2021-01-27
Le crisi vere sono oltre un centinaio e riguardano 110.000 lavoratori
(Antonio Balasco/KONTROLAB/LightRocket via Getty Images)
Mentre nei palazzi del potere cincischiano sulla nuova maggioranza, il Paese è dilaniato da vertenze che si trascinano da anni. Mercatone Uno, Whirlpool, Ilva, Embraco, Alitalia sono solo alcuni dei casi ancora aperti.C'è la crisi di governo e, nel frattempo, ci sono le crisi reali. Covid a parte. Al 31 di gennaio scadranno presso il Mise (ministero per lo Sviluppo economico) due tavoli di trattativa importanti: uno riguarda l'azienda Embraco che si occupa di compressori e l'altra è la Jindal che opera nel settore della plastica. Migliaia di lavoratori e di famiglie che sono nell'incertezza ormai da anni. Il 70% dei tavoli presso questo ministero si trascinano per almeno sette o otto anni. Ci sono 105 tavoli aperti che riguardano oltre 110.000 lavoratori. Perché i tavoli si trascinano per così tanto tempo? Che c'entra parlare di questi tavoli nel momento della crisi di governo? Lo facciamo per qualunquismo? Per populismo? Per semplice rompicoglionismo? No, lo facciamo perché c'entra e molto. Vedete, ora c'è in atto questa crisi di governo, ci ha capito poco chiunque, probabilmente non cambierà niente e, comunque, anche in questa occasione di contenuti neanche l'ombra. Finché di poltrone ne parla Divani & Divani, azienda rispettabilissima, fa il suo mestiere, invece quando ne parla la politica nel bel mezzo di un casino mai visto dalla Seconda guerra mondiale non fa il suo mestiere, fa semplicemente schifo. Ma torniamo al punto. Perché questi tavoli si trascinano così tanto? Perché i lavoratori di Mercatone Uno sono appesi al cappio ormai da anni? Perché i lavoratori che fanno gli elettrodomestici della Whirlpool sono anch'essi appesi da anni? Perché l'Ilva è ancora in ballo? Perché l'Alitalia ha rimandato ancora un'altra volta a giugno la costituzione della nuova compagnia? Perché migliaia e migliaia di lavoratori e dunque centinaia di migliaia di persone, e i componenti delle loro famiglie, devono vivere nell'incertezza per così tanti anni?Perché questi tavoli o non funzionano o funzionano male. Mettono pezze, cercano di prolungare l'agonia il più possibile, cercano di rosicchiare nel modesto paniere degli ammortizzatori sociali per cercare qualche soluzione. Cos'è che manca? Tante cose ma la prima fra tutte ha un nome inglese, si chiama moral suasion, che vorrebbe dire la forza che una persona o un organismo ha di far rivedere o correggere scelte o comportamenti senza ricorrere a poteri speciali ma in forza della sua riconosciuta autorevolezza. È quello che fanno gli Stati come la Francia e la Germania nei confronti delle imprese che vogliono acquistare imprese dei loro Paesi o che se ne vogliono andare. Tanto per intenderci è quello che fa il nostro presidente della Repubblica nei confronti dei partiti e dei governi. Diciamolo chiaramente: salvo rarissimi casi questi governi italiani non hanno la forza e l'autorevolezza di farlo. E, l'autorevolezza - come diceva il Manzoni a proposito di don Abbondio - è come il coraggio, o uno ce l'ha o non glielo puoi dare. Questo è un difetto italiano enorme che ci trasciniamo da anni e che ha la radice di molti trafugamenti notturni di imprese italiane e di poca capacità contrattuale del governo con le imprese che decidono di chiudere anche senza motivi reali, o di trasferirsi all'estero. Ma c'è un'altra questione: tutte le imprese sono da salvare? La risposta è no. E non perché ce ne possiamo fregare del lavoro dei lavoratori - che tra l'altro è un diritto costituzionale - ma perché certe imprese costano di più a essere tenute in piedi piuttosto che a essere chiuse, e quei costi ricadono su tutti i cittadini. Sono anni che i vari governi che si sono succeduti hanno sostenuto che occorre una riforma profonda degli ammortizzatori sociali, cioè di quegli interventi dello Stato che quando uno perde il lavoro involontariamente può disporre comunque di alcune risorse per continuare a campare. Noi non siamo di quelli che hanno detto peste e corna del reddito di cittadinanza, o comunque, della necessità di uno strumento che garantisca un reddito minimo alle persone che si trovano involontariamente senza lavoro. Constatiamo però il fallimento totale del reddito di cittadinanza dal punto di vista di aiutare queste persone a trovare un lavoro. Secondo l'Inps su 4 milioni di persone che usufruiscono del reddito solo 200.000 hanno trovato un lavoro e spesso se lo sono trovate da sole. Quindi, evidentemente, da questo punto di vista è stato un fallimento. Un'ultima considerazione. Più che trattenere impese nel Paese occorrerebbe attrarne di nuove da fuori. Ma quale impresa viene in un Paese con la tassazione tra le più alte d'Europa, all'ultimo posto nella classifica mondiale dei tempi necessari per adempiere agli obblighi fiscali, con una giustizia civile tra le più lente al mondo?Ecco perché c'entra parlare delle crisi reali davanti a una crisi di governo irreale. Servirà questa crisi a fare qualche passo in avanti nella direzione di risolvere qualcuno di questi problemi? Vedremo. Altrimenti è stato il solito mercato delle vacche e, essendo una istituzione molto nobile, ci scusiamo perfino di usarla come metafora.