscana, Roma. Ancora, Napoleone si è autoeletto protettore della Confederazione del Reno, mediatore della Confederazione elvetica, re d'Italia. Ha elargito il governo degli Stati vassalli agli immeritevoli fratelli e sorelle: Giuseppe è re di Spagna, Girolamo della Westphalia, Luigi (che ha sposato la figlia di Josèphine, Ortensia) è capo dell'Olanda; Joachim Murat insieme alla moglie Carolina Bonaparte domina sul Regno delle due Sicilie; Elisa sulla Toscana. Per parte sua, Eugenio de Beauharnais ha sposato la figlia del sovrano del Wurtemberg ed è viceré d'Italia (i suoi domini andranno all'erede di Napoleone); mentre il maresciallo Bernadotte - che ha preso in moglie un'antica fiamma di Napoleone, Désirée Clary, e che lo tradirà come tanti altri beneficiati - sta per ricevere la corona di Svezia.Sempre alla fine del 1809, Bonaparte ha divorziato da Joséphine, nonostante lei abbia in tutti i modi cercato di evitare la rottura, utilizzando parole dal sapore profetico. Ma l'Imperatore - sobillato da Talleyrand e anche da Fouché - è ormai ossessionato dalla legittimità dinastica, vuole un erede a cui lasciare quello che ha costruito. Ha provato, sulle prime ad adottare il figlio di Luigi e Ortensia, tuttavia il piccolo è morto di croup. Quindi, ha deciso per il divorzio. «Non c'è solidità nella mia dinastia se non ho dei figli... I miei nipoti non possono rimpiazzarmi, la nazione non comprenderebbe. Un bambino nato nella porpora, alla Tuileries, è per la nazione e il popolo tutta altra cosa che il figlio di mio fratello».E così, dopo aver esaminato l'elenco delle candidate - selezionate dall'intrigante principe di Benevento - ha deciso per la primogenita dell'imperatore Francesco d'Austria, Maria Luisa. Avrebbe preferito una sorella dello zar Alessandro, ma questi ha rimandato, finché Napoleone si è detto che non poteva attendere oltre.Il matrimonio austriaco è un altro degli errori gravi di Bonaparte, il quale è caduto nell'inganno della «legittimazione» formale di fronte alle teste coronate d'Europa, pensando di sancire una metaforica «riconciliazione» con gli Asburgo e con gli altri. Una riconciliazione che facesse dimenticare i crimini della Rivoluzione e la morte di Maria Antonietta. Anche questa idea gli è stata insufflata da Talleyrand e dal suo alleato segreto, il primo ministro austriaco Klemens von Metternich, mentre Fouché avrebbe preferito una sposa francese. Per una volta, Napoleone non si è accontentato di essere l'unico, il solo, l'outsider; ha ceduto a uno strano senso di reverenza, quasi di insicurezza che gli ispirano i nomi delle casate. È, il suo, un gesto da parvenu, che lo porta a dire, compiaciuto: «Mi do degli antenati!». Ancora, lo fa parlare di Luigi XVI come del «povero zio».Lo sposalizio ha luogo, per procura, a Vienna nel marzo 1810, poi in Francia poco dopo. Francesco I ha preso commiato dalla primogenita con queste parole: «Siate una buona sposa e una buona madre, e cercate di rendervi gradita a vostro marito... finché egli sarà potente, fortunato e utile alla nostra famiglia». Quelle nozze sono per lui un modo di prender tempo, ottenere una tregua e una falsa alleanza, riorganizzarsi militarmente, legare le mani all'Imperatore dei francesi.Proprio Napoleone, «il maestro di cinismo» di cui scrive Francesca Sanvitale, si è fatto ingannare dalla logica degli affetti, dimenticando le molte figlie sacrificate dagli Asburgo. A Sant'Elena commenterà, amareggiato: «Il mio matrimonio! Un abisso con gli angoli bordati di fiori!». Sul momento, tuttavia, crede che sia stata una buona scelta, che la sua buona stella lo protegga ancora, che tutto obbedirà ai suoi voleri. Il 20 marzo 1811, infatti, nasce il desideratissimo erede, Napoleone Francesco Carlo Giuseppe, che nella storia sarà conosciuto come l'Aiglon, «il figlio dell'Aquila». Il bambino che vagisce nella suntuosa culla fatta disegnare da Proudhon e circondato da un numeroso seguito, è promesso tuttavia a un tragico fato. Ignaro di ciò che ha in serbo il destino, Bonaparte esclama: «Lo invidio, la gloria lo attende, mentre io ho dovuto correrle dietro. Io sono stato Filippo, lui sarà Alessandro. Per afferrare il mondo, non dovrà che tendere le braccia!». Ha creato per il piccolo un titolo onorifico straordinario, quello di «re di Roma», che vuole unire l'Impero francese ai fasti di Roma imperiale, suggellando così la straordinaria avventura politica e dinastica di Bonaparte. Purtroppo, però, quel mirifico disegno si rivelerà fatto di fumo e si dissolverà con la caduta di Napoleone e dell'impero.Ogni cosa, in effetti, si avvia verso un tragico crepuscolo. Lo zar Alessandro, che il Corso crede amico e «fratello», ha prestato orecchio ai malefici consigli di Talleyrand (il quale vuole affrettare la fine dell'imperatore); l'Inghilterra si sta dimostrando la ferrea nemica di sempre; l'Austria ha finto un appeasement per ragioni «di famiglia», ma si prepara alla resa dei conti; la Prussia freme dal desiderio di prendersi una rivincita; le altre nazioni, gli altri popoli si stanno riorganizzando.Dopo la Campagna di Russia, dopo aver combattuto altre inutili battaglie in cui ha vinto di nuovo, Napoleone incontra Metternich e gli rivolge parole di fuoco, nelle quali si cela tuttavia una drammatica consapevolezza. «Allora, mi portate la pace o la guerra? Volete la guerra? Ebbene, la faremo. Ho distrutto a Lutzen l'armata prussiana, ho battuto i russi a Bautzen; ora volete che tocchi a voi, ebbene vi do appuntamento a Vienna... Ho rimesso tre volte l'imperatore Francesco sul trono, gli ho promesso che sarei rimasto in pace con lui tutta la vita, ho sposato sua figlia, mi sono detto che facevo una sciocchezza ma l'ho fatto, e oggi me ne pento». E poi ancora: «Ah, Metternich! Quanto vi ha pagato l'Inghilterra per farvi decidere a giocare questo ruolo contro di me?».Il principe austriaco rimane di ghiaccio, fa notare al suo interlocutore che la Grande Armée non esiste più, che i suoi soldati sono tutti ragazzini. E, alla disperata domanda di Napoleone - «Ditemi Metternich, sono stato uno sciocco a sposare una principessa austriaca?» - risponde con distacco: «Ebbene, visto che me lo domandate, dirò che Napoleone, il grande conquistatore, ha commesso un errore». Non c'è molto da aggiungere, anche se Klemens fa notare che Francesco I non esiterà a sacrificare la figlia e il nipote, per il bene dell'Austria (e il suo). A Napoleone non resta che continuare a lottare, ma sono in troppi contro di lui. Fra il 16 e il 19 ottobre 1813 combatte a Lipsia la Battaglia delle nazioni e viene sconfitto. Pochi mesi dopo, nell'aprile 1814, è costretto all'abdicazione di Fontainebleau. Non ha rivisto moglie e figlio dalla sua partenza da Parigi per l'ultima campagna, il 25 gennaio, e non li rincontrerà mai più, almeno sulla terra.
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