2022-05-05
Le due facce di Draghi sul Superbonus: accetta di estenderlo però lo boicotta
Il premier prima lo ha inserito sia in manovra sia nel dl Aiuti, poi lo ha reso un percorso a ostacoli e infine stroncato con l’Ue.E così Mario Draghi, anche a costo di innescare un’ennesima fibrillazione nella sua maggioranza, ha deciso di picconare il bonus edilizio del 110%. Questo giornale, in epoca non sospetta, ha messo in guardia contro il carattere distorsivo di qualunque bonus, a cui sarebbe sempre preferibile un taglio di tasse generalizzato: essendo quest’ultimo strumento in grado di incoraggiare tutta l’economia, senza incentivare in modo sbilenco solo alcuni settori o operazioni. Tuttavia, la mossa di Draghi non convince per almeno cinque ragioni. Prima ragione: se non siamo davanti a un caso di omonimia, il Draghi che spara a palle incatenate contro il bonus è lo stesso Draghi che, nell’ultima legge di bilancio, ha prorogato quella stessa misura per i condomini fino a fine 2023. Ed è lo stesso Draghi che proprio questo lunedì ha ampliato il medesimo provvedimento per le case unifamiliari (che i media colpevolizzatori della proprietà immobiliare chiamano «villette», dando subito l’idea che il proprietario sia un riccastro da punire). Come si spiega questa contraddizione tra il Draghi che agisce e il Draghi che parla? Seconda ragione di perplessità: Draghi è anche il capo di una macchina amministrativa a cui ha scientemente consentito di impantanare il meccanismo. Lo ha spiegato bene il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa: «Quel che lascia perplessi», ha detto, «è il fatto che il governo, impossibilitato a bloccare questa misura in quanto voluta dalla quasi totalità del Parlamento, abbia introdotto negli ultimi mesi evidenti ostacoli alla sua concreta applicazione, in particolare attraverso i limiti imposti alla cessione del credito». Si badi bene: ciò sta creando problemi notevolissimi anche a chi ha in corso un intervento. Si pensi a quelle imprese che hanno praticato il cosiddetto sconto in fattura e non hanno più la possibilità di cedere il loro credito. Terza ragione di inquietudine: possibile che lo Stato italiano non voglia scrollarsi di dosso la pessima abitudine di cambiare continuamente le regole del gioco, peraltro a partita in corso? Questa misura coinvolge un numero enorme di cittadini: proprietari, professionisti, imprese, amministratori di condominio. Perché gettarli tutti nel caos? Non occorre la sfera di cristallo per immaginare cosa succederà: cittadini e imprese avevano dato per acquisito di potersi regolare sulla base del quadro normativo esistente. E non sono solo i grillini a protestare. Lo ha fatto notare anche il coordinatore di Fi Antonio Tajani: «Si creano incertezze con il rischio che qualche impresa fallisca e si perda lavoro».Quarto motivo di perplessità: possibile che ogni volta lo Stato italiano tiri fuori una giustificazione (o un pretesto) differente? Adesso Draghi parla di aumento dei prezzi: ed è certamente vero, anche se non dipende solo dal bonus. Eppure nei mesi scorsi la campagnetta strisciante contro il bonus era partita evocando il tema delle frodi. Tutto nacque, a metà novembre, da una singolare presenza televisiva (da Lucia Annunziata su Rai 3) del direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini (com’è noto, l’Agenzia interviene a fine procedura, quando qualcuno usa il bonus per detrarre qualcosa dalle imposte). Obiettivo della comparsata tv? Lanciare un allarme sui bonus edilizi e sulla relativa cedibilità alle imprese che svolgono i lavori: quindi, secondo un copione classico, si iniziò a parlare di frodi proprio nel momento in cui iniziava il dibattito su una possibile restrizione del bonus. Per la cronaca, Ruffini parlò 950 milioni di frodi sui 19 miliardi complessivi di cessione di bonus. E piano piano - da allora - è iniziata la girandola di modifiche volta a limitare la possibilità di cedere il credito.E qui scatta il quinto motivo di perplessità: ma, alla fine della fiera, perché accanirsi contro una misura che ha dato un suo contributo tutt’altro che marginale alla crescita del Pil del 6,6% nel 2021? Torna utile ancora una volta la saggia osservazione di Giorgio Spaziani Testa: «Il Superbonus era stato varato, nella primavera di due anni fa, al solo scopo (ottenuto, a quanto risulta) di dare uno scossone positivo a un’economia annichilita da pandemia e lockdown». E allora perché questo zelo distruttivo, in particolare contro la cessione del credito? La sensazione è che l’ex capo della Bce abbia una pervicace antipatia verso ogni esperimento che potremmo definire di «moneta fiscale» (cioè di trasformazione in «moneta» da parte dei contribuenti, attraverso la cessione a terzi, di un credito a loro riconosciuto): a maggior ragione se l’esperimento si è rivelato funzionante. Ciò che viene fuori da questo meccanismo è infatti una funzione, mutatis mutandis, in qualche misura analoga a un titolo di Stato, con relativo impegno pubblico ad accettare quella «moneta». È forse questo che ha contribuito a far scattare l’ostilità draghiana?